Salute
5 novembre, 2025Sei italiani su dieci lo collocano in cima alle necessità sanitarie, secondo solo al cancro. Depositate in Cassazione le 50mila firme necessarie per un provvedimento
Più della metà delle persone che la mattina si stringono nel vagone della metropolitana ha problemi di insonnia. Il 70 per cento dei giovani fuori dalle università fra una lezione e l’altra o che hanno appena cominciato a lavorare convive con sbalzi d’umore o sintomi dello spettro depressivo. Una persona su cinque che si fa largo nella folla mentre attraversa la città ha assunto ansiolitici, antidepressivi, antipsicotici o stabilizzanti dell’umore.
La salute mentale in Italia è una questione di ordini di grandezza. È difficile riassumere l’impatto dei diversi disturbi psichici in modo univoco attraverso dei dati – quelli citati finora si riferiscono al Rapporto Italia di Eurispes dello scorso anno – ma, per quanto empiriche o parziali, tutte le analisi raccontano che la cura del benessere psicologico è una priorità per un numero sempre più crescente di persone.
Secondo l’ultimo Health Service Report di Ipsos, uscito a inizio ottobre, il 41 per cento degli italiani pensa che i disturbi psichici siano il problema di salute principale del Paese – secondo solo al cancro, indicato dal 60 per cento del campione – nel 2024 era il 35 per cento e nel 2018 solo il 18 per cento.
«C’è bisogno di una rete psicologica nazionale. È necessario portare la psicoterapia all’interno delle scuole, delle classi, nei luoghi di lavoro, nelle università, nelle carceri», commenta Francesco Maesano, uno dei fondatori dell’associazione Pubblica, che il 14 maggio ha depositato in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare per istituire una rete di “servizi pubblici per il benessere psicologico”. Il progetto prevede l’assunzione di più di 40mila psicologi all’interno del Sistema sanitario nazionale per creare un sistema in grado di intervenire direttamente nelle comunità e nei contesti dove si generano i traumi offrendo una risposta calibrata sulle esigenze specifiche delle persone. Lo scorso 20 ottobre l’appello di Pubblica ha raggiunto le 50mila firme necessarie a portare il testo in Parlamento, fino al 10 dicembre ci sarà tempo per aggiornarne il numero: «Ogni firma in più aumenta il peso politico dell’iniziativa. Vogliamo creare un sistema pubblico e gratuito che superi la dinamica dello sportello. La psicologia non può più essere un lusso, deve diventare un diritto per tutte e per tutti».
L’accesso alle cure psicologiche è soprattutto un tema di giustizia sociale. L’edizione 2025 del rapporto Mental health promotion and prevention dell’Ocse evidenzia come in Italia non si arrivi a uno psicologo pubblico ogni 10mila abitanti. Per dare un termine di paragone in Austria sono dodici, in Spagna 5,5, in Canada e in Francia cinque e nel Regno Unito 3,6. Il numero di psicoterapeuti nel Sistema sanitario riflette la mancanza di fondi. Come riporta uno studio pubblicato a inizio anno da The European house Ambrosetti, i finanziamenti per il trattamento dei disturbi psichici ammontano al 3,4 per cento della spesa sanitaria nazionale, dato più basso fra i Paesi europei ad alto reddito. In Francia lo stesso rapporto è al 15 per cento, in Germania all’11,3 per cento, nel Regno Unito al 10,3 per cento e in Svezia al 9 per cento.
«Non essendoci una risposta adeguata dal sistema pubblico, otto persone su dieci si rivolgono al privato e questo vuol dire che chi non se lo può permettere semplicemente non si cura», spiega David Lazzari, membro del comitato scientifico che ha scritto la proposta di legge di Pubblica e dal 2020 al 2024 presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi. «In Italia ci sono più di 140mila professionisti iscritti all’albo. È un numero importante e potrebbe aiutare a spostare il focus sulla prevenzione, non possiamo aspettare che i problemi si aggravino per poi curarli solo quando sono in una fase più avanzata. Al momento una su cinque delle situazioni di disagio viene intercettata e solo una su 15 riceve un trattamento adeguato».
Tre quarti delle firme a sostegno dell’iniziativa di Pubblica sono di donne sotto i 27 anni. È un dato che non riflette uno squilibrio fra uomini e donne nell’accesso alle cure psicologiche – per l’esperienza di Lazzari, oggi circa il 40 per cento dei pazienti che scelgono di intraprendere un percorso di psicoterapia sono uomini – ma testimonia che rimane una forte resistenza da parte degli uomini a parlare di salute mentale. Secondo Maesano la sproporzione racconta anche che il ruolo sociale della psicoterapia viene percepito dalle donne come una possibilità per contrastare le dinamiche patriarcali: «Penso che le giovani vedano nella nostra proposta una protezione rispetto alla violenza, una forma di prevenzione rispetto alla possibilità di avere a che fare con un partner prevaricante. La presenza di uno psicologo nelle scuole obbliga a una vera educazione alle relazioni».
Tornando agli ordini di grandezza, la mancata gestione dei disturbi psichici comporta anche un costo economico che in Italia, secondo l’Ocse, arriva a 88 miliardi di euro, circa il 4 per cento del Pil del Paese. Oltre alle risorse spese direttamente dal Sistema sanitario per erogare le cure e i trattamenti, la stima comprende l’impatto sull’economia della minore produttività del lavoro, dell’assenteismo e della pressione sui servizi sociali.
«Una volta a regime gli interventi che vogliamo mettere in campo costeranno 3,3 miliardi», racconta Maesano: «È una cifra che alla luce dei dati non va considerata solo come un costo. Vogliamo che la politica si confronti con noi sull’importanza di finanziare la psicologia. L’investimento sulla salute mentale è quello più sottovalutato fra tutte le voci di spesa pubblica».
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