La lotta alla droga
Fentanyl, la guerra cinica di Trump
L’offensiva scatenata dal presidente Usa nasconde altri obiettivi. Il mercato si è evoluto e dagli eredi del Chapo è partito l’ordine di fermare la produzione di massa e diversificare. Risultato? Sono crollati prezzi, sequestri e qualità. Il tycoon ha trasformato la battaglia in una crociata. Strumentale per negoziare con Messico e Canada
Sorpresa: il fentanyl non tira più. È crollato. Effetti del mercato degli stupefacenti. Se l’indice fluttua a seconda della domanda, è l’offerta a regolare l’andamento della Borsa dello sballo. Sono i produttori a chiudere e aprire i rubinetti della distribuzione, a decidere quale merce immettere sui mercati, a condizionare gusti e tendenze, sempre attenti a quanto chiede il popolo dei consumatori. Gli ultimi dati delle agenzie antinarcotici internazionali lo confermano: dalla fine del 2024 si registra una contrazione nelle vendite della droga del nuovo secolo, quella che ha provocato un’ondata di morti per overdose tra i tossici statunitensi, tanto da diventare un’emergenza che Joe Biden ha cercato di contrastare tra blitz della Dea e appelli al suo omologo messicano, Andrés Manuel López Obrador, senza tuttavia ottenere grandi risultati.
Adesso, con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca anche il fentanyl, associato al flusso di migranti irregolari, è diventato il cuore della politica dei dazi avviata in tutto il mondo e in particolare contro Messico e Canada ritenuti responsabili della sua diffusione negli Stati Uniti. Sappiamo come è andata a finire: Trump ha accettato di congelare per un mese la sua misura protezionistica dopo una serie di telefonate con la presidente Claudia Sheinbaum e il premier Justin Trudeau. Ha ottenuto comunque l’impegno di Messico e Canada a inviare quasi 20 mila soldati alle frontiere Nord e Sud degli Usa. Ne è uscito vincente. Conta questo. Del resto, da quando è tornato alla guida del gigante americano usa la stessa tattica, quella che gli è congeniale come uomo d’affari: scuote l’avversario con una proposta scioccante, alza la richiesta al massimo e alla fine quello che ottiene, anche se dimezzato, è un successo.
L’offensiva dei dazi, in realtà, ha lo scopo di riequilibrare il disavanzo commerciale con gli Stati Uniti. Frenare l’import per costringere a comprare americano e comunque a investire negli Usa, attirati da una politica fiscale favorevole, è il mantra che nasconde l’offensiva contro Messico e Canada con la scusa del fentanyl e delle ondate migratorie. Non sappiamo se a Trump stiano a cuore i 120 mila americani, oggi calati per fortuna a 80 mila, stroncati fino a due anni da una droga che è 50 volte più potente dell’eroina. Sono un’emergenza che affligge centinaia di migliaia di famiglie americane e rappresenta un problema di sanità pubblica. Se con Joe Biden il tema ha solo creato crisi ricorrenti tra i due Paesi, con l’arrivo di Trump la musica è cambiata. Il magnate americano ha costretto la prima donna presidente nella storia del Messico a modificare lo spartito. Davanti all’annuncio dei dazi che avrebbero messo a dura prova l’economia del Paese, la pupilla di Obrador ha reagito con pragmatismo e invitato la popolazione alla calma. «Collaborazione e confronto ma niente sudditanza – ha ammonito – non cederemo mai alla nostra sovranità».
Pochi osservatori e analisti sono convinti che l’invio di 10 mila soldati della Guardia nazionale messicana sarà un deterrente al narcotraffico. Anzi: i dazi pronti a scattare il prossimo 4 marzo potrebbero rafforzare i Cartelli. «Le misure danneggeranno l’economia messicana, il suo sistema, lo Stato di diritto», osserva Gladys McCormick, docente alla Syracuse University specializzata nelle relazioni di sicurezza tra Usa e Messico. «E tutto questo – aggiunge – renderà il Messico molto più vulnerabile a ulteriori incursioni della criminalità organizzata». Quanto al fentanyl e al traffico di precursori chimici necessari alla sua produzione, le barriere doganali potrebbero spingere il Messico a rafforzare i suoi legami con la Cina offrendo in questo modo ai trafficanti maggiori opportunità a camuffare le sostanze chimiche tra le spedizioni legali. L’opposto di quello che vuole Trump, deciso ad allontanare le influenze sempre più stringenti di Pechino sulla regione.
Ci sono infine i dati sul calo vistoso nel traffico di fentanyl verso gli Usa e il numero di decessi per overdose tra i cittadini americani a sollevare dubbi sulla necessità di sferrare proprio adesso la lotta alla droga del secolo. Dopo cinque anni di record nelle produzioni di oppiacei soprattutto nello Stato nordoccidentale di Sinaloa, la terra dominata dal Cartello fondato dal Chapo Guzmán, due dei quattro figli del vecchio boss condannato all’ergastolo negli Usa, hanno imposto di cessare ogni produzione. Un’inchiesta condotta per due anni da Insight crime, sito specializzato in criminalità e narcotraffico, ha raccolto decine di testimonianze di piccoli produttori di questo tipo di droga oggi di colpo senza più lavoro. «Ci hanno detto: bruciate tutto, l’attività è finita», ha raccontato Mario, che, come tutti, chiede l’anonimato. Fa parte di quelle decine di piccoli ex dipendenti dei narcos che si erano messi in proprio. Si procuravano i materiali, gestivano i processi chimici, assumevano uomini per la sicurezza e trovavano da soli i clienti. Con un solo limite che andava rispettato: se i Chapitos, come vengono chiamati i figli dell’ex boss di Sinaloa, davano un ordine l’unica opzione era obbedire. Sfidarli, voleva dire morire.
Tra il settembre del 2023 e l’agosto 2024 «abbiamo dovuto fermarci», hanno ammesso decine di altri piccoli imprenditori. I prezzi erano crollati, le autorità stavano intensificando gli sforzi per interrompere la catena di fornitura dei precursori dalla Cina, alla quale si era aggiunta anche l’India. La Us Customs and Borders conferma che nel 2024 sono stati sequestrati 9.928 chili di fentanyl, il 30 per cento di meno dei 12.257 del 2023. Anche le morti da overdose negli Usa erano diminuite del 17 per cento nel 2024 rispetto all’anno precedente. Così in Messico: l’esercito segnalava il sequestro di 1.500 chilogrammi di polvere e 11,6 milioni di pillole nel 2023; a luglio 2024 si limitavano a soli 160 chilogrammi e 1,3 milioni di pillole.
Cosa era accaduto? Il business del fentanyl non era finito, era cambiato il mercato. I Cartelli si erano adattati alla nuova sfida creata dalla tendenza globale di evoluzione costante nei mercati sintetici.
Se prima era facile procurarsi i precursori tramite i broker che fungevano da anello con la Cina e bastavano 60 mila dollari per allestire un laboratorio di raffinazione, adesso la forte concorrenza fra i tanti nuovi produttori aveva dimezzato il prezzo della merce finita. Dai 7-15 mila dollari al chilo del 2022, un anno dopo erano scesi a 3-7 mila. Ne ha risentito anche la qualità con significative variazioni nella purezza che oscillava tra lo 0,07 all’81,5 per cento, secondo le analisi della Dea. Nessuno era più in grado di prevedere la potenza del fentanyl immesso sul mercato. Di qui l’aumento senza precedenti dei tassi di overdose negli Usa.
Con il divieto dei Chapitos il traffico si è fermato. Chiunque voleva continuare la produzione si assumeva rischi che richiedevano maggiore protezione, vie di accesso ai materiali e al know-how. Si lavorava nella totale clandestinità e questo comportava molte più spese.
I Cartelli hanno cambiato metodo di produzione basato sulla formula “1-fenil-2- propanone o P2P”, dal nome dei precursori chimici usati. Ma è una formula difficile da gestire. È in grado di essere convertita in metanfetamina di qualità solo con un certo grado di competenza. Oggi è diventata il metodo di produzione dominante in Messico. Grazie a chimici e “cuochi” esperti sempre più richiesti, il mercato degli stupefacenti è dirottato su nuove droghe sintetiche. Le partite di fentanyl immesse nelle piazze Usa sono sempre meno ma di maggiore purezza. Le stragi di tossici finivano per nuocere agli affari. I Chapitos, con il loro Cartello di Sinaloa, monopolistici del settore, hanno imposto una stretta che ha lasciato il campo solo agli specialisti. Gli altri, i produttori in proprio, hanno dirottato sulle nuove merci. Il narcotraffico non muore mai. Cambia e si adatta agli umori del mercato. Come la Borsa legale lo fa con i titoli delle multinazionali.