Economia
16 luglio, 2025Nel 2024 l’export agroalimentare italiano verso gli Stati Uniti ha raggiunto 7,8 miliardi di euro. Dominga Cotarella: “Si rischia una perdita tra i 2 e i 3 miliardi di euro. Un danno enorme per tutta la filiera"
C’è una partita in corso, tutta politica, per arrivare a un accordo il meno dannoso possibile entro il prossimo primo agosto, per scongiurare l’introduzione annunciata da Donald Trump di dazi al 30 per cento sulle merci europee esportate negli Stati Uniti. Spaventano le conseguenze negative sull’economia italiana: il nostro è il secondo Paese Ue per export oltreoceano dopo la Germania. L’ultimo appello è arrivato da Dominga Cotarella, presidente di Campagna Amica, la fondazione di Coldiretti per valorizzare l’agricoltura italiana: “Se (i dazi, ndr) verranno confermati, rappresenteranno un colpo mortale per il Made in Italy e per le famiglie americane”, ha detto in un colloquio con Borsa&Finanza. “La sensazione – ha aggiunto – è che ci sia una divisione preoccupante tra gli Stati membri e le istituzioni europee. Se davvero questi dazi entreranno in vigore entro il 2025, sarà il fallimento politico di Ursula Von der Leyen”.
Solo nel 2024, l’export agroalimentare italiano verso gli Stati Uniti ha raggiunto 7,8 miliardi di euro, con una crescita del 17 per cento rispetto all’anno precedente. Prima del ritorno di Trump alla Casa Bianca e della sua guerra commerciale, le stime per il 2025 raggiungevano i nove miliardi di euro. Ora, “il rischio concreto una perdita tra i 2 e i 3 miliardi di euro. Un danno enorme per tutta la filiera, dai piccoli produttori fino alle grandi imprese”, ha denunciato la presidente della fondazione promossa da Coldiretti.
Le aliquote potenziali sono particolarmente alte: si stima infatti che si arriverà a un +45 per cento per i formaggi, +42 per cento per i derivati del pomodoro, +36 per cento per la pasta farcita e +35 per cento per il vino. “Numeri che scoraggiano qualunque importatore americano. Nessuno si prenderà il rischio di investire in un prodotto che non può più essere competitivo”. È qui che entra in gioco una richiesta di cambiamento, una chiamata all’Europa perché torni ad ascoltare le sue radici. “È inaccettabile – ha sottolineato Cotarella – che l’Ue finanzi impianti di vigneti in Sudafrica o nei paesi Mercosur, mentre il nostro vino viene ignorato. Stiamo perdendo il senso delle priorità”.
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