Fenomeni

«Ho creduto ai social e ci ho rimesso i miei risparmi»: il popolo dei rovinati dalle criptovalute

di Alessandro Longo   29 agosto 2022

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Negli Usa il fallimento di Celsius e il crollo di TerraUsd. In Italia, l’inchiesta su Nft. E poi il dimezzamento del valore del bitcoin e il pesante calo delle altre. Le criptovalute presentate spesso come un eldorado perdono consensi, tra truffe e furti. E c’è chi chiede regole più severe

«Ho creduto a tutti gli spot, ai social media e alla pubblicità secondo cui Celsius era un conto di risparmio ad alto rendimento e a basso rischio. Ci è stato assicurato che i nostri fondi sono più sicuri presso Celsius che in banca. Questi soldi sono i miei risparmi di una vita». Così Raphael DiCicco, americano di origini italiane, ha scritto in una lettera rivolta a una corte dello Stato di New York, dopo aver perso quasi 16mila dollari per il fallimento di Celsius, piattaforma che prestava soldi al pubblico in forma di criptovalute. Sono circa 100mila i creditori di Celsius che hanno scritto lettere disperate ai giudici curatori del fallimento, come emerso ad agosto.

 

L’australiana Katie Davis ha chiesto al giudice la restituzione dei 138mila dollari che lei e il marito avevano dato a Celsius. «Il pensiero di perdere una tale somma di denaro è terrificante», ha scritto Davis. «Se non mi verrà restituita, porrò fine alla mia vita perché la perdita avrà un impatto significativo su di me e sulla mia famiglia». Celsius ha fatto un buco di 1,2 miliardi di dollari.

 

Scandalo estivo tutto italiano è invece Nft (New financial technology), dove a temere per i propri soldi sono circa 6mila persone. Indaga la procura di Pordenone. Aperta un’indagine preliminare sulla società di Silea (Treviso) che prometteva cedole del 10 per cento ai propri clienti con un investimento minimo di 10mila euro. Nft diceva di contare su un suo presunto “algoritmo” di arbitraggio, in grado di sfruttare l’oscillazione di valore delle criptovalute tra diversi mercati. Dallo scorso giugno ha smesso di versare quanto dovuto per contratto ai propri clienti, parlando di non meglio precisati problemi di cassa. Spariti i soci fondatori, forse a Dubai; così come i soldi, circa 100 milioni (secondo le prime stime). Allo stato non è chiaro se si tratta di un crac più o meno in buona fede, come Celsius, o di una truffa.

 

Estate difficile anche per chi sperava di fare guadagni stellari con TerraUsd, una stablecoin; particolare tipo di criptovaluta che dovrebbe essere “stabile”, ancorata a un valore di riferimento come il dollaro. E invece: nel giro di pochi giorni l’ancoraggio è saltato e TerraUsd è diventata come un titolo spazzatura, bruciando 60 miliardi di dollari.

 

Il confine fra truffa e “normale” flop è sottile, quando si tratta di criptovalute, di cui la più famosa è il bitcoin. Duemila investitori di TerraUsd hanno infatti denunciato l’azienda (Terraform) basata a Singapore, fondata da Do Kwon, tecno-imprenditore coreano. La accusano di scarsa trasparenza, di non avere permesso loro di capire quanto rischioso fosse l’investimento. Proprio come con Celsius. Colpevoli anche molti influencer su TikTok, Twitter e Youtube che hanno continuato a decantare facili guadagni, anche quando gli scricchiolii dell’intero sistema cripto si facevano evidenti. Le quotazioni dei bitcoin sono crollate sotto i 20mila dollari a giugno, dai massimi di 68mila di fine 2021 (per poi salire a 30mila ad agosto). Colpa di vari fattori, tra cui il rialzo dei tassi di interesse in Europa e Stati Uniti, l’inflazione galoppante, le tensioni geo-politiche. Gli investitori hanno così evitato gli investimenti ad alto rischio, come le criptovalute, ed è partito un circolo vizioso di ribassi che ha distrutto Celsius e TerraUsd, tra gli altri.

 

«Tutti questi casi si spiegano così: l’improvvisa fama delle cripto presso una massa di persone attirate da facili guadagni ma prive di competenze; parallela nascita di tante aziende con caratteristiche, tecniche e finanziarie, inadeguate a gestire questa enorme massa di transazioni», dice Stefano Da Empoli, presidente dell’osservatorio I-Com. Un incrocio fatale di domanda e offerta, insomma.

 

E chi non perde soldi per via del cattivo investimento può subire lo stesso destino per colpa dei ladri. Da gennaio a luglio 2022, sono stati rubati 2 miliardi di dollari in criptovalute tramite attacchi hacker (secondo un rapporto di Chainalysis). Il denaro è stato sottratto o dai portafogli virtuali presenti sui dispositivi degli utenti o dalle piattaforme che ne ospitavano il conto. Se derubano una banca, il correntista non perde soldi, però. E in Europa ci sono forti garanzie anche contro il suo fallimento. Tutte salvaguardie assenti nel mondo cripto, perché non previste dalle norme; almeno per ora. «Nel frattempo che arrivino norme migliori, bisogna mettere in atto alcune cautele», suggerisce Luca Fantacci, che insegna Storia economica e Scenari economici internazionali all’Università Bocconi ed è autore di “Per un Pugno di Bitcoin” con Massimo Amato (edizioni Bocconi): «Occorre chiedersi innanzitutto se le attività economiche sottostanti siano tali da giustificare i grossi rendimenti promessi. In secondo luogo, occorre sempre valutare attentamente i rischi. È bene investire, perciò, soltanto ciò che si è disposti a perdere. Infine, se non c’è chiarezza riguardo alle prospettive di rendimento o ai rischi, è meglio non investire affatto».

 

«La prima cosa da sapere è che le cripto sono prodotti ad altissimo rischio, come sottolineato dalle autorità di controllo (Consob per l’Italia ed Esma in Europa)», dice Massimiliano Nicotra, avvocato e noto consulente in quest’ambito. «Per limitare il rischio, bisogna verificare prima la solidità del progetto per il quale si richiede l’investimento, le competenze del team, il coinvolgimento della community, la reperibilità di informazioni e la trasparenza delle stesse», conferma Nicotra. Serve trasparenza, insomma, su come funzionano gli investimenti e chi ci sta dietro. Ma la vera trasparenza è possibile solo per chi ha le competenze tecniche sufficienti a capire certi meccanismi; gli esperti quindi suggeriscono di studiare prima a fondo come funzionano le criptovalute e la relativa tecnologia (blockchain). Come consenta a due persone qualsiasi, in qualsiasi parte del mondo, con una connessione a internet, di trasferire valuta in pochi minuti senza alcun intermediario. Con quest’esperienza sarebbe stato possibile sapere che «il 10 per cento di guadagno sfruttando l’arbitraggio è impossibile», dice riguardo a Nft Ferdinando Ametrano, docente alla Bicocca e fondatore di diverse aziende nel ramo, di cui è uno dei pionieri in Italia.

 

L’altro passo sono le regole. I sostenitori dei bitcoin e in generale della cosiddetta “finanzia de-centralizzata” (senza intermediari) ne sostengono ancora il valore innovativo e rivoluzionario. E non solo loro. «Nell’attuale fase di deglobalizzazione, anche i colossi della finanza tradizionale, come Citigroup e Hsbc, stanno mettendo in discussione il modello centralizzato», dice Fantacci. «La finanza decentralizzata offre la possibilità di avvicinare debitore e creditore, eliminando costi e tempi di alcune intermediazioni». E tuttavia «alcune forme di intermediazione sono essenziali perché, grazie al loro patrimonio di conoscenze, competenze e reputazione, consentono di appianare le asimmetrie informative e garantire l’equilibrio fra le controparti». Perciò non si tratta di vietare, bensì di regolamentare le innovazioni.

 

L’Europa ci lavora con una prima bozza del regolamento MiCa (Markets in Crypto asset), uscita a giugno. «Con MiCa i fornitori di servizi per le cripto-attività dovranno rispettare requisiti rigorosi per proteggere i portafogli dei consumatori e assumere la responsabilità in caso di perdite», spiega l’avvocato esperto in digitale Fulvio Sarzana. Tuttavia «non è ancora chiaro come il regolatore riuscirà a tutelare sia gli investitori sia le potenzialità di innovare e democratizzare la finanza insite nel mondo cripto», dice l’avvocato Roberto Culicchi.

 

«L’applicazione del regolamento è ancora molto lontana, inoltre e nel frattempo questo mondo resterà un Far West», riflette Ametrano. Anche se qualche passo avanti lo si vede già. In Italia ad esempio da quest’anno c’è il registro Oam dei fornitori di servizi cripto, che «aumenta sicurezza e tutela degli investitori, perché consente di distinguere gli operatori legittimi dalle iniziative velleitarie, se non addirittura fraudolente», dice Ametrano.

 

La promessa di una finanza globale alternativa, a vantaggio di consumatori e piccoli imprenditori, è ancora valida; per quanto offuscata da tutta la cattiva reputazione fin qui maturata. Stime di Chainanalysis riportano che la stragrande maggioranza delle transazioni in criptovaluta sono speculazione finanziaria pura; poi una piccola percentuale sono pagamenti a e tra criminali e riciclaggio di denaro sporco. Un intero Paese, la Corea del Nord, sfrutta le cripto per finanziarsi in barba alle sanzioni Usa. Le transazioni dirette a normali consumatori, imprenditori o esercenti, alternative all’uso di carta di credito, prestiti o bonifici, sono ancora rare.

 

«L’obiettivo è quello di ricondurre le cripto-attività all’interno di un quadro normativo chiaro, a beneficio dell’intera società. Quello delle criptovalute è del resto un fenomeno irreversibile», riassume l’avvocato Vittorio Colomba. Il regolatore prima o poi arriverà; troppo alta la posta in gioco. Le criptovalute sono parte integrante della nuova economia globale digitale. Ma nel frattempo toccherà ai cittadini studiare per non rischiare di perdere tutto in una cripto-trappola.