La scelta potrebbe essere la conseguenza del crollo dei mercati di tutto il mondo e delle pressioni dei grandi investitori. Elon Musk pubblica su X un video dell'ideologo del neoliberismo, Milton Friedman

Anche molti big di Wall Street cominciano a esporsi contro i dazi voluti da Donald Trump. E il presidente starebbe valutando una sospensione di 90 giorni delle imposte per tutti i partner commerciali, a esclusione della Cina. Tuttavia, la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt derubrica questa ipotesi come una "fake news". Fatto sta che il mercato azionario statunitense, dallo scorso 17 gennaio, data dell’Inauguration day, ha bruciato quasi 10 mila miliardi di dollari. Una cifra astronomica, di cui circa la metà andata in fumo in appena 48 ore dopo l’annuncio delle nuove misure protezionistiche da parte del tycoon. E anche questa settimana è iniziata con il segno meno, con Wall Street che ha aperto in profondo rosso con un meno 4 per cento. Tra i nomi che ora stanno alzando la testa e chiedendo che le tariffe vengano sospese e riviste ci sono anche noti sostenitori dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Come Bill Ackman, il fondatore-miliardario dell’hedge fund Peshing Square Capital Management, che in campagna elettorale ha endorsato Trump, ma che ora chiede “un time out di 90 giorni” per aprire negoziazioni con altri Paesi. “Se (…) lanciamo una guerra nucleare economica contro ogni Paese del mondo, gli investimenti aziendali si fermeranno, i consumatori chiuderanno i loro portafogli e le loro tasche e danneggeranno gravemente la nostra reputazione con il resto del mondo, che richiederà anni e potenzialmente decenni per essere riabilitata”. Poi ha aggiunto: “Non è questo ciò per cui abbiamo votato”. Su X Ackman se l’è presa anche con il segretario al Commercio, Howard Lutnick, sostenendo che “lui e Cantor (società di investimenti, ndr) sono lunghi sulle obbligazioni, lui guadagna mentre la nostra economica implode” e che “esiste un conflitto di interessi inconciliabile” (salvo poi correggere il tiro con un altro post su X).

I timori della finanza statunitense

Nonostante Trump continui a ripetere di “non andare nel panico” e che “è un ottimo momento per arricchirsi”, altri pezzi grossi della finanza americana iniziano a lamentarsi. “Il Liberation day è stato uno scontro durissimo - ha scritto ai propri dipendenti il capo del team hedge-fund di Goldman Sachs, Tony Pasquariello - la durezza delle misure ha sorpreso perfino i falchi più accaniti che conosco”. Per il co-presidente di Oaktree Capital, Howard Mark, intervistato da Bloomberg, il passaggio “dal libero commercio e dalla globalizzazione a un sistema che impone pesanti restrizioni in ogni direzione (…) rappresenta un passo verso l’isolamento degli Stati Uniti”. Per l’investitore Dan Loeb la nuova politica commerciale statunitense “sarà un banco di prova. Capiremo se l’amministrazione saprà scegliere il buon senso o l’ideologia”. E anche Stan Druckenmiller, storico investitore e repubblicano di vecchia data, ha detto di “non appoggiare i dazi superiori al 10 cento”. I timori del mondo della finanza sono confermati dalle nuove stime di JP Morgan, che hanno alzano la probabilità di una recessione mondiale dal 40 al 60 per cento entro la fine dell’anno.

Anche Musk contro i dazi?

Ma alla lista dei tanti che si stanno esponendo contro i dazi potrebbe aggiungersi anche Elon Musk. Il condizionale è d’obbligo, perché la comunicazione del patron di Space X e Tesla (che già prima dell'annunci aveva scritto una lettera per mettere all'erta sui rischi di nuove tariffe doganali), nonché membro dell’amministrazione statunitense (anche se, secondo indiscrezioni, ancora per poco), è spesso volutamente criptica. Sabato 5 aprile, ospite in videocollegamento al congresso della Lega che ha confermato Salvini alla guida del partito, Musk aveva auspicato la creazione di una “zona libera commerciale” in una situazione di “zero tariffe doganali” tra Unione europea e Stati Uniti. Oggi - 7 aprile - il secondo segnale pubblicato sulla sua piattaforma, da molti interpretato come un chiaro messaggio a Trump. Il miliardario ha postato un vecchio video di Milton Friedman, tra i principali sostenitori del libero mercato e ideologo del neoliberismo fatto tornare in auge a cavallo tra gli anni ’70 e ‘80 dalla premier britannica Margaret Tatcher e dal presidente Usa Ronald Reagan

 

Nella clip, l’economista premio Nobel nel 1976 (scomparso nel 2006) in cui l’economista illustrava con una matita in mano la necessità di un commercio senza restrizioni. “Una persona sola non può fabbricare questa matita”, afferma Friedman. “Vi sembra una strana dichiarazione? Niente affatto. Il legno viene da un albero tagliato nello stato americano di Washington. Per tagliare l’albero ci è voluta una sega. Per fare la sega ci è voluto l’acciaio. La grafite della punta penso che venga da qualche miniera in Sud America. La gomma per cancellare viene probabilmente dalla Malesia, il cinturino metallico o la vernice gialla o la colla che tiene tutto insieme, non ho la minima idea da dove vengano. Quello che intendo è che non una sola persona bensì letteralmente migliaia di persone hanno collaborato per costruire questa matita. Persone che non parlano la stessa lingua, che non hanno la stessa religione, che magari si odierebbero gli uni con gli altri se si incontrassero. Cosa li ha portati a lavorare insieme per fare una matita che voi potete comprare per pochi soldi? Nessun ordine dall’alto di qualche commissario governativo. È stata la magia del sistema dei prezzi. Ecco perché il libero mercato è così essenziale, non solo per promuovere efficienza economica ma ancora di più per favorire pace e armonia tra i popoli della terra”.

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