Economia
14 ottobre, 2025Mentre si investe, si rallenta sulle rinnovabili. E piovono nuovi incarichi
Di certo ci sono le future poltrone della nuova Authority per il nucleare. E altrettanto certo è il costo di queste poltrone: per il mantenimento dell'autorità – in stipendi, consulenze e altri orpelli – il governo è pronto a sganciare 60 milioni di euro. Serviranno, quei soldi, anche alla spesa per la propaganda pro-nucleare, ovvero 7,5 milioni di euro entro il 2026. Tutto il resto è un film di fantascienza.
Eppure il ministro Gilberto Pichetto Fratin ci crede, nel nucleare, al punto che la bozza del disegno di legge specifico, pronto per approdare al Parlamento, lo definisce “sostenibile”. Eppure la scienza ci dice che, al momento, il nucleare non è sostenibile, né dal punto di vista ambientale, tanto meno da quello economico. C'è un'altra certezza: l'elevato tasso di nascita di start up punta a sviluppare un nuovo modello di nucleare, fatto di piccoli reattori, pressurizzati con elementi diversi dall'acqua, per abbattere quel muro degli standard industriali e tecnologici che al momento è integro da settant'anni e che non ha fatto alcun passo avanti sostanziale. Su queste nuove start up pubblico e privato stanno investendo miliardi senza tuttavia aver ancora ottenuto risultati concreti: per ora il denaro investito è evaporato nel giro di pochi anni, come nel caso della Newcleo del fisico Stefano Buono. «C'è molto tifo, ma la quantità di capitale necessaria per tagliare il traguardo è enorme», ha affermato Chris Gadomski, responsabile della ricerca nucleare di BloombergNef, che paragona la corsa ai piccoli nucleari alla bolla di Internet dei primi anni Duemila.
La prefazione del World nuclear report 2025 è dedicata all'Italia. È stata scritta dall'imprenditrice Letizia Magaldi, a capo dell'associazione ambientalista Kyoto Club: «La rete elettrica, sbilanciata tra Nord e Sud, necessita di fonti programmabili in grado di compensare la generazione fluttuante delle rinnovabili. È per questo che il governo ha aperto le porte a un possibile rilancio del nucleare, puntando a raggiungere una quota fino al 22 per cento della produzione elettrica entro il 2050 da nucleare, con Small modular reactor (Smr) e Advanced modular reactor. Studi come quelli di Confindustria, Enea e EY stimano un mercato da 50 miliardi entro il 2050 e 117mila nuovi posti di lavoro. In realtà, come dimostra la storia degli ultimi decenni in Occidente, questi scenari rappresentano un'aspirazione che ha poche possibilità di realizzarsi». Magaldi è pessimista? Può anche darsi.
Ma allora lo sono anche gli economisti della Banca d'Italia che nell’occasional paper “L'atomo fuggente”, pubblicato a giugno, evidenziano come il ritorno del nucleare difficilmente avrà un impatto significativo sul prezzo finale dell'elettricità, poiché i reattori modulari rimangono investimenti ad alta intensità di capitale, caratterizzati da ritorni spalmati sul lungo periodo. Dunque, la tecnologia oggi non esiste, se ci sarà allora costerà tantissimo e se anche fosse realizzata fra 20 o 30 anni lo scenario energetico sarà radicalmente diverso da quello attuale, con batterie sempre più performanti. L'elettronica di potenza e i sistemi di raccolta energetica da eolico e fotovoltaico saranno migliorati: «Il rischio di investire sul nucleare sta nel rallentamento della crescita delle rinnovabili, che se sostenuta potrebbe raggiungere livelli superiori all'80 per cento entro la metà del prossimo decennio», avverte Magaldi.
La tecnologia a cui si vorrebbe ispirare l'Italia, cioè gli Small modular reactor è definita dal World nuclear report 2025 come Potemkin village, «villaggi con facciate spettacolari o uno spettacolo progettato per nascondere un fatto o una condizione indesiderabile», e continua dicendo che la prova dell'insuccesso degli Smr è il costante rinvio, oltre il 2030, della prova della funzionalità di questi reattori, anche se «l'industria, i politici, gli investitori e i media continuano a dipingere gli Smr come un modo indispensabile e sicuro per risolvere la crisi climatica e, più recentemente, come un modo valido per fornire energia ai data center in proliferazione. Nel mondo, la finanza pubblica ha investito 10 miliardi in questi progetti, a cui vanno aggiunti altri 5,4 miliardi di finanziamento privato». I relatori del report non potevano usare parole più dure per definire il de profundis della nuova frontiera dei piccoli reattori. Persino Gianni Vittorio Armani di Elettricità Futura e direttore di Enel, ha detto che: «Le specifiche e la complessità della normativa europea dal punto di vista della sicurezza rendono la tecnologia nucleare complicata e priva dei piani di sviluppo che altri spazi potenzialmente hanno».
Mentre tutto ciò accade, il disegno di legge delega sul nucleare comincerà a breve il suo iter parlamentare. Il testo contiene quattro articoli che si concentrano sulla creazione di un'authority per la sicurezza nucleare e nel finanziamento di «un'opportuna campagna di informazione ai cittadini sull'energia nucleare, con particolare riferimento alla relativa sicurezza e sostenibilità». Il costo della propaganda è di 1,5 milioni di euro nel 2025 e altri sei nel 2026. Lo stanziamento è propedeutico all'attività dell'authority che dovrà trovare un posto per piazzare le centrali nucleari in Italia (un Paese in cui nessun cittadino è disposto a ospitare nel proprio campo visivo una pala eolica, figuriamoci un reattore) e per lo smaltimento delle scorie, come se la Sogin – che finora è costata 11,4 miliardi di euro per la gestione degli scarti radioattivi delle vecchie centrali italiane, senza trovare ancora un sito idoneo – non fosse di per sé sufficiente.
«Il Pniec, cioè il piano per l'energia, presentato da Pichetto dice che uno scenario di energia da fonte rinnovabile al 100 per cento è possibile, ma sostiene anche che, sostituendo almeno l'11 per cento da fonte nucleare, consentirebbe di risparmiare 17 miliardi nel 2050. Abbiamo chiesto l'accesso agli atti per capire da dove venisse tale numero, ma ci è stato negato», racconta Giuseppe Onufrio di Greenpeace, laureato in Fisica, che continua: «Sulla piattaforma per il nucleare pubblicata dal governo, non c'è traccia di questi 17 miliardi e si evince soltanto un dato di costo del rifornimento dell'uranio, sorvolando sul costo degli investimenti, che sono la gran parte del costo dell'elettricità», dice il fisico.
Il governo di Giorgia Meloni sta puntando forte su progetti come quello di Newcleo creato da Stefano Buono per pianificare alleanze estere e costruire i famosi piccoli reattori modulari di nuova generazione che dovrebbero riportare l'Italia sulla scena dell'energia atomica. Il progetto è quello che Buono sta portando avanti nel centro di ricerca Enea di Brasimone, a Bologna. Newcleo ci ha investito 50 milioni di euro, mentre l'ente pubblico chi ha messo «infrastrutture, competenze, esperienze e professionalità», si legge nell'ultimo comunicato sullo stato di avanzamento del progetto, che si chiama Circe. Il comunicato risale a novembre dell'anno scorso e diceva che entro la fine del 2026 la tecnologia di un reattore di ultima generazione sicuro, affidabile e sostenibile raffreddato al piombo liquido sarebbe stato realtà. In teoria fra 12 mesi dovremmo essere in grado di avere una risposta industriale ma, come argomenta Onufrio, «sono 25 anni che si parla di questa tecnologia, ma è oltremodo complessa». Che qualcosa non funzioni nella Newcleo Spa è confermato dal fatto che ad ottobre 2025 non è ancora stato depositato il bilancio del 2024 e, in quello del 2023 ha perso 17 milioni di euro, assottigliando il patrimonio netto che trae origine da finanziatori privati.
A inizio agosto, invece, è stato pubblicato il bilancio 2024 della controllante, l'inglese Newcleo Ltd che, secondo i revisori di Pwc, non gode di buona salute, essendo a rischio «la continuità aziendale, in assenza di impegni sull'apporto di capitale» da parte di nuovi investitori. La società inglese registra perdite per 110 milioni, anche a causa dei costi del personale, esplosi fino a 69 milioni. Il 90 per cento degli azionisti è italiano ed è composto da oltre 700 tra holding, imprenditori e famiglie di primo piano come Elkann e Malacalza. Però, mentre la società inglese sembra avviata verso il declino, Buono ha spostato l'attività in Francia, dove Newcleo ha in previsione altri 3 miliardi di investimenti. Molte speranze, zero certezze. E mentre Newcleo brucia i quattrini – pubblici e privati – il 30 settembre si è chiusa la prima asta per le batterie per la rete Terna. Sono stati aggiudicati tutti i 10 gigawattora messi all'asta e ci sono state proposte per quattro volte la quantità a disposizione, mentre il prezzo di aggiudicazione è stato un terzo rispetto al premio di riserva: «Significa che la transizione in Italia piace, il prezzo delle batterie è sceso del 40 per cento. Eppure da noi il nucleare è la scommessa del futuro, che non esiste e pare proprio un segnaposto per mantenere una quota da assegnare sempre e ancora al gas».
Anche negli Stati Uniti si sta puntando forte sulla promessa dei piccoli reattori nucleari. Un articolo del Financial Times di questa settimana racconta che il governo ha investito sei miliardi di dollari su questa sperimentazione, altri tre li hanno messi gli investitori privati, ma, scrive il Ft, «permangono dubbi sulla capacità della tecnologia Smr di produrre elettricità a costi competitivi con centrali nucleari più grandi, fonti rinnovabili e gas naturale. I tentativi passati di realizzare progetti Smr negli Stati Uniti sono stati afflitti da ritardi e sforamenti di costo. Nel 2023, NuScale, il cui progetto è stato approvato dalle autorità di regolamentazione statunitensi, è stata costretta ad annullare un progetto dopo che i costi sono aumentati di oltre il 120 per cento». Gli unici tre Smr operativi nel mondo si trovano in Russia e Cina e hanno superato le stime iniziali di costo del 400 per cento. Secondo i dati di Wood Mackenzie, entro il 2030 gli Smr dovrebbero generare energia a 182 dollari per megawattora, rispetto ai 133 dollari per megawattora del nucleare convenzionale. Si prevede che il gas naturale raggiungerà i 126 dollari al megawattora, mentre l'energia eolica e solare terrestre, supportata da batterie, dovrebbe essere circa un terzo più economica.

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