Nel decreto Sostegni bis viene confermata una norma che estende gli aiuti a tutti gli under 36, sottraendo risorse ai più bisognosi. Il Consiglio nazionale dei giovani: la prima urgenza è il lavoro

Il diritto alla casa continua a essere faticoso da raggiungere in Italia. Soprattutto i giovani si trovano a dover affrontare costi altissimi per l’acquisto di un’abitazione o affitti esagerati. 

Anche per questo il governo si appresta ad approvare il decreto Sostegni bis dove sarà presente, oltre a un incremento di 55 milioni di euro nel fondo per la prima casa, una garanzia per gli under 36 per accedere ai mutui. 

Il primo cambiamento sarà l’anticipo garantito al 100% dallo Stato, mentre attualmente è fermo al massimo al 50%. Un modo per evitare quell’esborso di soldi immediato, al momento dell’accensione del mutuo, che raramente i giovani possono permettersi. Il secondo è il taglio dei costi notarili e delle imposte che vengono aggiunte nel momento dell’acquisto e che possono ammontare fino a migliaia di euro in certi casi. Inoltre il Fondo Gasparrini, quel fondo già presente che finanzia le sospensioni delle rate dei mutui per famiglie in difficoltà, verrà prorogato alla fine del 2021.

 

Ma chi saranno i possibili destinatari di questo provvedimento? Oggi è attivo il Fondo Mutui Prima Casa, istituito dalla legge 27 dicembre 2013 n. 147, che prevede in via prioritaria l’accesso alle garanzie statali per alcune categorie sotto i 35 anni di età: coppie in cui almeno uno dei due sia under 35, giovani genitori single con a carico figli minorenni, lavoratori atipici e conduttori di case popolari. In ogni caso chi richiede il mutuo non deve possedere altri immobili e non può acquistare case di lusso o superiori al valore di 250mila euro. Una priorità che non sempre è stata tutelata. Secondo il rapporto della Corte dei Conti sulla “gestione fuori bilancio del fondo di garanzia prima casa”, tra il 2014 e il 2019 solo il 15,5% dei giovani che hanno richiesto e avuto la garanzia statale faceva parte di tali categorie. Una critica forte e un sintomo di come l’obiettivo di arrivare a chi ne avesse veramente bisogno sia stato raggiunto solo in parte.

Da quello che filtra nella bozza del decreto circolata in questi giorni, la platea di persone coinvolte si amplierebbe a tutti i giovani under 36 senza categorie privilegiate. Il dubbio è se rendere la misura “a tempo indeterminato” oppure fissare un limite temporale al 31 dicembre 2022. Il rischio di allargare in maniera indiscriminata a tutti gli under 36 è che si verifichi nuovamente quanto emerso dai dati della Corte dei Conti per cui l’84,5% del fondo va a chi non rientra tra le categorie prioritarie. Anche perché alle banche conviene concedere mutui di valore più alto a persone con reddito più elevato. Gli istituti erogatori, infatti, affiancano spesso ai mutui garantiti dallo Stato anche le onerose polizze Cpi (Credit Protection Insurance), ovvero assicurazioni a tutela del creditore. E non sempre lo fanno in maniera trasparente. L’Agcm (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) nel 2020 è intervenuta per sanzionare i grandi gruppi bancari (Intesa San Paolo, Bnl, Ubi e Unicredit) che avevano indotto scorrettamente i consumatori a stipulare Cpi, spesso facendogli credere fossero necessarie per accedere al mutuo. 

Lo scorso ottobre, invece, era stato approvato e pubblicato un emendamento del decreto Agosto a prima firma del senatore Leonardo Grimani (Italia Viva) che rendeva di fatto esclusivo l’accesso alla garanzia statale per le fasce più “deboli”, in modo da non disperdere soldi e concentrarli sulle persone svantaggiate a livello economico. La modifica di Grimani, però, è stata abrogata nel giro di pochi mesi da un altro emendamento, proposto dal senatore e presidente della commissione Bilancio Daniele Pesco (Movimento 5 Stelle), al decreto Ristori e pubblicato il 18 dicembre 2020. In pratica tutto è tornato come prima, con l’indicazione della sola priorità ed eliminando il carattere esclusivo.

 

Per cercare di non disperdere i fondi pubblici in misure che, come già detto, fanno fatica a raggiungere l’effetto sperato, sono state portate all’attenzione della politica altre manovre, come introdurre un limite ISEE di 20 mila euro come condizione necessaria per accedere al mutuo o rendere onerosa la garanzia pubblica a chi ne beneficia ma non è nella lista dei prioritari. Suggerimenti al centro del dibattito interno al governo in queste ore. 

Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio MutuiOnline i giovani tra i 26 e i 35 anni che hanno richiesto il mutuo nei primi quattro mesi del 2021 sono stati il 29% del totale mentre il 3,5% sono stati ricercati dagli under 25. Quelli erogati per queste due fasce di età sono stati il 28,6%. Seppur in lieve crescita, sono numeri minori rispetto a quanto avveniva per esempio dieci anni fa, quando la “quota” richiesta dai giovani under 35 era il 41,5% del totale e la fascia tra i 36 e i 45 anni era circa uguale a quella dei 26-35. Oggi la prima categoria è di gran lunga la più consistente per richieste (37,5% rispetto a 29%), a indicare il calo di chi può permettersi di sostenere un mutuo tra i giovani italiani. Nonostante questo aumento medio dell’età, Alessio Santarelli, direttore generale della divisione broking del gruppo MutuiOnline, sottolinea come «In generale c’è un aumento della fiducia, come si nota dall’incremento del valore delle richieste di mutuo». Per i giovani e per il mercato immobiliare «la manovra di Draghi sembra essere più aggressiva di quella precedente e potrebbe essere molto utile».

Un’analisi su cui è solo parzialmente d’accordo il Consiglio Nazionale Giovani, l’organo consultivo che rappresenta i giovani nel confronto con le istituzioni. La presidente Maria Cristina Pisani è chiara: «La prima priorità per un giovane è quella occupazionale. Qualsiasi intervento per rendere autonomi i giovani dovrà passare necessariamente dalla creazione di un lavoro stabile e dignitoso». D’altronde il Cng, insieme a Eures, ha presentato un rapporto sulle condizioni lavorative degli under 35 in Italia che inquadra una situazione al limite del tragico. Nei cinque anni dalla fine del completamento degli studi solo il 37% ha un lavoro stabile, il 24% risulta disoccupato e il 26% è precario. E questo inevitabilmente si riflette sul contesto abitativo, visto che il 50,3% vive ancora con i propri genitori e solo il 12,4% ha una casa di proprietà. 

 

Per ritornare al tema dei mutui è emblematico quello che emerge dal rapporto: solo il 10,8% dei giovani under 35 ha provato a chiedere un mutuo, ottenendolo nel 7,7%, con il restante 3,1% del totale del campione che invece ne è stato escluso. Ma tanti non ci si avvicinano neanche. Molti tra ragazzi e ragazze sono sicuri di dover vivere nell’incertezza per parecchio tempo e per questo il 40% ha affermato di non avere le condizioni economiche per poter accedere a un mutuo o per poterlo sostenere nel tempo.

Rimane il desiderio di guadagnarsi la propria indipendenza, in un mondo che sempre più spesso li tratta con disprezzo o indifferenza. Basta guardare altri dati del rapporto Cng, dove gli intervistati hanno confermato di aver accettato un lavoro sottopagato (61,5%), un lavoro in nero (54,6%), o addirittura di non essere stati pagati per un lavoro svolto (32,5%). Per non parlare della retribuzione annua percepita in media negli ultimi 3 anni: il 35% degli intervistati si pone nella fascia 5-10 mila euro, il 33,7% dai 10 ai 20 mila, ben il 23,9% al di sotto dei 5 mila e solo il 7,4% oltre 20 mila. 

 

Stipendi minimi, in alcuni casi indegni, e una mancanza di apertura nel mondo occupazionale che rendono tutto più difficile per un giovane che vuole crearsi una famiglia. Non a caso tra gli under 35 solo il 6,5% ha almeno un figlio. E quello demografico è un altro dei problemi connessi al lavoro e alla casa. Tutte facce della stessa medaglia, per un paese che sta invecchiando e sparendo col tempo. È un tema presente nell’agenda del presidente del Consiglio Mario Draghi, come visto venerdì 14 maggio quando, insieme a Papa Francesco, ha partecipato ai primi Stati Generali sulla natalità organizzati dal Forum delle Famiglie. Proprio Draghi si è posto come obiettivo quello di aiutare i giovani, perché, per citare il suo intervento al Meeting di Rimini del 2020 «privarli del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza».

Ma se manca la base, cioè il lavoro, i figli e il futuro non verranno, e anche gli investimenti a pioggia sulle case rischiano di essere vani.

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