La proposta: un sistema unico dalla casa alle Rsa
La riforma prevista dal PNRR deve imprimere una svolta all’assistenza agli anziani non autosufficienti. Parole d’ordine: costruire un sistema semplice e unitario per assicurare un’offerta adeguata d’interventi pubblici lungo l’intera filiera - a casa e nelle strutture residenziali - e dare risposte concrete alle specifiche difficoltà degli anziani. Milioni di persone non possono perdere questa occasione.
All’inizio del secolo gli esperti concordavano nell’individuare le fasce di popolazione trascurate dal welfare pubblico e che, quindi, necessitavano di specifiche riforme di rafforzamento della protezione sociale: disoccupati, poveri, famiglie con figli e anziani non autosufficienti. Da allora sono state realizzate riforme per tutelare i disoccupati (dall’Aspi nel 2012 sino alle ultime novità), per contrastare la povertà (Reddito d’Inclusione nel 2017 e Reddito di Cittadinanza nel 2019) e per sostenere le famiglie con figli (l’Assegno Unico appena introdotto). Mentre nulla è stato fatto per l’assistenza agli anziani non autosufficienti, unico settore dello stato sociale a essere sprovvisto di una riforma nazionale. È questa la principale diseguaglianza che tocca il welfare italiano. Le sue concrete conseguenze ricadono sulla vita di milioni di individui, su persone con demenza o impossibilitate a muoversi autonomamente e i loro familiari che, senza il sostegno pubblico, devono farsene carico. Le grandi difficoltà manifestate dal servizio pubblico di assistenza agli anziani nell’affrontare la pandemia non sono un evento anomalo, bensì una manifestazione estrema delle criticità che quotidianamente lo affliggono. Sono solo divenute palesi nel momento in cui i media hanno acceso una luce sulle persone fragili e non autosufficienti alle prese con l’emergenza Covid-19.
Tre i principali problemi mai risolti. Primo, la frammentazione delle risposte. La gestione delle non autosufficienze è responsabilità di Comuni, Regioni e Inps che non sono fra loro coordinati e ne consegue un’organizzazione caratterizzata da una caotica molteplicità di enti, sedi e percorsi differenti, che rende complicato capire a chi rivolgersi e disorienta le famiglie. Secondo, l’insufficienza dell’offerta pubblica. Mancano servizi a domicilio, strutture residenziali, interventi di qualificazione delle badanti, azioni a sostegno dei familiari. Terzo, i modelli d’intervento inadeguati. Le risposte attualmente disponibili non sono adatte alle effettive esigenze degli anziani. Spesso, ad esempio, i servizi non sono progettati tenendo in considerazione la sempre più diffusa presenza delle demenze, al fianco delle limitazioni fisiche.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede l’agognata riforma nazionale. Nelle parole del ministro del Welfare, Andrea Orlando, è il «frutto di un’iniziativa di lobbismo buono», cioè l’esito della richiesta e delle pressioni delle tante organizzazioni raccolte nel Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, che Orlando stesso e il ministro della Salute, Roberto Speranza hanno voluto ascoltare. Attenzione, però: anche se il Pnrr ne definisce gli obiettivi, la riforma è ancora da scrivere. Ci troviamo a un bivio: questa potrà rivelarsi un’occasione persa (un adempimento formale a cui dedicare poca progettualità e limitate risorse) oppure la prossima grande riforma dello stato sociale italiano. Quale sarà la direzione scelta?