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14 ottobre, 2025Ancora incognite sul governo: il "board" che doveva essere di Tony Blair potrebbe essere supervisionato dall'egiziano Al-Sisi. E gli Usa invieranno 200 uomini sul campo
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, l'ha annunciato ufficialmente al summit di Sharm el-Sheikh di ieri, 13 ottobre: da adesso inizia la seconda fase del piano di pace per Gaza.
A una condizione: quella che si rispetti integralmente il primo step degli accordi: Israele ha infatti fissato la fine di questa giornata - 14 ottobre - come termine ultimo per la restituzione dei corpi degli ostaggi rimasti in mano ad Hamas, che sarebbe dovuto avvenire già ieri: i termini del cessate il fuoco, insiste Tel Aviv, prevedeva il rilascio anche di quegli israeliani deceduti, ma ancora in mano all'organizzazione palestinese. Secondo i mediatori, il gruppo terroristico avrebbe difficoltà a localizzarli tutti, ma questa versione dei fatti non trova d'accordo tutte le parti.
Oltrepassato questo scoglio, la seconda fase dell'accordo prevede che, dopo lo scambio degli ostaggi rapiti da Israele il 7 ottobre 2023 con diversi prigionieri palestinesi, adesso venga schierata una forza di stabilizzazione internazionale, l'Isf. Per il momento, gli Stati Uniti sono i primi a prenderne parte, con l'istituzione di un centro di comando composto da 200 soldati nella base israeliana di Hatzor, che non dovrebbe oltrepassare la linea di confine con Gaza. Non sono ancora stati resi noti altri dettagli.
Le migliaia di uomini previsti dal piano dovrebbero arrivare da Qatar, Turchia ed Egitto, mentre sono in forse gli Emirati. Il Cairo e Amman addestreranno 5 mila poliziotti palestinesi. Sulla scia del loro programma, potrebbero inserirsi progetti simili condotti dai 27 Stati membri dell'Unione europea, Italia compresa.
Oltre al loro ruolo ordinario su campo, i militari dovrebbero assistere il governo (probabilmente composto da tecnocrati, ma non è ancora stato formalizzato) e il cosiddetto "board", ovvero l'organismo pensato per accompagnare la transizione che sembrava già assicurato alla supervisione dell'ex premier britannico, Tony Blair. Ma, dopo la disapprovazione di Hamas, Trump ha messo sul tavolo il nome di Al-Sisi, il leader egiziano tra i mediatori che hanno avuto un ruolo fondamentale nei negoziati di pace.
L'intesa prevede come prossimo passaggio anche quello della ricostruzione della Striscia. Tante ancora le incognite sul governo: riguardo ad Hamas, Trump ha spiegato che nella Striscia potrebbe svolgere il ruolo di polizia per un breve periodo: "Vogliono porre fine ai problemi e lo hanno detto apertamente". Ma, nel frattempo, l'organizzazione palestinese ha affermato di essere "pronta ad aprire una nuova pagina nei rapporti" con l'Autorità nazionale palestinese.
Il nodo cruciale resta, però, il disarmo di Hamas: dopo un primo sì, l'organizzazione sembra aver in parte ritrattato, proponendo una parziale rinuncia alle armi. E questo potrebbe portare l'Idf a un ritardo (indefinito) del suo ritiro dalla Striscia.
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