L’intesa siglata un mese fa prevede che la raffineria siciliana sia ceduta alla società cipriota Goi, che nega ogni legame con Mosca. Il ruolo del colosso Trafigura e la prudenza di Roma, che può esercitare potere di veto sull’operazione in base alla legge sul Golden Power

Scendono in campo le diplomazie per decidere il destino della raffineria di Priolo. Nei giorni scorsi ambienti vicini al governo americano hanno fatto filtrare la preoccupazione di Washington per un'operazione che potrebbe portare un impianto strategico per la sicurezza energetica italiana sotto il controllo di una società legata al Cremlino. A gennaio, il colosso petrolifero russo Lukoil ha raggiunto un accordo per vendere l’impianto siciliano, che vale il 20 per cento del mercato italiano, alla società cipriota Green Oil Industries (Goi).

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I sospetti Usa riguarderebbero proprio la Goi guidata da Michael Bobrov, un manager sudafricano residente da tempo in Israele. In base a quanto comunicato un mese fa, il futuro di Priolo è legato a un accordo con Trafigura, colosso mondiale delle materie prime che si è impegnato a rifornire di greggio la raffineria siciliana e a rivenderne i prodotti. Ebbene, come L’Espresso ha raccontato in un’inchiesta pubblicata a gennaio (numero 3), Trafigura negli anni scorsi era diventata il principale partner internazionale di Rosneft, l’altro grande gruppo petrolifero russo controllato direttamente dal Cremlino.

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Dopo l’aggressione all’Ucraina e le sanzioni internazionali, più volte la stessa Trafigura è stata sospettata di essere coinvolta nelle triangolazioni commerciali che hanno consentito alla società moscovita di aggirare l’embargo. Sospetti peraltro mai suffragati da prove e sempre respinti al mittente. A complicare la situazione c’è anche il fatto che Priolo dista solo una trentina di chilometri dalla base militare americana di Sigonella. E certo non aiuta il fatto che Goi abbia sede proprio a Cipro, da sempre il centro finanziario offshore preferito dagli investitori russi.

Ieri una nota ufficiale di Goi Energy ha smentito categoricamente ogni legame con Mosca, affermando che «né la società né il suo amministratore delegato, Michael Bobrov, né i suoi azionisti (diretti e indiretti) e amministratori hanno alcun tipo di collegamento con la Russia, con aziende russe, con istituzioni russe e con altri soggetti comunque riconducibili alla Russia».

L’ultima parola sulla vendita di Priolo spetta ora al governo italiano che due settimane fa con un apposito decreto della presidenza del Consiglio ha dichiarato l’impianto di «interesse strategico nazionale» e quindi sottoposto alla normativa sul Golden Power, che assegna all’esecutivo il potere di veto sulla cessione. Goi ha già depositato tutta la documentazione in risposta alle garanzie richieste dal governo ed è previsto che l’istruttoria si concluda entro la fine di marzo, come ha di recente confermato il ministro dello Sviluppo economico, Adolfo Urso.