Economia
21 novembre, 2025Articoli correlati
Dal 2021 il Pil è aumentato del 6,6 per cento. Ma la povertà non si è ridotta e riguarda un italiano su 10. Il problema, denuncia l’ASviS, è nella distribuzione iniqua della ricchezza
Tra il 2021 e il 2024 il Prodotto interno lordo (Pil) italiano è cresciuto, al netto dell’inflazione, del 6,6 per cento. Una dinamica sostenuta, che però non ha consentito di ridurre il numero di poveri assoluti, pari a 5,7 milioni, di cui 1,3 minori. Oggi, il 9,8 per cento delle persone che vivono in Italia non può permettersi di soddisfare i fabbisogni essenziali (alimentazione adeguata, disponibilità di un’abitazione dignitosa, minimo necessario per vestirsi, curarsi, ecc.), una percentuale altissima, inaccettabile e costante da molti anni. E destinata, secondo le ultime previsioni del Governo, a restare invariata anche nei prossimi tre, nonostante la Legge di Bilancio in discussione in Parlamento. E la stessa cosa, dice il Governo, accadrà per la disparità tra ricchi e poveri: infatti, anche nel prossimo triennio il 20 per cento più ricco della popolazione guadagnerà 5,7 volte di più del 20 per cento più povero.
Ma le disuguaglianze sono forti anche tra i poveri: per esempio, tra le famiglie interamente composte da italiani solo l’8 per cento dei minori è in povertà assoluta, mentre tra quelle unicamente composte da stranieri è in tale condizione il 40,5 per cento dei minori. L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta è più alta nel Mezzogiorno (10,5 per cento delle famiglie) e più bassa nel Nord-Est (7,6 per cento). Il 22,1 per cento delle famiglie che vive in affitto è povera (un valore più che doppio di quello medio), contro il 4,7 per cento di quelle che vivono in abitazioni di proprietà.
Se si allarga lo sguardo agli ultimi dieci anni, la situazione appare in tutta la sua gravità. Nel Rapporto 2025 dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) “Pace, giustizia e diritti: pilastri della sostenibilità”, pubblicato il 22 ottobre, si mostra chiaramente come l’indice composito relativo alla povertà (che riunisce diversi indicatori statistici elementari) è peggiorato dal 2010 al 2024 (la quota di persone in povertà assoluta è passata dal 6,9 per cento del 2014 al 9,7 per cento del 2024), ma anche il numero di quelle a rischio di povertà o esclusione sociale è salito, arrivando l’anno scorso a oltre il 23 per cento della popolazione.
Insomma, la crescita economica di per sé non riduce la povertà e la ragione è semplice: la povertà è un fenomeno complesso e non coincide semplicemente con la mancanza di reddito. La ricchezza cresce nel tempo, ma se non si distribuisce in modo uniforme la povertà può aumentare; il lavoro magari si trova, ma troppo spesso è “lavoro povero”; i servizi sociali non tengono il passo con le necessità, cosicché la fragilità temporanea diventa strutturale.
Nel caso dell’Italia il modo in cui funziona il sistema economico e l’orientamento delle politiche pubbliche continuano a produrre disuguaglianze: nel 2023 il 10 per cento più ricco deteneva il 60 per cento della ricchezza netta complessiva, il 50 per cento più povero ne possedeva appena il 7 per cento. I ricchi hanno visto la propria quota crescere del 7 per cento rispetto al 2010, a scapito di quella della classe media. La ricchezza di chi è già ricco è cresciuta del 29 per cento, anche grazie all’andamento delle azioni e di altri strumenti finanziari.
Ovviamente, le politiche possono fare molto, ma anche fare poco o nulla. Per esempio, il progressivo smantellamento del reddito di cittadinanza, prima ridimensionato e poi sostituito dall’assegno di inclusione, ha ridotto significativamente la platea di famiglie prese in carico. Come sottolinea da tempo l’ASviS, le misure di sostegno alla povertà e i servizi territoriali presentano lacune: risorse limitate, criteri di accesso poco inclusivi, forti divari territoriali. Per questo servirebbe una revisione profonda degli strumenti esistenti, ma nulla del genere è all’orizzonte, a leggere le proposte inserite nella Legge di Bilancio.
Le esperienze internazionali dimostrano che per battere la povertà serve superare l’idea che qualche decimale di crescita del Pil o la creazione dell’occupazione purché sia risolvano il problema, e perseguire uno sviluppo sostenibile e inclusivo, in cui valga pienamente il principio guida dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: “Nessuno sia lasciato indietro”. Tra le linee d’azione prioritarie, l’ASviS include la revisione del sistema fiscale per renderlo più progressivo, il recupero dell’evasione e la riduzione dell’elusione, la riduzione del peso della fiscalità sulle classi medio-basse. Fondamentali sono le politiche attive del lavoro e la valorizzazione di giovani e donne. Un Piano nazionale per la partecipazione femminile al lavoro, la formazione continua e misure per l’occupazione giovanile devono diventare strumenti per garantire che tutti abbiano accesso a un lavoro dignitoso. Per quel che riguarda invece il rafforzamento del welfare e dei servizi di prossimità, per un Paese che non lascia indietro nessuno sono condizioni essenziali: un reddito minimo adeguato, servizi sociali territoriali forti e politiche integrate per ridurre i divari tra Nord e Sud.
“Non lasciare nessuno indietro” non è uno slogan, ma deve diventare una scelta collettiva e persistente nel tempo. Deve essere il criterio con cui misurare la qualità delle politiche pubbliche e la coesione della nostra società. Ricostruire la fiducia nelle istituzioni, dare prospettive ai giovani, alle donne, ai territori più fragili significa onorare l’impegno, ora scritto anche nella nostra Costituzione, dopo la revisione del 2022, per uno sviluppo sostenibile da tutti i punti di vista, “anche nell’interesse delle future generazioni”. Se la povertà non è solo una condizione materiale, ma la misura di quanto una società sa prendersi cura di se stessa, i dati dimostrano chiaramente che non ci stiamo prendendo cura di noi stessi e non intendiamo farlo neanche in futuro. Vogliamo smetterla di attendere che qualcun altro risolva il problema al posto nostro?
*Direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)
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