L'economia mondiale precipita nella recessione, ma per alcune aziende, dalle multinazionali farmaceutiche ai supermercati, è stata l'occasione per cavalcare la crisi aumentando i prezzi. Mentre Netflix vola in Borsa e il patrimonio di Jeff Bezos, fondatore di Amazon, nell'ultimo mese è cresciuto di 50 miliardi

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Nel mondo oppresso dall'incubo sanitario sta montando l'onda di una ricchezza nuova. C'è la corsa all'oro, ovvero i farmaci che dovrebbero sconfiggere il virus. E poi la roulette della Borsa, con i suoi alti e bassi che moltiplicano gli affari degli speculatori. E che dire della nuova frontiera delle app di tracciamento e sorveglianza?

Anche lì, per i più abili e fortunati, le possibilità di fare soldi sono infinite. Come pure per gli imprenditori che tirano le fila del commercio online, in prima fila Jeff Bezos, fondatore e principale azionista di Amazon. Senza dimenticare che lo sconvolgimento delle rotte commerciali e dei trasporti innesca repentini aumenti dei prezzi di alcune materie prime, quelle agricole prima di tutto. Ne approfittano trader e grossisti, in grado di manipolare il mercato a danno dei cittadini consumatori. Nella corsa al profitto, adesso vincono gli investitori che sono in grado di soddisfare i bisogni di un'umanità smarrita, spiazzata dall'assalto del virus. Si moltiplicano le occasioni di guadagno per chi riesce a cavalcare l'onda giusta, a vincere la scommessa più lucrosa. E intanto stanno già passando alla cassa anche i soliti furbetti, quelli che s'infilano nelle pieghe di un mercato che in molti settori è stato completamente rivoluzionato dall'impatto della pandemia.
 
IL SIGNORE DEI PACCHI
L'economia mondiale si restringe, calano redditi e consumi, ma la tempesta del coronavirus risparmia il commercio online. Anzi, lo shopping in Rete, già in rapido sviluppo da anni, è destinato a un'espansione ancora più veloce. Con i cinema chiusi a tempo indeterminato, prende il volo lo streaming targato Netflix, da tempo in ascesa. La produzione di nuove serie è ferma causa coronavirus, ma il gruppo Usa ha in magazzino materiale inedito per mesi e mesi. E se la vita al tempo del virus ci impone il distanziamento, sono sempre più richieste le applicazioni per computer e smartphone che offrono soluzioni per i meeting online. Il fenomeno di queste settimane è Zoom, app per videochiamate e videconferenze realizzata dall'omonima azienda americana. In Borsa è boom. Le azioni Netflix hanno guadagnato oltre il 40 per cento a Wall Street da netà marzo e quelle di Zoom, che vale oltre 40 miliardi, hanno addirittura raddoppiato la loro quotazione nei primi quattro mesi dell'anno.

La vera rivoluzione, però, è quella degli acquisti. Dopo settimane di chiusura forzata per arginare il contagio, i negozi tradizionali faranno fatica a ripartire, a tutto vantaggio dei supermarket virtuali, che in questa fase di lockdown stanno facendo il pieno di nuovi clienti. Ecco perché, da quando il virus ha stretto d'assedio l'umanità, l'uomo più ricco del mondo è diventato ancora più ricco. Jeff Bezos controlla Amazon con un pacchetto azionario del 15 per cento che ai prezzi di Borsa di questi giorni vale quasi 180 miliardi di dollari, equivalenti a 165 miliardi di euro. Dai minimi del 12 marzo il titolo ha recuperato il 40 per cento, come dire che nel pieno della pandemia la ricchezza del magnate americano è aumentata di una cinquantina di miliardi di euro. Una somma difficile anche da immaginare, nella disponibilità di una sola persona. L'ordine di grandezza è piuttosto quello del bilancio degli Stati. Circa 50 miliardi, per dire, è il valore della manovra di marzo varata dal governo italiano per far fronte al primo impatto del coronavirus.

D'altronde gli affari di Amazon crescono a gran velocità, spinti dall'emergenza che confina in casa miliardi di persone in tutto il mondo. Il gruppo statunitense, che conta circa 800 mila dipendenti, di cui 115 mila in Europa, ha annunciato altre 100 mila assunzioni in marzo e 75 mila in aprile. I centri logistici della multinazionale fanno fatica a reggere l'onda d'urto dei nuovi ordini. In prima linea, però, restano i lavoratori, che anche in Italia hanno più volte scioperato per ottenere maggiori misure di sicurezza contro il rischio contagio.
 
CACCIA AL FARMACO
Non esiste un medicinale che annienti il coronavirus. Intanto, però, vengono pubblicizzati prodotti ancora in fase di studio, oppure terapie che fin qui hanno ottenuto solo successi parziali. Insomma, vince il marketing sulla scienza. La pubblicità sulla medicina. Non è una sorpresa. La lotta al virus muove interessi miliardari e l'industria farmaceutica vede un nuovo mercato da conquistare. Il termometro di questa gran febbre affaristica sono le quotazioni di Borsa, con le aziende di Big Pharma che hanno limitato i danni, o addirittura hanno guadagnato posizioni, nella fase di ribasso seguita all'esplosione della pandemia.

A mettere le ali al titolo Roche, la multinazionale svizzera, è stato l'annuncio del prossimo lancio di un test sierologico. La novità è ancora tutta da valutare sul piano scientifico, perché molti esperti ritengono che la presenza di anticorpi, rivelata dal test, non sia di per sé una garanzia che il paziente sia davvero protetto contro il virus. Valgono le stesse considerazioni per l'esame sierologico targato Diasorin, l'azienda italiana specializzata nella diagnostica a cui la regione Lombardia ha affidato i test sul proprio territorio. Un'azienda concorrente, la TechnoGenetics di Lodi, ha contestato con una raffica di ricorsi (al Tar, alla Consob, all'Antitrust) la procedura con cui si è arrivati a questa scelta, a cominciare dall'accordo per la sperimentazione dei test stipulato tra Diasorin, che è controllata dalla famiglia piemontese Denegri, e il Policlinico San Matteo di Pavia, una struttura pubblica che incasserà royalties dell'1 per cento sui ricavi futuri.

È probabile che la vertenza si trascinerà ancora a lungo, ma intanto la società a cui si è affidata la Lombardia è al centro di forti acquisti in Borsa. La quotazione è aumentata di oltre il 30 per cento dall'inizio della pandemia. Si è invece conclusa venerdì 25 aprile la gara bandita dal governo per 150 mila test sierologici.

Sarà il gruppo statunitense Abbott a fornire gratuitamente i kit necessari per l'indagine che servirà per formulare una prima stima sulla diffusione del virus sul territorio nazionale. Da metà marzo il titolo Abbott ha fatto segnare un rialzo del 50 per cento a Wall Street e allo stesso modo corrono in Borsa anche le azioni di grandi aziende che producono farmaci nati per terapie diverse ma di cui è stata rilevata una certa efficacia anche per contenere i sintomi più gravi del covid19. È il caso del Remidisvir, un antivirale prodotto dalla statunitense Gilead Scienses usato in passato contro Ebola. È ancora tutta da dimostrare anche l'utilità dell’Idrossiclorochina, un medicinale venduto dai gruppi Novartis e Sanofi al centro di grandi speranze, ma per il momento ancora oggetto di prove cliniche che hanno fin qui dato risultati tutt'altro che incoraggianti.
 
SPECULAZIONE A TAVOLA
Le immagini delle prime settimane della pandemia, con le lunghe code all'ingresso dei supermercati spiegano meglio di qualunque indagine statistica come sta cambiando la mappa del commercio di generi alimentari in Italia. L'emergenza coronavirus ha consolidato la supremazia della grande distribuzione, da anni in crescita costante, spiazzando i negozi di piccola taglia. Obbligati dalle restrizioni del lockdown a concentrare il più possibile gli acquisti, i cittadini-consumatori non hanno potuto fare a meno di fare la fila al supermarket. Gli acquisti sono cresciuti anche in volume, con la psicosi del "tutto chiuso" che ha spinto milioni di famiglie ad accumulare scorte. Durante il mese di marzo le vendite della grande distribuzione sono aumentate su base nazionale in media del 15 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso e in aprile le prime stime fanno pensare a una crescita solo di poco inferiore, con le catene maggiori, Coop, Conad ed Esselunga che hanno consolidato il primato su base nazionale.

Equilibri di mercato a parte, l'effetto virus si è fatto sentire anche sui prezzi. In questi tempi a dir poco straordinari, i listini alimentari, così come quelli di Borsa, registrano movimenti anomali. Aumentano le quotazioni del grano destinato ai mulini, perché molti Paesi a cominciare dalla Russia hanno ridotto le esportazioni. Per il momento, però, le variazioni più evidenti per chi va a fare la spesa riguardano frutta e verdura. In cima alla lista dei rialzi troviamo i limoni, usati anche come disinfettante e quindi molto richiesti in queste settimane. Ecco perché i prezzi sono praticamente raddoppiati. Aumenti fino al 30 per cento per le arance che invece scontano le difficoltà della logistica con la crescita dei costi di trasporto dall'Italia meridionale.

I listini dei mercati dell'ortofrutta segnalano anche altri andamenti fuori dall'ordinario. Volano per esempio i prezzi di carote, broccoli, pomodori datterini e anche patate. L'incremento delle quotazioni varia da piazza a piazza ma è di solito compreso tra il 30 e il 60 per cento. Anche le uova costano fino al 20 per cento in più, mentre per le carni di pollo l'aumento è arrivato anche al 15 per cento. Va detto che le quotazioni soffrono di alti e bassi improvvisi, segnale chiaro di manovre di molti grossisti che approfittano della situazione eccezionale per speculare. In prospettiva però l'incertezza maggiore riguarda i prossimi raccolti. Nei campi mancano centinaia di migliaia di lavoratori immigrati e se il problema non viene risolto al più presto, ammoniscono gli esperti, si rischia una forte instabilità nei rifornimenti e quindi anche dei prezzi.
 
FONDI AVVOLTOIO
Le quotazioni di Borsa che viaggiano ai minimi. I bilanci fatalmente destinati ad accumulare debiti. E il denaro disponibile in abbondanza per effetto del crollo dei tassi d'interesse. Mai come adesso il clima è stato tanto favorevole per comprare aziende a sconto. Le occasioni d'oro si moltiplicano per i gestori dei grandi fondi internazionali, dotati di un gigantesco arsenale di denaro liquido e pronto all'uso. Secondo le stime più aggiornate, in giro per il mondo ci sono almeno 2 mila miliardi di dollari che sarebbero subito disponibili per fare shopping di società di ogni dimensione. Questo in teoria. Nei fatti invece tutti i grandi operatori hanno per il momento sposato una strategia attendista. Troppo incerta l'evoluzione dei mercati e dell'intera economia sconvolta dall'ondata epidemica.

Intanto, però, il governo italiano si è già messo sulla difensiva varando una serie di misure con il decreto liquidità in vigore dal 9 aprile. Tra l'altro, le società straniere sono ora obbligate a notificare al ministero dell'Economia eventuali acquisizioni di quote superiori al 10 per cento di aziende italiane che operano in una lunga serie di settori, tra cui banche, assicurazioni, intelligenza artificiale, semiconduttori, la cybersicurezza. Questi provvedimenti eccezionali resteranno in vigore fino a dicembre e forse verranno prorogati. C'è in gioco la sicurezza nazionale. E le paure di uno Stato sempre più debole e pieno di debiti.