Martedì mattina, durante l'incontro con i sindacati, il premier Matteo Renzi aveva sottolineato il suo impegno per il rilancio dell'acciaieria di Terni, un nodo da risolvere insieme a quelli dell'ex Fiat di Termini Imerese e dell'Ilva di Taranto. Le aveva definite le “tre T”, le tre priorità del governo, i tre stabilimenti da salvare urgentemente. Ma il primo di questi tre obiettivi è stato mancato proprio oggi: stamattina i sindacati e l'azienda hanno rotto il tavolo di trattativa che era nato per salvaguardare il più importante impianto italiano per la produzione di acciaio inox, le Acciaierie speciali di Terni, appunto. Questo perché le posizioni erano troppo distanti. Da un lato i tedeschi di Thyssen Krupp, la società che controlla l'acciaieria umbra, che chiedevano 290 esuberi, più una decurtazione salariale del 20 per cento, e ribadivano la necessità di spegnere uno dei due forni. Dall'altra parte il sindacato che cercava di ridurre il numero degli esuberi e di avviare un percorso di mobilità volontaria. Niente da fare, questa mattina l'azienda ha inviato 550 lettere di licenziamento.
Il tentativo di salvataggio dell'impianto siderurgico di Terni era scattato un mese fa, quando il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, aveva convinto la Thyssen Krupp e il suo amministratore delegato, Lucia Morselli, a congelare per trenta giorni la procedura di mobilità rivolta a 550 dei circa 3 mila dipendenti dell'acciaieria. Dopo un mese di discussione, lo stesso Renzi aveva contattato Lucia Morselli per cercare di ammorbidire la posizione dell'amministratore delegato e quindi dell'azienda. Ma il tentativo di mediazione, coordinato direttamente dal sottosegretario alla presidenza del consiglio (e braccio destro di Renzi), Graziano del Rio, presente al tavolo, insieme al ministro Guidi, è fallito. «La trattativa per le Acciaierie Speciali di Terni era il vero banco di prova della capacità di mediazione del governo», dice preoccuparo il sindacalista Marco Bentivogli della Fim Cisl: «Questo risultato è un segnale d'allarme anche per le altre questioni aperte al ministero dello Sviluppo». Anche per qusto le tute blu dell'industria siderurgica hanno deciso subito di proclamare lo sciopero. «I tedeschi non hanno ceduto di un passo. Le parole del governo non sono state ascoltate», denuncia Bentivogli.
Ancora questa mattina il governo ha cercato di convincere i manager di Thyssen a non inviare subito le lettere di licenziamento ai dipendenti. Ma le richieste di Del Rio e di Renzi non sono state ascoltate. «È una sconfitta non solo per i lavoratori di Terni, ma anche per il governo», ribadisce il sindacalista. Allo stabilimento Ast la tensione è alle stelle, con i lavoratori pronti a seguire le indicazioni di Landini, il capo della Fiom, che aveva ventilato la possibilità di occupare gli stabilimenti in caso di rottura. Il secondo banco di prova per la politica industriale di Renzi sarà domani, quando al ministero dello Sviluppo Economico si discuterà della possibile cessione dell'impianto di Termini Imerese alla Grifa, che intende riaprire l'impianto, riassumendo parte degli ex dipendenti Fiat, per produrre macchine elettriche ed ibride.