L’esperto

«Con questa riforma del fisco sparisce la tassazione progressiva. E aumentano le disuguaglianze»

di Gloria Riva   18 agosto 2023

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«Il tentativo di avviare una riforma organica e strutturale non è riuscito. E preoccupano i messaggi lanciati sul contrasto all’evasione fiscale». Vieri Ceriani, già capo del Servizio Studi di Bankitalia, commenta la misura

Vieri Ceriani, già a capo del Servizio Studi di Bankitalia, consigliere economico di diversi ministri e sottosegretario al Mef ai tempi del governo Monti, cosa ne pensa della legge delega? «Il tentativo di avviare una riforma fiscale organica e strutturale non è riuscito. La riforma segnerà il definitivo abbandono del modello di imposta personale onnicomprensiva e progressiva che ispirò la riforma Cosciani dei primi anni Settanta».

 

Tutto sbagliato?
«Ha anche dei pregi, come il miglioramento del rapporto fisco-contribuente: interessante il potenziamento dell’adempimento collaborativo, in sintonia con una strategia che intende contrastare l’evasione fiscale non solo con i tradizionali strumenti repressivi, ma anche premiando i contribuenti che adempiono correttamente agli obblighi fiscali. Questa strategia della premialità merita di essere incoraggiata, assieme al potenziamento della capacità di controllo derivante dal migliore utilizzo delle informazioni statistiche e delle tecniche di individuazione del rischio da parte dell’amministrazione finanziaria. Semmai preoccupano alcune scelte e soprattutto alcuni messaggi che sembrano andare in direzione opposta al contrasto all’evasione. Bene anche la codificazione, il rafforzamento dello Statuto del contribuente e della capacità operativa dell’amministrazione fiscale, la revisione delle sanzioni, le semplificazioni, alcuni interventi sull’Iva e sui giochi. Si pongono peraltro nel solco di misure proposte in passato, molte anche dal disegno di delega del precedente governo, e sono comunque in linea con la necessità di adeguarsi ai progressi tecnologici e alla normativa dell’Ue».

 

Quali gli elementi che la preoccupano?
«La scelta della flat tax come modello di imposizione. La riforma Draghi aveva scelto il modello duale, dove i redditi da lavoro (compresi il lavoro autonomo e il contributo lavorativo dell’imprenditore) subivano un’imposta progressiva e tutti gli altri una tassazione proporzionale. Qui invece la flat tax generalizzata al 15 per cento è il disegno a cui tendere».

 

Ma non verrà realizzato. Lo scrivono anche loro, nella delega.
«Certo, ma tornerà utile nella prossima campagna elettorale. Il vero problema è il percorso di avvicinamento a quella flat tax, che vedrà la proliferazione e il rafforzamento dei regimi sostitutivi e differenziati, in linea con quanto sta avvenendo negli ultimi anni. I primi a trarne vantaggio sono autonomi e imprenditori individuali con il regime forfettario (con l’elevazione della soglia da 65 a 85mila euro di ricavi) e dell’Irpef incrementale introdotti dal nuovo governo con la legge di bilancio ’23. Gli agricoltori restano esenti. Aumenterà l’area delle erosioni e la possibilità di elusione. Nella transizione verso la flat tax cresceranno le disuguaglianze: torneremo all’antico, a un sistema incoerente di regimi differenziati, irrispettoso dell’equità orizzontale e verticale e dei principi costituzionali di uguaglianza, solidarietà, capacità contributiva e progressività».

Sul fronte delle imprese?
«È l’altro punto critico. La delega contiene alcuni principi contraddittori: annuncia una robusta riduzione dell’Ires (per gli utili accantonati) e contemporaneamente prevede, per finanziare la graduale abolizione dell’Irap, l’istituzione di una sovrimposta all’Ires. Non è chiaro quale sarebbe l’esito finale: senza sgravi compensativi l'aliquota effettiva si collocherebbe al 32 per cento, mentre oggi è al 24. Stupisce il forte dirigismo nei meccanismi di riduzione Ires, vincolato a rigide definizioni di investimenti e regole per l'aumento dell'occupazione e non è chiaro il modello d’impresa da favorire: un’impresa è avvantaggiata fiscalmente se cresce indebitandosi; penalizzata se allarga il capitale sociale; l’autofinanziamento è meno penalizzato del ricorso a nuove emissioni di capitale sociale, ma è vincolato a specifici utilizzi».

 

E la riforma del Catasto che ci chiede l'Europa?
«È sparita».