Mentre l'Europa dell'austerity si prepara ad affrontare un anno di pesante recessione cercando di salvare l'euro e le banche, le famiglie hanno già messo i sacchetti di sabbia alle finestre, cercando di salvare redditi smagriti e risparmi a lumicino. Così, se la crisi del debito e le strette fiscali fanno via via correggere in peggio le previsioni sulla crescita del Pil per il 2012 (Confindustria ha previsto un meno 1,6 per cento, Prometeia meno 1,7, le cassandre del Fmi un meno 2,2), la stretta dei consumi che si è verificata tra la fine del 2011 e questo inizio d'anno apre la strada a scenari ancora più foschi. Quelli che parlano di un 4 per cento di dimagrimento della ricchezza prodotta nel paese, su cui la cura ricostituente delle liberalizzazioni del governo Monti potrà nell'immediato assai poco.
Vista dal fronte dei consumi, la recessione parte dai cassonetti: in quelli di Milano, durante le feste di Natale e Capodanno 2012, c'è finito l'8,5 per cento di rifiuti in meno rispetto all'anno prima. Ma anche consumi che in questi ultimi anni di difficoltà non hanno mai registrato né frenate né arretramenti come quelli della telefonia e dell'alta velocità, scoprono per la prima volta il segno negativo. Si può parlare con Enzo, il verduraio romano del mercato Appio latino, che conta una media di venti clienti al giorno in meno. O con il presidente del gigante delle coop di consumo, che dà una stima di quello che chiama il "downgrading del carrello": l'anno si è aperto con un 6-7 per cento in meno alla cassa. Tutti segnali che la crisi sprofonda, si incattivisce, morde anche più di quello che s'è visto finora. Segnali ancora non registrati dalle statistiche ufficiali, ma che hanno fatto suonare l'allarme ai piani alti delle aziende che si preparano a pianificare un 2012 da brivido.
Sulle tracce dei consumi
Quella della spazzatura è una buona pista per capire come va davvero l'economia. Se si consuma di meno, si butta di meno. Ma quanto? "A Firenze abbiamo chiuso il 2011 con un meno 6 per cento: è come se fosse mancata la raccolta di un mese di rifiuti urbani", dice Dover Scalera, consigliere d'amministrazione della Quadrifoglio, la società che raccoglie la spazzatura di tutta l'area. Facendo una proiezione grossolana ma non tanto azzardata, è come se i fiorentini per un mese intero non avessero mangiato, scartato pacchetti, svuotato bottiglie, sbucciato frutta, aperto imballaggi. Passando a città più grandi, il bollettino dei rifiuti segna meno 4 all'anno a Roma e a Napoli, e un dato più contenuto a Milano: meno 2,75 per cento (con l'impennata però nel periodo finale dell'anno). Gli operatori del settore escludono che ciò sia dovuto a comportamenti più virtuosi o a novità nel metodo di raccolta: "Non era mai stato così nelle crisi precedenti", commenta Daniele Fortini, presidente di Federambiente e amministratore delegato di Asia, l'azienda dei rifiuti di Napoli.
Ci sono poi alcuni rifiuti che ci portano direttamente alla cassa di negozi e centri commerciali: quelli pesanti degli elettrodomestici e apparecchi vari, che si rottamano di solito quando si compra il nuovo. Anche qui, dai centri della raccolta speciale verso la fine del 2011 è arrivato il segnale di marcia indietro, a invertire una tendenza positiva che invece aveva resistito finora alla crisi: meno 4 per cento nell'ultimo trimestre del 2011 rispetto allo stesso periodo dell'anno prima; diventa però meno 6 per frigoriferi e condizionatori, e meno 8 per tv e monitor. In attesa che finisca la crisi, ci teniamo il vecchio frigo, aggiustiamo il forno o rinviamo l'acquisto della tv ad alta definizione o del nuovo pc.
Telefoni e carrelli
La grande recessione è arrivata anche qui, nel cuore della new economy, nei settori di punta dell'innovazione tecnologica e delle telecomunicazioni, quelli della grande cavalcata dell'ultimo decennio, in cui riduzione dei prezzi per i consumatori e aumento del business per le imprese sono andati di pari passo. Il presidente della Telecom Franco Bernabè ha fatto saltare sulla sedia i suoi colleghi al direttivo dell'Assonime dicendo che per la prima volta scendono i consumi telefonici. I numeri di gennaio segnalano un meno 3 per cento. Trend confermato anche dai concorrenti di Fastweb: nel penultimo trimestre del 2011 per la prima volta è sceso il numero delle linee in banda larga presso le famiglie, dai 13,516 milioni di giugno 2011 a 13,333 milioni al 30 settembre 2011. Si tratta di un numero che sino a quella data era sempre cresciuto: prima perdeva quota Telecom a vantaggio degli operatori concorrenti che entravano sul mercato, dalla seconda metà dell'anno scorso perdono tutti. Una novità che va ad aggiungersi a un trend che già segnalava le prime crepe, con un fatturato del settore in calo dal 2010, e non solo per l'effetto della riduzione dei prezzi dovuta alle guerre commerciali tra gli operatori, ma anche per una riduzione nelle quantità.
Dove i prezzi non scendono, va ancora peggio. Prometeia prevede che al 2014, quando la crisi (si spera) sarà finita, le famiglie avranno perso quasi l'8 per cento in potere d'acquisto, e sarà aumentata di cinque punti la quota di reddito che se ne va per consumi. Complice il carobenzina e il ritocco dell'Iva, gran parte di questa perdita si è concretizzata alla fine dell'anno passato.
Nella grande distribuzione possono disegnare quasi ogni sera il contenuto e il valore dei carrelli che sono transitati davanti alle casse. "Diminuiscono sia le frequenze, che il loro valore", dice Vincenzo Tassinari, presidente di Coop Italia. Tradotto: nel carrello ci sono meno prodotti, e di minor valore. "Prima il consumatore teneva un piccolo stock in casa. Adesso no, si compra solo l'essenziale". Questo comportamento ha portato la grande distribuzione a perdere l'1,2 per cento nella media del 2011 e l'8 nelle vendite dei beni non alimentari. Ma per il primo scorcio del 2012 la riduzione del valore del carrello segna almeno un meno 6-7 per cento, stima Tassinari, e per i prodotti "no food" il calo supera il 10. Salgono solo i discount: più 1,5 per cento nei primi undici mesi del 2011, dice l'Istat.
Meno auto per tutti
Il cocktail di recessione e inflazione, che sta tagliando le gambe ai consumi degli italiani, ha un ingrediente essenziale: il petrolio coi suoi derivati, che ha infiammato il movimento dei forconi, camionisti e pescatori, a causa del caro-gasolio. L'effetto del caro-greggio prima che in piazza si era visto alla pompa: meno 6 per cento i consumi di benzina senza piombo in tutto il 2011, con crollo finale del 9,5 a dicembre, e dell'11 nei primi giorni di gennaio. E lo si vede per strada. I passaggi ai caselli delle autostrade a ottobre 2011 segnalavano un calo del 2,3; le immatricolazioni delle nuove auto sono scese di oltre il 10 per cento l'anno scorso. E secondo un sondaggio Aci-Censis, 20,6 patentati su 100 hanno ridotto l'uso dell'auto nello scorso anno, mentre solo 8,3 l'ha aumentato. Molti sono corsi a farsi l'abbonamento intera rete a metro, tram e bus: a Milano, nonostante l'aumento dei prezzi, gli abbonamenti annuali per il trasporto pubblico sono saliti del 3, a Roma del 15 per cento.
Segnali poco promettenti, per la prima volta, arrivano anche sulla tratta dalle uova d'oro, quella tra Roma e Milano: sulla quale Trenitalia registra una flessione nelle prime settimane dell'anno, mentre anche gli sfidanti del treno Italo stanno rifacendo i conti. Idem per l'Alitalia, dove quel che preoccupa non è tanto il numero dei passeggeri (rimasto stabile), ma il loro comportamento. In particolare, preoccupano i clienti della classe business e in genere tutti coloro che compravano i biglietti delle classi più elevate. Lo ha scritto l'amministratore delegato Rocco Sabelli in una lettera ai dipendenti: i biglietti a tariffa alta a ottobre scorso sono scesi del 17 per cento. E, lamenta Sabelli, "a guidare il fenomeno, con tassi di caduta ancor peggiori, sono le prime 50 aziende italiane nostre clienti", che quando si tratta di far viaggiare i loro dipendenti stanno molto più attente che nel passato e cercano la formula più economica. La crisi, nel terzo anno di recessione, viaggia anche in business class.