Il caso

La grande truffa del trading online che ha rovinato centinaia di italiani

di Alessandro Longo   14 novembre 2022

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Una banda usava i rendimenti stellari come esca ma, alla fine, le vittime si trovavano i conti prosciugati. L’indagine della polizia porta a una centrale con base in Albania. Ecco che sistemi utilizzava

Una promessa di soldi facili che a poco a poco finisce in incubo; in lacrime. «Vittima (piangendo): ho già investito 31 mila euro! Non ho più soldi! Sto pensando di suicidarmi. Truffatrice: devi pagare una commissione sui bonifici di 4.500 euro!». È una intercettazione inedita che riguarda l’ultima operazione condotta dalla polizia su una piaga che ha mostrato tutta la sua brutalità nel 2022: il trading online fasullo.

 

Un’operazione intitolata Dream earnings, profitti da sogno: perché è questo che i truffatori promettevano. Super profitti in Borsa. Ma era tutto falso e i soldi invece che in azioni finivano nelle loro tasche.

 

Coordinata dalla procura della Repubblica di Pordenone con la polizia albanese e dalla procura speciale contro la corruzione ed il crimine organizzato Spak di Tirana, l’operazione ha portato ai primi arresti qualche giorno fa. I sequestri informatici rivelano un database con 90mila italiani finiti nel mirino dei truffatori, anche se forse non tutti hanno subito il furto. Le vittime accertate per ora sono centinaia, per «alcune decine di milioni di euro» rubati, riporta la Polizia.

 

L’indagine è una delle più grandi, in quest’ambito: durata due anni (ed è ancora in corso), con 42mila intercettazioni, ha permesso di aprire una finestra su come agiscono questi criminali. Sulla loro abilità persuasoria con cui sono riusciti a convincere le vittime a fare bonifici a vuoto e, in certi casi, addirittura a consegnare loro le chiavi di accesso diretto al conto corrente. «Sono stati bravissimi», ci dice la vittima dalla cui denuncia è partita quest’ultima indagine. Un pensionato parlamentare della prima Repubblica, residente a Pordenone; gli inquirenti gli hanno raccomandato di tenere il nome riservato per non compromettere ulteriori indagini sui criminali.

 

Lui si dice esperto di trading, «ho sempre gestito i miei risparmi con investimenti azionari, che però negli ultimi tempi rendevano poco. Così, quella mail mi ha allettato, prospettando guadagni interessanti».

Il vicequestore aggiunto Ivano Gabrielli guida Cnaipic

La mail – una delle tante che arrivano a pioggia, come spam - era la prima esca: chiedeva un piccolo investimento (250 euro) in azioni Amazon. «In altri casi il gancio iniziale è stata una telefonata di telemarketing, anche con voce registrata. Oppure un annuncio pubblicato su Internet», dice Ivano Gabrielli, responsabile del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (Cnaipic), che ha condotto l’operazione.

 

I truffatori carpivano la fiducia grazie a un fluente italiano e una finta premurosità: facevano, via Whatsapp, gli auguri di compleanno; se la vittima si ammalava di Covid-19 – questa truffa ha fatto vittime in piena pandemia – chiedevano puntuali notizie sulla salute. Gli inquirenti hanno scoperto 60 postazioni di call center in Albania. «Teniamo conto che questi truffatori si accaniscono in particolare su anziani benestanti, sfruttandone il bisogno di attenzione», dice Fulvio Sarzana, avvocato penalista e membro del collegio dell’Arbitro bancario finanziario presso Banca d’Italia.

 

Ne sfruttano anche le limitate competenze informatiche. «Non avevo idea che su Internet si potessero fare queste cose: è una giungla», dice l’ex parlamentare, che ha perso alla fine «centinaia di migliaia di euro». A lui, come alle altre vittime, i criminali di questa truffa hanno fatto installare un programma “spia” sul computer, con la scusa che servisse alle operazioni finanziarie. In realtà permetteva loro di spiare documenti riservati delle vittime, e così «capire la loro disponibilità economica; ma anche fatti personali come la presenza di disabili in famiglia, elementi che poi potevano usare per fare pressioni psicologiche», dice Gabrielli.

 

Avevano attivato anche un finto portale dove mostravano alla vittima rendimenti finanziari fasulli, su quanto già versato. I soldi bonificati andavano a finire invece su vari conti correnti (in Cipro, Lituania, Estonia…) e da lì, per fare perdere le tracce, in portafogli in criptovalute sotto il diretto controllo dei truffatori. In alcuni casi sono riusciti a ottenere dalle vittime anche le chiavi di accesso ai conti correnti online, con il pretesto di avere bisogno di fare operazioni in tempo reale, anche di notte, per cogliere il momento giusto.

 

La truffa non finiva qui. Quando le vittime chiedevano la restituzione dei soldi, loro ne chiedevano altri come commissione per lo «sblocco» (come lo chiamavano) del conto. Sono arrivati anche a contattarle sotto falso nome di società di recupero crediti, per avere questa commissione.

 

L’operazione Dream earnings è un ultimo, emblematico caso di un fenomeno in forte crescita, come riportano i dati forniti a L’Espresso dalla polizia postale. I casi di trading online trattati nei primi nove mesi del 2022 sono stati 2.140, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo del 2021. Sottratti finora 60,3 milioni di euro agli italiani, contro i 46 milioni del periodo precedente. È diventata di gran lunga la truffa online più importante: quelle via e-commerce (al secondo posto) hanno sottratto finora “solo” 6,9 milioni di euro nel 2022. Al terzo, le truffe dove i criminali fingono una relazione con la vittima per carpirle denaro (sotto falsa identità): 3,7 milioni di euro.

 

Un’altra importante operazione conclusasi nel 2022 riguarda la piattaforma Globalfxm.com ed è partita per la denuncia di un cittadino sardo a cui hanno rubato 380mila euro, sempre con la promessa di enormi rendimenti finanziari.

 

A volte la piattaforma finanziaria è fittizia (come nel caso della Dream Earnings); altre volte esiste davvero e all’inizio dà pure qualche rendimento reale, ma poi i criminali la chiudono di colpo intascando tutto il denaro versato. Come capitato con la Uefa Football Fund, che prometteva un rendimento fisso del 2,5 per cento al giorno sulle scommesse sportive. Era in realtà uno schema Ponzi, dove i rendimenti erano assicurati solo ai primi che vi partecipavano, grazie ai soldi di chi si iscriveva dopo.

 

Per questo motivo a ottobre la Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa) ha dato alla piattaforma un divieto cautelare a operare sul territorio italiano. Ora il portale sembra sparito da Internet. Indaga la polizia postale.

 

«Per tutti questi casi chiediamo la collaborazione dei Paesi dove i truffatori hanno aperto conti su cui hanno fatto transitare i soldi. A volte riusciamo a sequestrare qualche conto e a rimborsare i truffati», dice Gabrielli. Nel caso della Globalfxm al cittadino sardo sono stati restituiti 226mila euro ancora giacenti su un conto in Repubblica Ceca. I criminali non avevano fatto in tempo a farli sparire in criptovalute o su conti in Paesi che non collaborano con l’Italia. «A volte le forze dell’ordine riescono a recuperare soldi che transitano presso “exchange” di criptovalute (piattaforme che permettono di scambiarle e di convertirle in valuta comune)», dice Gabrielli. Non sempre però gli exchange collaborano. In genere, inoltre, «le criptovalute per queste truffe usano solo portafogli virtuali privi di controllori», dice Sarzana.

 

Le speranze per i truffati sono insomma molto ridotte. «Per ora noi siamo riusciti a fare riottenere il 40-50 per cento del maltolto, al 30 per cento dei nostri clienti. Abbiamo costretto gli exchange a rimborsare», spiega l’avvocato Paolo Grandinetti, che sta seguendo una trentina di vittime. Il punto di appiglio è che gli «exchange non rispettano gli obblighi di verifica sui propri utenti, quando non sono proprio conniventi con i truffatori», aggiunge.

 

«È possibile, in alcuni casi, ma la prevenzione è l’arma migliore», consiglia Gabrielli. Come? «Verificare sul sito di Consob e Banca d’Italia se la piattaforma di trading è autorizzata a operare in Italia, per prima cosa». Ad oggi nessun soggetto extra-Ue lo è, per altro. Anche, «verificare se su quel soggetto autorità italiane o europee hanno pubblicato segnali di allerta e se ci sono sul web commenti di utenti truffati». Bisognerebbe sempre affidarsi solo a piattaforme note, di provata affidabilità e comunque «evitare tutte quelle che promettono rendimenti fuori mercato». Per nessun motivo, infine, dare dati di accesso al conto corrente, anche se a chiederceli sembra essere la nostra banca: per i criminali è facile falsificare un indirizzo mail, un sito web o un numero di telefono.