Economia
17 luglio, 2025Pozzi nei Paesi in via di sviluppo. Abiti confezionati da persone in difficoltà. Le aziende insignite con il premio Navarro Valls provano che affari e sociale possono camminare insieme
Non solo profitti. È possibile essere imprenditori con l’anima. Mettere capacità, entusiasmo e visione al servizio della collettività. È possibile non pensare solo al guadagno ma anche al bene sociale, ai bisogni, concretissimi, delle persone. Nella vita tutto parte dallo “sguardo”, e anche se le imprese di Silvano Pedrollo e Anna Fiscale hanno dimensioni diverse e diverso è il loro business, identico è lo sguardo che hanno sulla realtà. Attento a chi vive difficoltà, in Italia o altrove.
Silvano Pedrollo ha fatto costruire e donato 1.500 pozzi nelle nazioni in via di sviluppo. «O forse 2.000 – dice – non ho tenuto la contabilità precisa». Dall’Angola al Mozambico, dall’Ecuador al Paraguay, dal Bangladesh all’India passando anche dall’Europa: i pozzi di acqua potabile cambiano la vita delle persone, permettono coltivazioni e mutano il volto di un villaggio. Ma Pedrollo ha costruito anche ospedali, biblioteche, scuole, e finanzia gli studenti più meritevoli perché possano continuare gli studi. «Tutto è iniziato quando sono andato nei Paesi arabi. Avevo letto che lì l’acqua era preziosa più del petrolio e sul posto l’ho verificato, sono tornato e ho fondato un’impresa che costruisce pompe idrauliche. Le cose sono andate subito molto bene, più di quanto ci si poteva aspettare. Mi sono detto: adesso devo fare la mia parte, non contano solo i guadagni, tante persone nel mondo hanno bisogno, occorre aiutarle».
Oggi la Pedrollo S.p.A è leader mondiale nella costruzione di pompe idrauliche. Ha 260 milioni di fatturato, 500 milioni il fatturato del Gruppo, che ha acquisito anche altre aziende, in Germania e altrove. «Le pompe idrauliche che arrivano in Africa possono arrivare a costare, con i vari passaggi, fino a 10mila euro. Nessuno se le può permettere. Qui da noi posso costruirle con 500 euro. Ci arrivano richieste da Paesi dei vari continenti. Ben 2 milioni di persone hanno finora beneficiato del nostro impegno. Abbiamo costruito ospedali, aiutato medici ad andare lì, abbiamo edificato scuole dove non c’era nessuna possibilità di istruzione, e gli studenti più meritevoli li aiutiamo a frequentare l’Università. La loro vita sarà diversa per sempre, e l’idea di aver avuto la possibilità di contribuire a cambiare la vita a persone che non incontrerò mai è bellissima».
Gli episodi che ha accumulato in una vita li racconta con emozione. Ricorda il giorno in cui è andato in un villaggio per l’inaugurazione di un pozzo, e una donna gli ha versato addosso un secchio d’acqua. «Ero stupito quanto bagnato, ma che gioia quando mi ha detto: è il mio modo di dirle grazie, le ho regalato la cosa più preziosa che abbiamo, l’acqua». O quando, dopo aver aiutato un missionario cattolico nel costruire un pozzo, questi lo chiamò per dirgli che non funzionava perché non c’era l’energia elettrica.
«Gli abbiamo fornito e installato un generatore di corrente. Il capo villaggio ha decretato due mesi di festa, e c’erano persone che venivano da cento chilometri per vedere quei piccoli, inspiegabili soli che splendevano nella notte: non avevano mai visto le lampadine». In Bangladesh gli chiesero un pozzo che consumasse pochissima energia. Pedrollo riuscì a crearne uno che consumava come una lampadina. I raccolti di riso triplicarono, quando andò c’erano 60 giornalisti ad aspettarlo. «Diventai amico del Premio Nobel che ha inventato il microcredito, e il presidente della Banca Mondiale mi disse: voi italiani riuscite a fare meraviglie con oggetti che costano come tre pizze, noi con i nostri grandi finanziamenti non riusciamo a fare niente di equiparabile». Pedrollo è schivo, per moltissimi anni non ha accettato interviste: «Non c’è merito: se hai ricevuto tanto devi dare, è una cosa semplice, e dà grande soddisfazione». I premi, occorre convincerlo ad accettarli: «Mi è stato detto che far conoscere quello che facciamo può incitare altri a fare del bene». Ha appena ricevuto il Premio internazionale per la leadership e la benevolenza Joaquín Navarro Valls, promosso dalla Fondazione Policlinico Campus Biomedico.
Con Pedrollo è stata premiata un’altra imprenditrice, Anna Fiscale, 37 anni, tre figli piccoli. Lei ha creato Quid, un’azienda interamente non profit, che fattura 8 milioni l’anno, e impiega 160 dipendenti con fragilità, quasi tutte donne: donne che hanno subìto violenza, o disabili, o vittime della tratta sessuale, o in estrema povertà. Vengono pagati gli stipendi, e i guadagni reinvestiti nell’impresa.
Il business? «Chiediamo a grandi brand del lusso le loro rimanenze, i tessuti non utilizzati ce li danno gratis o a prezzi enormemente agevolati, e noi creiamo nuovi capi o accessori unici, in un percorso virtuoso che evita gli sprechi, crea profitto, e aiuta persone che hanno bisogno, i nostri dipendenti». A Fiscale l’idea è venuta quando aveva 20 anni. Due lauree e Master a Sciences Po a Parigi, ha proposto a un’azienda del territorio la sua idea, ed è piaciuta. «Con il mio socio siamo andati da un grande imprenditore della nostra zona, Sandro Veronesi di Calzedonia, che ci ha detto: il business plan funziona, l’idea è bella, vi cedo i miei tessuti e per partire vi do 15mila euro». Quid ha aperto anche due laboratori nel carcere di Montorio, a Verona. Ci lavorano 25 persone, uomini e donne. Per 3 mesi imparano il mestiere da chi va in carcere a insegnarglielo. «Le detenute e i detenuti vengono già pagati durante la formazione, 600 euro al mese, e una volta finita la pena possono scegliere se venire assunti a tempo indeterminato nel nostro stabilimento, con contratti che variano da 1.100 a 1.300 euro al mese».
Ora Quid lavora in partnership con oltre 150 aziende, brand come Balenciaga e Gucci, marchi come Ikea, produce circa 700mila capi di abbigliamento e accessori l’anno. «È il nostro modo di dare nuova vita non solo ai tessuti ma anche alle persone, mettendo al centro la bellezza e l’attenzione all’umano».
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