Da venti mesi i metalmeccanici della fabbrica di Campi Bisenzio attendono un’alternativa industriale. Il tentativo di salvataggio dell’imprenditore Borgomeo è servito solo a perdere tempo e ora gli appetiti derivanti dalla speculazione edilizia si fanno più pressanti

C’è un obiettivo strategico nel caos della vertenza Gkn di Firenze o il liquefarsi di un’azienda metalmeccanica con quasi cinquecento dipendenti - oggi ridotti a 200 - è frutto di coincidenze astrali? La domanda sorge spontanea riavvolgendo il nastro degli ultimi 20 mesi di sopravvivenza della fabbrica di Campi Bisenzio, cuore industriale del capoluogo toscano.

 

Lì, in un’area industriale grande 80mila metri quadri (che fa gola a tanti, alla logistica soprattutto), fino alla sera dell’8 luglio ’21 i lavoratori si sono alternati su tre turni per produrre i semiassi del furgone Ducato. Succede poi che Stellantis riduce le commesse e la britannica Melrose Industries Plc, proprietaria di Gkn, licenzia i fiorentini comunicandolo via email. Un secondo dopo aver scoperto di non avere più un posto di lavoro, i lavoratori si riuniscono in un’assemblea permanente all'interno della fabbrica: da allora il presidio ha congelato l’impianto a quella maledetta sera di luglio.

 

Anche su pressione del ministero, Gkn nomina Francesco Borgomeo per occuparsi della faccenda: finanziere cattolico, risanatore di aziende, come la Saxa Gres che produce sampietrini da polveri di scarto degli inceneritori. Ha salvato anche la Ideal Standard e la ex Tagina, entrambe nel settore ceramiche. È presidente di Unindustria Cassino e insieme ad altri imprenditori ha rilevato l'Acqua&Terme di Fiuggi.

 

Borgomeo non si accontenta di traghettare i dipendenti di Gkn in acque sicure: a dicembre ’21 rileva l’azienda, assicurando l’ingresso di un imprenditore entro sette mesi per produrre macchinari per l’industria farmaceutica o inverter per il motore elettrico. E se il cavaliere bianco dovessero fare marcia indietro? Borgomeo è pronto a investirci personalmente. L’imprenditore cerca la fiducia dei lavoratori, che tuttavia non hanno alcuna intenzione di accordare crediti a chi, come Borgomeo, gioca a carte coperte. Chi è il vero compratore? Non lo scopriremo mai perché nel corso del 2022 la situazione precipita. La Gkn di Borgomeo presenta all’Inps svariate richieste di cassa integrazione e nel frattempo anticipa i soldi ai dipendenti. A ottobre, però, l’Inps risponde che le richieste di cassa non sono valide, perché i piani di riqualifica sono fumosi. Borgomeo ci rimane male e smette di pagare gli stipendi. Le maestranze non la prendono bene e presentano 150 decreti ingiuntivi, che i giudici accolgono. Così l’ufficiale giudiziario “pignora” a una ventina di macchinari, gli stessi che Borgomeo puntava a togliere di mezzo. Del resto, aveva promesso ai dipendenti che li avrebbe pagati presto, ma ad oggi i lavoratori non vedono lo stipendio da sei mesi.

 

A nulla è servito l’intervento della sottosegretaria di Stato del Mimit, Fausta Bergamotto, che ha convinto ministero del Lavoro e Inps a finanziare la cassa integrazione. Nel frattempo l’imprenditore ha deciso di liquidare l’azienda e punta il dito contro i lavoratori in assemblea permanente.

 

E ora? Il sottosegretario Bergamotto allarga le braccia e dice di aver provato a convincerlo a restare, anche se a dire il vero il governo avrebbe potuto giocare la carta del commissariamento. La Regione Toscana ha avviato un’azione di scouting e Valerio Fabiani, consigliere politico del presidente Eugenio Giani, aggiunge: «Ognuno ha la propria parte di responsabilità in questa vicenda, ma credo che la tensione dei lavoratori, che da sei mesi non prendono né lo stipendio, né l’ammortizzatore sociale, sia più che giustificabile. E aggiunge che nessuna impresa interessata pensa che l’occupazione di fabbrica sia un ostacolo alla reindustrializzazione». Dal canto loro le maestranze hanno avviato un crowdfunding per sostenere il proprio piano industriale, che consiste nella produzione di pannelli fotovoltaici di ultima generazione mutuando una tecnologia già utilizzata da un’azienda tedesca.

 

untavano a racimolare 75mila euro per dare il via alla società, invece ne hanno già raccolti più di 130mila. I lavoratori chiedono che la loro proposta di workers buyout venga seriamente presa in considerazione, insieme a quella dell'imprenditore Marco Barone, che punta ad avviare una produzione di assemblaggio di auto sportive elettriche, e alle altre quattro proposte pervenute alla Regione Toscana. Borgomeo accetterà di cedere la società in tempi brevi al miglior offerente? Perché il tema vero è la tempistica: le tute blu, per quanto agguerrite e decise a lottare, hanno alle spalle famiglie da mantenere e ogni settimana qualcuno lascia l'assemblea per un nuovo posto di lavoro.

 

Dicevamo che la Gkn sorge in un luogo allettante, funzionale a una speculazione edilizia a patto che gli indiani presenti sul terreno se ne vadano altrove. E se il caos Gkn fosse strumentale a una guerra di logoramento? È solo un'ipotesi, ovviamente, e Borgomeo, con tutti i problemi che ha - dalla cassa integrazione in scadenza all’ex Tagina, all’indagine della Guardia di Finanza sulla gara d’appalto per l’Acqua Fiuggi - probabilmente ha voglia di togliere il disturbo il più presto possibile.

 

Sempre che il contratto glielo permetta. Perché quali siano gli estremi dell'accordo da 2,1 milioni di “Non compete & right purchase” stipulato con Gkn il 23 dicembre ‘21 non è dato saperlo. Nel frattempo, la saga continua, sulla pelle degli “indiani” lavoratori.