Fanno proposte concrete, sono disponibili all’impegno, entrano nel dibattito pubblico, scendono nelle piazze. I partiti li evocano ma poi li ignorano. Noi gli abbiamo chiesto un’agenda di governo per il Paese: dai diritti, al lavoro, dalla cultura all’ambiente

La generazione Z è un ciclone di studenti, attivisti, divulgatori, artisti ed elettori. Per capire chi sono e il futuro che indicano, bisogna ascoltarli, stare con loro, recepire i loro stimoli e le loro indicazioni sul clima, contro il sessismo, per i diritti degli italiani senza cittadinanza, per l’istruzione scolastica e per una migliore università. E sul lavoro.

 

Sono ragazzi che non vivono solo virtualmente sui social, ma scendono in piazza, protestano, si impegnano praticamente per sostenere i valori e i diritti in cui credono, per aiutare gli altri, soprattutto chi sta peggio, e evitare che nessuno resti indietro. Lo fanno rincorrendo lavori precari o cercando di riparare un sistema scolastico ormai vecchio che non gli parla più: organizzano corsi di formazione, dibattiti e assemblee. Si informano e poi discutono nelle agorà che possono essere le strade o le piazze. Sono il futuro della nostra società. E le loro parole non possono volare via ed essere disperse da una folata di vento.

 

Per questo ho deciso che ad aprire questo numero de L’Espresso fossero loro, con le loro idee, le loro parole e le loro facce. Perché questo è un giornale che guarda ai giovani e crede nei loro ideali e nei loro sogni. Ascoltandoli, ognuno per la sua parte, preparati e informati sugli argomenti che hanno approfondito, è come vivere al centro di una grande assemblea dove ti accorgi che la loro prospettiva e la loro visione migliorano la vita di tutti noi che restiamo ancorati a schemi e preconcetti antiquati se non retrogradi. E con questi vecchi elementi non possiamo andare avanti nella storia.

 

Dalle loro parole è nata l’Agenda Generazione Z.

 

Che non ha solo un valore ideale, ma è fattiva, offre idee sull’economia e lancia proposte per uno sviluppo sociale e industriale. E parla al governo che avremo. Ai politici che arriveranno dopo il voto del 25 settembre. Parla a loro.

 

Se non si mettono questi ragazzi alla guida dei processi di cambiamento, se non si aprono le porte a loro, vuol dire che si difende il vecchio mondo. In esaurimento come la politica che ha deciso di lasciare questi ragazzi fuori dalle loro porte. Sull’Espresso di questa settimana ognuno ha scritto la sua proposta e ci ha messo non solo la firma ma anche la faccia. Ne abbiamo trovati tantissimi e siamo stati costretti a selezionarli per motivi di spazio sul giornale. Li potete vedere. Sono appassionati, disponibili a correre rischi pur di esserci. Sono un movimento politico e di opinione. E come scrive Simone Alliva: «Era da tempo che non se ne vedeva uno».

 

La giovane scrittrice Sabrina Efionayi, che contribuisce anche lei a questa agenda Gen Z, scrive per L’Espresso: «Troppe bocche si sono riempite delle parole “giovani” e “futuro” senza dar loro il giusto peso. Perché parlare di come noi giovani siamo il futuro, quando siamo già il presente?».