L'estratto
Homo digital Dove la mente non arriva
Si deve partire dalla fallibilità dei sistemi economici nel prevedere le crisi per capire le enormi potenzialità di calcolo dell’Ia. È la rivoluzione artificiale. Spiegata in un Manifesto
Non esiste un Manifesto dell’Intelligenza artificiale, perché non si conoscono appieno le sue enormi potenzialità. Ma è sicuro che quando verrà pubblicato conquisterà un posto nella storia come quelli di Marx, Engels, Marinetti e Spinelli. Perché anche il futuro Manifesto dell’Ia vuole elevare l’uomo dalle sue miserie senza promuovere una lotta di classe. Almeno sulla carta.
Tutti gli studiosi della rivoluzione artificiale sono convinti che si debba partire dalla fallibilità dei sistemi economici nel prevedere le crisi per capire le enormi potenzialità di calcolo dell’Ia. Essi sono convinti che, quando l’economia viene meno al suo obiettivo di generare sviluppo e di sventare le catastrofi, un algoritmo sia in grado più di un provvedimento governativo di indirizzare le scelte delle persone e nel caso proteggerle dai disastri.
La chiave di volta dell’economia comportamentale è l’atteggiamento mentale dei soggetti economici. Questa caratteristica ha a che fare con una grande varietà di elementi che lo condizionano e influenzano: dove e quando si nasce, quale educazione e percorso formativo si è fatto, la comunità in cui si vive, l’orientamento sessuale, l’alimentazione, gli stili di vita, la salute, l’uso delle reti sociali, i profili digitali personali. Persino religione e coscienza del sé sono tracciabili, anche se stanno perdendo la centralità di un tempo.
Nell’economia teorica dei modelli classici, sostiene Mario Rasetti, uno dei più grandi studiosi di Ia, il comportamento di un consumatore, dalle sue speranze e prospettive ai fallimenti nel ripagare i debiti, addirittura gli stessi prezzi delle cose acquistate non dovrebbe avere una influenza assoluta sulle scelte.
Questo principio segue quello di Joseph Schumpeter secondo cui l’innovazione si fa col prodotto e non con le modifiche dei prezzi dello stesso. Le sue decisioni sarebbero semplicemente il risultato di un’attenta valutazione di costi e benefici, che si formano grazie a concrete, ben definite esigenze e preferenze: ogni decisione sarebbe perciò razionale. L’Homo Faber e l’Homo Digital in questo caso sono la stessa persona e perseguono il progresso dell’umanità.
Nella realtà, questa idea di razionalità economica non regge. E gli anni che abbiamo alle spalle, dove è accaduto l’impensabile, lo dimostrano.
Già il concetto di razionalità limitata del premio Nobel Herbert Simon mise in crisi l’idea che il quadro economico debba essere interpretato attraverso le menti e il comportamento dei consumatori, che sono a loro volta influenzati da una serie di fattori, incluso l’ambiente in cui si sono sviluppati.
La conseguenza naturale di chi gli dà ragione e crede nell’esperienza cognitiva è che le decisioni non sono razionali, nel senso dei modelli teorici classici. Sostiene ancora Rasetti e non solo lui che non scegliamo che vita vivere esclusivamente sulla base di un calcolo razionale di costi e benefici.
La maggioranza delle nostre decisioni fondamentali, che hanno una componente economica, è regolata da priorità di valore.
A questo si aggiunge il fatto che la capacità di elaborazione delle informazioni di cui l’essere umano dispone ha severe restrizioni, dovute sia alla inevitabile incompletezza delle sue informazioni sia a limiti computazionali e logici.
Ecco che entra in gioco l’elemento del calcolo, la base dell’Intelligenza artificiale, a sostituire la componente umana.
L’economia reale, e non teorica, si deve sempre più adattare a servire una società fatta di persone che, anche nel loro aspetto di consumatori, sono agenti limitatamente razionali, che prendono decisioni in base a un sistema di valori e con una capacità limitata di ottenere o elaborare informazioni. Questa è una evoluzione dell’Homo Sapiens, che cede parte della sua sapienza appunto a favore di un istinto irrazionale dominato dal fato ma guidato dalla tecnologia che si fa comune destino. Prima era semplicemente un nuovo prodotto, altamente innovativo, a indirizzare le sue scelte. Oggi non c’è più bisogno del prodotto. Le scelte diventano prodotto medesimo. E questo ha un impatto enorme sul destino delle fabbriche e del lavoro.
Ma proprio perché le scelte comportamentali possono essere influenzate da componenti diverse da quelle ambientali, cambiano anche i protagonisti di questo nuovo sistema di viluppo. Servono perciò più filosofi che tornitori, più sociologi che saldatori, in quanto occorre imbrigliare e guidare il potere del calcolo dell’Ia che a sua volta è in grado di generare nuove identità artificiali.
È il nuovo mondo. Non va scoperto, è lui che scopre noi. Anche nei momenti più difficili.
Lo spirito guida che genera la Rivoluzione artificiale è dunque la limitata capacità dei decisori di affrontare situazioni reali in assenza di strumenti adeguati a estrarre la struttura dai dati. L’incapacità di combattere l’ignoto.
Lo si è visto con il Coronavirus, ma anche con l’invasione russa dell’Ucraina e poi con l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Nessun modello predittivo lo aveva previsto. Come nessuno si era chiesto perché degli arabi stavano imparando a pilotare un aereo senza apprendere come farlo atterrare: si era prima dell’attacco alle Torri Gemelle.
L’Intelligenza artificiale ci promette che grazie al calcolo e al potenziamento della stessa mente umana questi shock potranno essere impediti. Si tratta della costruzione di una nuova realtà, di un nuovo mercato e in fondo di una nuova società. È l’Homo Digital all’ennesima potenza. Ma quale potenza?
È una forza da maneggiare con cura, un’arma a doppio taglio, come il drone che si fa missile. In questo senso emerge chiaro l’enorme ruolo dei big data, i dati complessi individuali provenienti da una moltitudine di sorgenti. Essi sono analizzati con varie metodologie, grazie appunto all’Ia in senso ampio, combinata con modelli economici avanzati. Non sono più solo una merce di scambio ma diventano materia di produzione estranea al loro originario proprietario.
Una volta elaborati, questi dati possono rappresentare una delle migliori opzioni disponibili per sconfiggere, prevedendoli, gli shock inattesi. Questa rivoluzione avviene non a caso dopo la battaglia contro la pandemia e in piena rivoluzione digitale ed ecologica. Potrà sconfiggere anche le guerre o le genererà?
L’Intelligenza artificiale diventa la protesi attraverso cui la mente estende le sue capacità ancora sconosciute. Come un proiettore su uno schermo amplia le immagini già impresse sulla celluloide. E la mente consuma molta meno energia della macchina. Si è calcolato che il cervello umano per funzionare richiede tra i 10 e i 20 watt al giorno, mentre l’Ia di watt ne assorbe quotidianamente sei miliardi. Uno costa come una lampadina, l’altra come una centrale.
Dunque, la risposta sono le macchine.
Intelligenti. Non inquinanti. Energivore. Evolutive. Pericolose?