Il caso
Tisa, l'Europa vuole liberalizzazioni selvagge: ecco i nuovi documenti di WikiLeaks
Nuovi dettagli sull'accordo commerciale segreto in corso di trattativa che, a differenza del Ttip, sta procedendo spedito. E da cui emerge come la Commissione Ue prema per una deregulation totale nei servizi
È un accordo commerciale di cui si parla poco, eppure condizionerà la vita di milioni di lavoratori e cittadini, perché liberalizzerà in modo ancora più spinto i servizi fondamentali per la nostra vita di tutti i giorni: banche e finanza, commercio elettronico, rifiuti, trasporti, telecomunicazioni, poste e servizi professionali di ogni tipo.
Praticamente non esiste settore che non verrà investito da questo trattato, il Tisa (Trade in Services Agreement) ed è stato negoziato per oltre due anni in segreto a Ginevra, con il divieto di rivelare i testi dell'accordo: dovevano rimanere completamente riservati fino a cinque dopo l'approvazione.
Ma da quando, due anni fa, WikiLeaks lo ha messo per la prima volta sullo schermo radar dell'opinione pubblica, il Tisa ha innescato critiche e preoccupazioni crescenti tra legislatori, organizzazioni per la difesa dei diritti dei lavoratori, dell'ambiente e della privacy.
Oggi l'Espresso è in grado di rivelare nuovi testi in corso di negoziazione, grazie a WikiLeaks che li pubblica in esclusiva con il nostro giornale e con un team di media internazionali. Tre sono i file resi noti dall'organizzazione di Julian Assange: il capitolo sui servizi finanziari, quello sulla localizzazione dei fornitori, e infine il documento che più farà discutere: le richieste dell'Unione Europea a sedici nazioni parte del Tisa di aprire i loro mercati dei servizi. Si tratta di una lunga lista di richieste specifiche, paese per paese, che rivela quanto sia radicale il programma di liberalizzazioni a cui punta l'Europa. Ma andiamo per ordine.
Riscrivere le regole imbavagliando i governi
Il "Trade in Services Agreement" è uno degli accordi commerciali che ridisegnerà le regole del mercato, limitando notevolmente le possibilità dei governi locali di intervenire a protezione dei loro dei servizi. A negoziarlo a Ginevra, nelle segrete stanze della diplomazia, sono ventitré soggetti: Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, i ventotto paesi dell'Unione Europea, Svizzera, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Israele, Turchia, Taiwan, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Pakistan, Panama, Perù, Paraguay, Cile, Colombia, Messico e Costa Rica. L'Italia partecipa alle negoziazioni tramite la Commissione europea, che tratta per tutti i ventotto paesi dell'Unione. E gli interessi in gioco sono importanti perché, radunando intorno al tavolo delle trattative queste ventitré nazioni, il Tisa arriva a coprire il 70 percento del mercato mondiale dei servizi: il cuore dell'economia dei paesi sviluppati.
I documenti rivelati oggi da WikiLeaks rappresentano le versioni più recenti dei testi in discussione, che non sono però definitivi, essendo l'accordo in corso di negoziazione. Il capitolo sui servizi finanziari, ad esempio, risale al giugno scorso e conferma l'amplissimo programma di liberalizzazioni nel settore dei prodotti finanziari già emerso due anni fa, un programma che, secondo la professoressa Jane Kelsey della facoltà di legge dell'università di Auckland in Nuova Zelanda, studiosa della globalizzazione, «acuisce i rischi di instabilità finanziaria e va a bloccare la capacità dei governi di rispondere alla crisi locale e globale proprio in un periodo in cui tutti – ad eccezione della finanza e dei suoi alleati nel mondo politico - concordano che avremmo bisogno di più regole nel settore finanziario, invece che di meno». Ma il documento più rilevante è quello che contiene le richieste dell'Unione Europea a sedici paesi membri del Tisa. Sono tutte richieste che puntano in una stessa direzione: rimuovere le regole e limitare drasticamente gli spazi di intervento che consentono ai governi locali di intervenire per proteggere i propri servizi.
Liberalizzazioni radicali
Ad Israele, ad esempio, l'Europa chiede di «rimuovere o ridurre le incertezze collegate alle politiche di protezione dell'ambiente» e addirittura di rimuovere «il diritto di negare un investimento straniero nel caso in cui questo possa mettere a rischio il mantenimento di un essenziale interesse nazionale». Per un paese ossessionato dall'interesse nazionale e dalla sicurezza come Israele, non è difficile immaginare la resistenza che incontrerà questa richiesta. Al Messico, l'Unione Europea chiede di «rimuovere le nuove limitazioni che impediscono ai governi stranieri di investire direttamente o indirettamente nelle aziende messicane delle comunicazioni e dei trasporti», di eliminare le protezioni per il settore dei servizi postali e perfino le restrizioni in tema di armi da fuoco.
Al Pakistan viene richiesto, tra le altre cose, di azzerare le incertezze che le politiche di protezione dei piccoli e medi fornitori di servizi informatici possono creare alle aziende straniere che investono, di aprire il mercato dei servizi del settore radio e tv, incluso quello della televisione via cavo, e di non ostacolare il trasferimento dei dati personali delle transazioni finanziarie, una richiesta quest'ultima fatta anche agli altri paesi (dalla Turchia a Mauritius) e che lascia pochi dubbi sul fatto che, nonostante le grandi dichiarazioni pubbliche in materia di privacy, alla prova dei fatti la Commissione europea tratta i dati personali come uno strumento fondamentale nel business della fornitura dei servizi, in modo del tutto analogo a quanto hanno sempre dichiarato i grandi lobbisti americani che spingono per il Tisa (la Coalition of Services Industries) e che vedono qualsiasi barriera alla circolazione dei dati personali come un ostacolo alla libertà del mercato, visto che nell'economia del 21esimo secolo sempre più servizi vengono forniti per via elettronica.
Non è difficile immaginare l'impatto di queste richieste sui lavoratori e sui cittadini dei paesi membri del Tisa: nel caso della Turchia, per esempio, l'Unione Europea chiede di «rimuovere le restrizioni numeriche per hotel e ristoranti (solo una frazione che va dal 10 al 20 percento dei dipendenti può essere straniera)», mentre a Mauritius, una piccola isola che vive di turismo ed ha una forza lavoro relativamente istruita, si chiede di ridurre «la soglia di professionisti locali nei servizi di implementazione del software» e di aprire il mercato dei servizi legati alle operazioni aeroportuali e alla riparazione degli aerei: due misure che, se verranno accettate, avranno pesanti ripercussioni per i lavoratori locali. Nel caso del Cile, invece, l'Europa si spinge a chiedere di rimuovere le barriere che impediscono ai professionisti stranieri che non abbiano completato l'intero corso di studi per la laurea in legge in Cile di poter esercitare comunque la professione nel paese, esponendo dunque i cittadini al rischio di ritrovarsi rappresentati da avvocati stranieri che non conoscono sufficientemente a fondo il diritto cileno. Al Costa Rica, infine, si chiede di togliere le restrizioni nel settore dei supermercati - una misura inevitabilmente destinata ad aprire la strada ai grandi gruppi come Walmart, Carrefour, Tesco - e di liberalizzare servizi basilari come quello delle fognature, richiesta che fa temere il rischio di un'ondata di liberalizzazioni di servizi pubblici fondamentali come quelli legati all'ambiente o all'acqua.
L'allarme dei sindacati
Le rivelazioni di WikiLeaks sulle richieste europee ai membri del Tisa hanno innescato immediatamente la reazione delle organizzazioni che difendono i diritti dei lavoratori. "Public Services International", una federazione globale di sindacati che rappresentano milioni di addetti dei servizi pubblici di 150 paesi di tutto il mondo, ha subito condannato il doppiopesismo dell'Unione Europea, che da una parte difende pubblicamente i propri servizi pubblici, ma dall'altra punta a «minare quelli dei paesi in via di sviluppo», spingendo per le liberalizzazioni in settori come l'ambiente, i rifiuti, i sistemi fognari.
L'italiana Rosa Pavanelli che ricopre la carica di segretario generale di Public Services International spiega a l'Espresso la sua preoccupazione al riguardo, mettendo in guardia dal rischio che il Tisa arrivi a investire servizi pubblici vitali per i cittadini e raccontando che al momento è difficile capire con certezza quali di questi servizi saranno esclusi dalle liberalizzazioni. «Non abbiamo ancora visto la lista delle esclusioni, c'è una generica esclusione dei servizi pubblici», dichiara a l'Espresso, «ma è una definizione talmente generica che diventa complicato capire a cosa si riferisca esattamente».
A differenza delle trattative sul trattato di libero scambio Europa-Usa (Ttip), le trattative sul Tisa procedono in modo spedito, anche se molti sono scettici sul fatto che i ventitré paesi negoziatori riusciranno a chiudere l'accordo entro quest'anno. E tuttavia Pavanelli avverte che le rivelazioni di WikiLeaks fanno capire come anche l'Europa stia assumendo «delle posizioni estreme, che in una prima fase sembravano imputabili solamente ai negoziatori Usa», un fatto che rende evidente come ormai ci sia una convergenza di interessi da parte dei grandi player «di aprire il mercato in maniera incondizionata e selvaggia. Questi nuovi leak sulle richieste che l'Unione Europea ha avanzato sono veramente preoccupanti».