Economia
marzo, 2025

Se fai clic macellano la tua vita

Agenti della Polizia Postale al lavoro nella centrale operativa di Roma per contrastare le truffe digitali
Agenti della Polizia Postale al lavoro nella centrale operativa di Roma per contrastare le truffe digitali

Si chiama “pig butchering” ed è una delle truffe online più pericolose ma meno conosciute. Chi ne è vittima può perdere migliaia di euro. E subire contraccolpi psicologici

La discesa nell’abisso per Veronica, nome di fantasia, comincia con un (finto) video di Chiara Ferragni su Instagram. «Uno di quelli in cui i truffatori con l’intelligenza artificiale fanno dire a persone famose cose inventate, per ingannarci», spiega a L’Espresso. La sua storia finisce con 200mila euro in meno sul conto, rubati dai criminali. Per Veronica e molte altre vittime, però, la truffa continua. Con uno strascico di vergogna e mortificazione, oltre che per le conseguenze economiche del caso. «I miei due figli non sanno ancora che ho perso così tanto». Si chiama pig butchering, letteralmente “macellazione del maiale”, ed è forse il più grande business criminale sconosciuto al pubblico. Secondo alcune stime, vale 500 miliardi di dollari l’anno, cioè quanto il traffico degli stupefacenti. Con una differenza importante, però: è un crimine che può colpire chiunque. «Nessuno deve sentirsene al riparo», dice Paolo Dal Checco, tra i più noti ingegneri forensi, che sta aiutando Veronica nel provare a recuperare il maltolto. La sua storia è abbastanza tipica. «La finta voce di Ferragni parlava di un modo facile per guadagnare soldi con le criptovalute – racconta Veronica – Ho cliccato su un link, messo i miei dati. Dopo un’ora mi hanno chiamato. Una voce di un uomo giovane, con accento romano».

 

«In Italia abbiamo trovato batterie di call center dedicate a questa truffa, in Veneto e Lombardia, ma chiamano anche dall’Albania», spiega Ivano Gabrielli, direttore del Servizio polizia postale e delle comunicazioni. «Sono persone collegate alla piccola criminalità nostrana, di solito, ma abbiamo anche rilevato legami con camorra e mafia albanese. Più di rado, sono ivoriani e nigeriani», aggiunge. Veronica, un passato come head hunter a Milano, insegna yoga. «Stupidamente mi sono fatta sfuggire con loro che avevo appena venduto la casa che avevo con il mio ex marito».

 

È proprio una caratteristica di questi truffatori entrare in intimità con le vittime, carpirne confidenze e conquistarne la fiducia. «Nei call center usano script, come quelli del telemarketing, con le cose da dire, le tecniche psicologiche da usare», dice Gabrielli. «Di criptovalute non ne capisco nulla, mi sono fidata. Mi hanno fatto fare bonifici per comprarle. Li ho fatti entrare nel mio pc per fare le operazioni – aggiunge Veronica – Ho scoperto però che con quegli accessi spostavano i miei soldi sui loro conti». I truffatori fanno vedere, su un’app, che quei soldi stanno generando profitti importanti, ma è tutto finto.

 

La macellazione continua fino all’ultimo pezzo del “maiale”: questa è la terminologia usata dagli stessi criminali. La vittima chiede di ritirare soldi? Loro si inventano che i fondi sono bloccati all’estero e bisogna pagare tasse e commissioni. «L’ho fatto, ma i soldi non mi arrivavano. Mi hanno quindi detto che c’era un’altra commissione, da 50mila euro. A quel punto ho cominciato a capire», dice Veronica, che ha chiesto aiuto a Dal Checco e a un avvocato. Ma la storia continua. «Anche in questi giorni mi hanno contattato per quella commissione. Ma l’assurdo è cominciato non appena ho smesso di fare quello che mi chiedevano». A quel punto erano in due che si alternavano al telefono. «Cominciano a fare minacce velate. “Salutami i tuoi figli”, di cui però non avevo mai parlato».

 

In altri casi i truffatori hanno basato tutto sulla seduzione. Marcello, altro nome di fantasia, è un musicista in età da pensione, compositore per artisti famosi. «Si stava separando dalla moglie quando ha ricevuto un messaggio WhatsApp da una presunta donna asiatica, che ha instaurato con lui una fittizia relazione a distanza per poi convincerlo a investire in cripto», spiega Miriam Ansaldi, presidente dell’associazione World Romance Scam, dotata di esperti giuridici, tecnici e psicologi, da nove anni a supporto delle vittime. «Alla fine ha perso 100mila euro. È caduto in depressione, non voleva più lavorare. Aveva perso fiducia nelle proprie capacità, continuando a incolparsi per l’accaduto. Ci ha messo un anno per uscirne», aggiunge. «Questi truffatori sono istruiti dalle loro organizzazioni per capire la tua vulnerabilità, che può essere la solitudine o il forte desiderio di una svolta economica. E la sfruttano fino in fondo», spiega Dal Checco. Ecco perché le vittime ne escono devastate, non solo nel portafoglio. Ad andare in frantumi è la fiducia in sé stessi e negli altri. Non a caso il nome della truffa evoca i maiali al macello. «Si impegnano a prendere tutto dalle vittime, fino all’ultimo pezzo – dice Gabrielli – Arrivano anche a contattarle fingendosi avvocati o società di recupero crediti e promettendo di aiutarle a recuperare il maltolto». In cambio degli ultimi soldi rimasti, ovviamente. 

 

Il termine internazionale pig butchering è una traduzione dal cinese. La truffa è nata in Cina e colpiva solo in patria, a opera delle triadi (la loro criminalità organizzata), ma dieci anni fa il Partito comunista l’ha affrontata con una guerra senza confini. Ha arrestato centinaia di migliaia di persone e fatto pressioni sui governi di Cambogia e Myanmar. In quei due Paesi ci sono le batterie di call center più potenti al mondo, addirittura con piccole cittadine nate allo scopo, come emerge anche da un’inchiesta globale del giornale inglese The Economist che ha dedicato al tema un podcast di circa sei ore, uscito qualche giorno fa.

 

Il Partito comunista cinese ha persino mobilitato il proprio enorme apparato di propaganda, producendo film, spettacoli televisivi e canzoni per mettere i cittadini in guardia. Anche per questo i criminali sono stati spinti a colpire gli occidentali. Soprattutto negli Usa, dove hanno sottratto 12,5 miliardi di dollari nel 2023 (in crescita del 22 per cento). «In Italia siamo sui 200 milioni di euro», dice Gabrielli. Tra le vittime più importanti, il direttore di una banca del Kansas, Shan Hanes, spinto a dare fondo alle proprie sostanze (un milione di dollari), a rubare 47 milioni dalla banca e 40mila dollari dalla chiesa locale dov’era un pastore part time. Hanes, manager cinquantenne stimato dalla propria comunità, ad agosto è stato condannato a 24 anni.

 

È un crimine globale e con più livelli. Economist ha appurato che i truffatori riciclano il denaro in attività lecite come la pubblicità del gioco d’azzardo o palazzi nel quartiere della moda di grandi città europee. Quelli cinesi collaborano anche con il narcotraffico sudamericano. Prima di incassare i soldi rubati, li fanno passare da vari conti, normali o di criptovalute, tramite prestanomi contattati con la promessa di guadagni facili. Queste persone, chiamate “muli”, sono tra le prime a finire arrestate. I meccanismi sono così complessi che le autorità riescono a recuperare solo una piccola parte dei soldi, contando sulla collaborazione di qualche exchange (gestore di conti) di criptovalute. La principale difesa è la prevenzione, quindi: «Diffidare degli sconosciuti, verificarne sempre l’identità, non dare mai accesso ai propri conti o strumenti informatici”, dice Marco Camisani Calzolari, divulgatore tecnologo. Il problema è che «queste truffe non le conosce nessuno», come dice sconsolata Veronica. Oltre alla Cina, solo Singapore ha fatto una campagna massiva di informazione e ha creato una task force di collaborazione tra polizia, banche, exchange.

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