Con la quotazione di Ferrari il pacchetto di titoli in mano all'amministratore della casa automobilistica arriverà al valore di 335 milioni di euro. E, tra gli eredi della dinastia, solo John Elkann ha una quota di Fca superiore

Sergio Marchionne
Corre in Ferrari lo stipendio di Sergio Marchionne. Tempo qualche settimana e il gran capo di Fiat-Chrysler riceverà un pacco dono di gran valore: 60 milioni, forse ancora di più, sotto forma di azioni della casa di Maranello. L’operazione è già sulla rampa di lancio.

Entro l’estate, al massimo il prossimo autunno, Ferrari sbarcherà a Wall Street e per l’occasione l’80 per cento del capitale verrà distribuito ai soci di Fca. Tra questi c’è anche Marchionne. Negli anni scorsi, infatti, il manager ha ricevuto a più riprese pacchetti di titoli del gruppo che dirige. Adesso tocca al cavallino rampante. Un gioiello, più che un marchio automobilistico. E infatti Ferrari verrà piazzata in Borsa a valori da azienda del lusso, tipo Prada o Tod’s. Alcuni analisti azzardano una valutazione di 10 miliardi di euro per la matricola da Formula Uno. Se questo numero verrà confermato, i calcoli sono presto fatti. Ai soci di Fca andranno azioni per 8 miliardi (80 per cento di 10 miliardi). E quindi anche Marchionne, in qualità di azionista del gruppo, riceverà un pacchetto di titoli da circa 60 milioni.

Piove sul bagnato. Con l’affare Ferrari il tesoretto personale dell’amministratore delegato di Fca arriverà a superare di slancio i 300 milioni. Una somma enorme, in gran parte accumulata negli ultimi quattro anni, quando sono maturati i piani di stock option e di stock grant (azioni a prezzo scontato oppure gratis) assegnati al manager e a suo tempo votati dall’assemblea dei soci.
fca

La retribuzione garantita a Marchionne non ha eguali in Italia. I confronti, piuttosto, vanno fatti con le grandi aziende statunitensi, che sono solite premiare i loro massimi dirigenti a suon di azioni. L’anno scorso, dalle nostre parti, aveva fatto scalpore il caso di Andrea Guerra. L’ex amministratore delegato di Luxottica, ora consulente strategico del premier Matteo Renzi, aveva ricevuto azioni per oltre 130 milioni nell’arco dei dieci anni in cui aveva guidato la multinazionale degli occhiali.

Altri numeri, quelli di casa Fiat. Marchionne è passato alla cassa l’ultima volta un paio di settimane fa, quando ha esercitato un pacchetto di stock grant che vale 2,3 milioni di azioni gratuite. E poiché la quotazione di Fca viaggiava intorno ai 14 euro, il regalo assegnato al manager italo-canadese vale circa 30 milioni di euro. Qualche giorno dopo, il 10 marzo, Marchionne ha venduto circa 1,4 milioni con un incasso di 20 milioni. Questo denaro è servito a pagare le tasse sui compensi appena ricevuti sotto forma di titoli.

Ancora non basta, perché il board presieduto da John Elkann ha da poco dato via libera a una nuova assegnazione di stock grant destinate all’amministratore delegato del gruppo. Quest’ultima operazione riguarda 1,6 milioni di azioni che ai prezzi borsistici di questi giorni corrispondono a oltre 20 milioni di euro.

A conti fatti, quindi Marchionne arriverà entro l’anno a controllare un pacchetto azionario di circa 14,5 milioni di azioni Fca, pari all’1,1 per cento del capitale. Un pacchetto che vale circa 200 milioni di euro. A questa somma vanno poi aggiunti altri 75 milioni di euro in titoli di Cnh, l’ex divisione camion e macchine industriali, quotata come società autonoma. E infine, come detto, c’è il pacco dono con il marchio Ferrari, a cui, sulla base delle previsioni degli analisti, può essere attribuito un valore vicino a 60 milioni.

In totale, quindi si arriva a 335 milioni. Eccolo, il tesoro di Marchionne. La gran corsa in Borsa del titolo Fca ha moltiplicato i guadagni del manager. Solo cinque mesi fa, ai primi d’ottobre, la quotazione della casa automobilistica superava a fatica i 7 euro. Meno della metà del prezzo di questi giorni, ormai stabilmente al di sopra dei 14 euro. Un rialzo del 100 per cento, mentre nello stesso periodo l’indice azionario è cresciuto del 25 per cento circa.

Che cosa è successo nel frattempo? Come si spiega un simile exploit? Semplice, a fine ottobre è arrivato l’annuncio atteso in Borsa da mesi. Ferrari approderà a Wall Street come società autonoma. Questa la notizia. A ingolosire gli investitori, però, sono stati soprattutto i dettagli del piano studiato da Marchionne per portare sul listino azionario la casa di Maranello.

In sostanza verrà collocato al pubblico solo il 10 per cento del capitale. Un altro 10 per cento resterà a Piero Ferrari, l’erede del fondatore. Il residuo 80 per cento sarà invece distribuito agli azionisti di Fca, grandi e piccoli, nessuno escluso. Ecco perché è partita la corsa ai titoli di Fiat-Chrysler. Chi li acquista si garantisce un posto in prima fila per partecipare a una delle operazioni più attese dell’anno. Insomma, è stata la Ferrari a mettere il turbo alle azioni della holding che la controlla e l’accompagnerà fino alla Borsa. Marchionne, al pari degli altri soci, può brindare a champagne. Il valore dei suoi titoli Fca è praticamente raddoppiato nel giro di soli cinque mesi. Inoltre, grazie alle azioni gratuite ricevute in questi ultimi mesi, il manager è diventato il principale azionista, inteso come “persona fisica”, della casa automobilistica.

Gli Agnelli, infatti, gli oltre cinquanta eredi della dinastia, tengono in pugno il controllo del gruppo. La loro quota però è diluita attraverso una catena societaria che parte dall’accomandita Giovanni Agnelli Sapa e prosegue con Exor, la holding quotata in Borsa. Al netto di questi passaggi la partecipazione che fa riferimento a John Elkann, socio principale dell’accomandita, si riduce a poco più del 5 per cento. Marchionne insegue con l’1,1 per cento, ma solo cinque anni fa era poco sopra lo zero. Una rimonta da 300 milioni.