Aiuti ai lavoratori in difficoltà e alle imprese. Assistenza sanitaria e più tasse sui guadagni di borsa. Il suo programma economico sembra piacere a tutti (persino a Wall Street)

CHESTER, PA - OCTOBER 26: Democratic presidential nominee Joe Biden puts on a face mask while speaking to reporters at a voter mobilization center on October 26, 2020 in Chester, Pennsylvania. In Pennsylvania, Tuesday, October 27 is the last day to request a mail-in ballot or to vote early in person. (Photo by Drew Angerer/Getty Images)
La scuola politica di Joe Biden sono stati i fumosi bar con il bancone lucido e il baseball in tv della Pennsylvania e del Delaware negli anni ’70. Fiumi di birra e di angosce per gli operai e i sindacalisti della “rust belt”, la cintura dei vecchi impianti siderurgici e chimici che stavano andando in disgrazia.

Figlio di un venditore di auto usate che aveva già collezionato un paio di fallimenti, il giovane Biden, classe 1942, si pagava gli studi in legge facendo il cameriere e intanto si formava le convinzioni che l’hanno portato in Senato per la prima volta nel 1972 e ancora oggi, quasi mezzo secolo dopo, sono la base del suo manifesto per le elezioni presidenziali: lo Stato non deve abbandonare chi è in difficoltà, l’industria manifatturiera è la base di una democrazia sviluppata, bisogna stare dalla parte dei lavoratori.

Le prime promesse sono 400 miliardi perché le industrie comprino beni strumentali intermedi made in Usa e 300 miliardi per ricerca e sviluppo. Anche Trump prometteva alle tute blu che le avrebbe risollevate, anzi su questa base ha fondato la sua vittoria nel 2016. Solo che poi non ha fatto niente per loro, viceversa ha abbassato le tasse ai già ricchi manager e quelle sui profitti delle corporation: «Dal 35 al 21%», precisa Angelo Baglioni, economista internazionale della Cattolica. «Ora Biden propone di riportare l’aliquota al 28%, con un recupero per il fisco calcolato su base decennale di oltre 500 miliardi di dollari». Più prudente è sulle tasse individuali sui ricchi: l’aliquota marginale per chi guadagna più di 400mila dollari verrà riportata dal 39 al 42%, senza infierire ulteriormente per il timore di fughe di capitali.

Usa
La metamorfosi di Joe Biden
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«Tutt’al più - precisa Baglioni - si modulerà in modo diverso la complessa partita delle detrazioni, che comprendono a volte perfino le tasse locali versate agli stati». Biden, alla ricerca dell’elettorato di centro, cerca di calmare le spinte populiste dell’ala sinistra del partito che voleva misure più radicali: Bernie Sanders, Elizabeth Warren e la giovane scatenata Alexandra Ocasio-Cortez, neo deputata del Bronx per la quale molti vedono un futuro da ministra magari del welfare.

L’inganno di Trump verso il proletariato è l’arma numero uno dei Dem. Biden infatti voleva fare perno sulla disastrosa gestione della pandemia, salvo poi cambiare tattica quando il tributo di vite americane (240mila, più delle guerre di Corea, Vietnam e Iraq messe insieme) è diventato talmente agghiacciante da rendere inopportuno parlarne in termini elettoralistici, specie dopo che Trump è stato contagiato (anche se l’atteggiamento sprezzante dell’interessato autorizzerebbe le critiche più spregiudicate).

Ora i Dem parlano di economia. «La Bidenomics ha preso il posto della Pandenomics», sintetizza il Washington Post. Si parte con la riforma sanitaria: l’Affordable Care Act del 2013, il famoso “Obamacare”, prevedeva l’estensione progressiva dei benefici del Medicaid (per i poveri) e del Medicare (anziani) nel percorso verso il servizio sanitario universale sul modello europeo, se non gratuito almeno sostenibile. Trump, spinto dalle lobby della sanità, ha smantellato la riforma con misure amministrative opposte e non varando i previsti decreti attuativi, lasciando di nuovo privi di copertura 30 milioni di americani. Biden vuole ripristinare la situazione delineata da Obama.

Se sulla sanità Biden insegue il modello europeo, con il vecchio continente la riconciliazione sarà ad ampio spettro. «Biden, almeno nelle intenzioni, tenterà di recuperare il multilateralismo», riflette Ferdinando Nelli Feroci, ambasciatore ed ex commissario Ue, oggi presidente dell’Istituto Affari Internazionali. «Verranno archiviate le roboanti dichiarazioni di Trump contro la Nato, l’Oms, l’Organizzazione mondiale del commercio: caso per caso si verificheranno le imperfezioni e si cercherà con sobrietà e coerenza di correggerle». Se in economia Trump teme la concorrenza di un’Europa coesa, sul piano politico non la considera proprio: «D’accordo che l’America non vuole più scendere sul terreno in aree mediterranee come Libia e Balcani – dice Nelli Feroci - ma per iniziative come gli accordi di Abramo (la pace separata di Israele con Emirati Arabi e Bahrein benedetta dagli Usa, ndr) è stato ignorato il parere europeo. Con Biden si cambierà spartito».

Anche sulla Cina l’America non vorrà più essere First “da sola” ma a fianco dell’Europa. «L’approccio sarà meno aggressivo anche se non è facile negoziare con Pechino», riconosce Paolo Guerrieri, economista della San Diego University. «L’America vorrà lavorare insieme allo storico alleato europeo smettendo di considerarlo un altro nemico. Episodi come i dazi minacciati contro le auto tedesche o il vino italiano, con pretesti risibili tipo gli aiuti pubblici all’Airbus, se Biden vincerà non si ripeteranno».

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Le guerre commerciali con la Cina hanno peraltro avuto l’effetto di abbattere il commercio mondiale, che nel 2019 ha avuto una crescita negativa per poi affondare nel drammatico 2020. La crisi si scarica sui lavoratori. «Teste più lucide capiranno che non c’è nulla da guadagnare per nessuno da una rabbiosa acrimonia - dice Jim O’Neill, ex numero uno di Goldman Sachs oggi al think-tank Chatham House - fermi restando i punti di oggettiva tensione come Hong Kong». Ma il simbolo del riavvicinamento fra le due sponde dell’Atlantico è l’ambiente. «Biden riporterà l’America negli accordi di Parigi sul riscaldamento globale che Trump ha ripudiato - spiega Enrico Moretti, docente di economia politica a Berkeley – e ha annunciato un piano da 2mila miliardi per l’auto elettrica, le energie rinnovabili, la sostituzione con impianti meno inquinanti degli stabilimenti vetusti e altre iniziative per il contenimento della CO2 responsabile del global warming, compresa la controversa carbon tax.

Troverà la convinta solidarietà nell’opinione pubblica americana oltre che europea». Negli ambienti finanziari si fanno i conti dei sommersi e dei salvati in Borsa: con Biden guadagnano le società di tecnologia (si pensi alle batterie per l’auto elettrica), pannelli solari e pale eoliche, nonché le società locali dei servizi pubblici grazie ai finanziamenti ecologici. Perdenti sono neanche a dirlo le compagnie petrolifere, i produttori di acciaio, le industrie chimiche. Speculari gli effetti sui mercati europei, conferma un rapporto dell’Ubs che ricorda l’apertura del mercato per le aziende delle infrastrutture (italiane in prima fila) visto il piano Dem da 4mila miliardi per rinnovare ponti, strade, autostrade, porti, aeroporti. Trump aveva promesso qualcosa del genere, parlando addirittura di 10mila miliardi, ma non ha fatto seguire alle parole neanche un fatto.

L’Europa trarrà poi vantaggi indiretti dagli aumenti fiscali sui capital gain annunciati da Biden, che porteranno a una perequazione e a una più equilibrata distribuzione degli investimenti fra i due continenti visto che non converrà più puntare solo sull’America. Moody’s - che in un report ritiene «il candidato democratico più qualificato di Trump» - prevede per Wall Street anni sì positivi ma a ritmi non vertiginosi proprio perché parte degli investimenti andranno in Europa.

Il programma Dem prevede entrate per 4mila miliardi grazie alle maggiori tasse su aziende, individui e capital gain. Le spese (welfare, infrastrutture, assistenza alle imprese) superano i 7.500 miliardi. Questo per i piani strutturali. Ci sono poi le spese straordinarie per il sostegno ai disoccupati creati dal Covid: oggi 15 milioni (ad aprile si toccarono i 40), di nuovo in aumento visto che nella prima settimana di ottobre le richieste di sussidio di disoccupazione hanno superato le 800mila: in tempi normali sono in media 200mila. E va finanziato il piano d’emergenza per le piccole aziende.

Oggi i democratici dall’opposizione spingono perché il Congresso approvi il loro piano da 3mila miliardi: i repubblicani si oppongono, ma non è escluso che in extremis qualcosa sia stanziato. Biden riproporrà quel che manca per la cifra totale. La Oxford Economics prevede che con la vittoria Dem l’economia - sperando che nel frattempo il Covid dia respiro - impiegherà un anno di meno a tornare ai livelli del 2019: fine 2022, e fine 2023 se resta Trump. Intanto la crescita nel 2021 «sarà del 5,8% contro il 3,8% a presidente immutato», si legge nel report. «Il rapporto debito/Pil salirà dal 108 al 130% ma è un rischio da correre perché l’America non ha problemi a finanziarsi». A fine periodo si tornerà alla disoccupazione del 4%: «L’importante è non accontentarsi del dato statistico», avverte Allen Sinai, capo di Decision Economics di New York. «Pur figurando occupati per poche ore alla settimana, milioni di americani non hanno soldi per l’affitto, l’educazione dei figli, la sanità. E a fine mese entrano in crisi per mangiare. Con l’economia che affonda sotto i colpi della pandemia, la situazione è critica».

Fra le incognite del voto ce n’è una «così paradossale che ritenevamo fosse appannaggio dei regimi dittatoriali tipo Bielorussia o Venezuela», dice Elliot Hentov, capo della Policy research della finanziaria State Street di Boston: «Vista la posizione resa pubblica da Trump, l’esito delle elezioni verrà contestato se dipenderà solo dai risultati di uno o due stati. Peggio ancora, dato il dominio della Corte Suprema e di molti tribunali federali, Trump avrà la possibilità di ribaltare qualsiasi risultato che presenti una differenza minima».

L’incertezza è fra gli scenari il più probabile, fino al 30%, per il mondo della finanza. «La novità di quest’elezione è l’alta probabilità che all’indomani dello scrutinio e nelle settimane successive non emerga un vincitore», conferma Didier Saint-Georges del comitato d’investimento della società di gestioni patrimoniali francese Carmignac. «Le istituzioni potrebbero essere temporaneamente paralizzate da ricorsi e contestazioni di ogni tipo, e quest’incognita, rafforzata dalla nomina della nuova giudice alla Corte Suprema, rende le ripercussioni del voto incerte». Per vedere Biden alla prova, insomma, non basterà vincere le elezioni.