Economia
5 novembre, 2025Le esperienze e le modalità di acquisto per abiti e accessori sono cambiate. E i player del settore cercano un confronto e fanno squadra con le istituzioni per combattere le giacenze di magazzino e il fast fashion imperante che penalizza la qualità del prodotto
Quasi un consumatore su due non ha un marchio preferito ma cresce la fiducia verso marchi di nicchia. E' quanto emerge dallo studio "Brand Connection-The Age of Meaningful Brands" condotto da Deloitte su un campione di oltre settemila intervistati in sette paesi fra cui il nostro. E, per un italiano su tre, il contatto umano con il personale fa ancora la differenza. Soprattutto per ciò che riguarda abbigliamento e accessori. Sul piano generazionale, sono gli over 55 a volere maggiori interazioni con il venditore, cercando competenza, empatia e consigli. In due parole: Costumer Experience.
In questo contesto diventa sempre più importante il ruolo dei negozianti multibrand sparsi per la penisola. "Nel corso degli anni abbiamo dato voce a oltre 600 boutique da Nord a Sud, sostenendo un sistema che è stato in grado di rinnovarsi senza mai tradire le proprie radici fondate su selezione, relazione, qualità, eccellenza", sottolinea Maura Basili, Presidente Camera Buyer Italia che quest'anno compie 25 anni. "Cosa chiediamo al Governo? Di aiutarci a superare l'individualismo che spesso ha frammentato il nostro comparto e di porre l'attenzione sul problema dello sgravio dei magazzini da smaltire: si torna a comprare nelle boutique. Non solo vestiti ma anche lifestyle".
"Il retail specializzato oggi si confronta con un eccesso di magazzino dovuto a una combinazione di fattori, esogeni ed endogeni: da un lato la stagnazione dei consumi interni e la polarizzazione del potere d'acquisto rendono più difficile prevedere la domanda, con prezzi e promozioni che assumono maggiore importanza come driver d'acquisto, dall'altro l'emergere di tensioni internazionali e le barriere commerciali che hanno modificato i flussi di esportazione e importazione stabilizzatesi in precedenza. Prodotti che trovavano sbocco all'estero oggi tendono a rimanere fermi in Italia mentre alcune merci straniere destinate ad altri mercati come gli Stati Uniti vengono reindirizzate verso l'Europa", spiega Benedetta Brioschi, Partner e Head of Food&Retail e Sustainability THEA Group a margine del "Venice Sustainable Fashion Forum 2025", il summit dedicato alla transizione sostenibile della filiera moda promosso da Confindustria Moda, Confindustria Veneto Est e The European House-Ambrosetti. "In questo scenario ricco di complessità, la sfida per il retail specializzato è rendere i propri modelli di gestione dello stock più flessibili. Servono strategie integrate che combinino una pianificazione dinamica della domanda, strumenti digitali di previsione e un maggior coordinamento lungo la filiera produttiva", conclude Brioschi.
"Il commercio di prossimità vive un momento di grande sofferenza ed è stato sostituito da monomarca e piattaforme online che penetrano e invadono il mercato, incentivando soprattutto i consumatori più giovani a fare acquisti compulsivi. Da qui il fenomeno dilagante del fast fashion, la velocità che prevale sulla qualità. E' questo il modello che i social raccontano alle nuove generazioni. Ma, in questo modo, perdiamo l'intera filiera della manodopera specializzata. E anche il gusto per il bello", chiosa Luca Sburlati, Presidente Confindustria Moda.
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