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19 novembre, 2025Il procuratore capo di Napoli intervistato dal vicedirettore Enrico Bellavia: "Il motivo vero è portare il pm sotto le dipendenze del ministero della Giustizia e dell’esecutivo"
Sala piena per Nicola Gratteri, intervistato dal vicedirettore Enrico Bellavia alla festa dei 70 anni de L'Espresso. Innanzitutto, un bilancio sulla lotta alla mafia. A che punto siamo? “Noi fino a 4-5 anni fa abbiamo sempre detto che la polizia giudiziaria italiana fosse una delle migliori al mondo. Oggi abbiamo difficoltà a dire lo stesso, perché non ha a disposizione la stessa tecnologia delle polizie straniere. Chi ha governato negli ultimi dieci anni non ha pensato a cosa serviva per contrastare le mafie. Quando parliamo di mafie, parliamo di organizzazioni in grado di trattare con i bitcoin, di fare transizioni finanziarie sofisticate, di costruire piattaforme telematiche per parlare tra di loro. E noi non riusciamo a intercettarli più”.
È un’arretratezza culturale? Abbiamo sottovalutato il fenomeno? Oppure è stata una questione squisitamente economica, di mancati investimenti nella Giustizia? “Non si è avuta una visione su dove andavano le mafie, su cosa serviva per contrastare tecnologicamente queste mafie”.
Traffico di droga: che c’entra il Venezuela con la produzione degli stupefacenti? “C’entra pochissimo. La cocaina si produce in Colombia. Da almeno 5-6 anni i cartelli messicani hanno trasformato l’Ecuador in una piattaforma, da lì parte l’80% della cocaina per il Nord America e per l’Europa. Il Venezuela è residuale. Per coerenza, stando alla logica dei raid sui pescherecci nei Caraibi, Trump dovrebbe bombardare le raffinerie della selva amazzonica di Colombia, Bolivia e Perù”.
A proposito di mafia, se si tratta di contrastare la manovalanza criminale è ancora possibile; il contrasto ai colletti bianchi e alla borghesia mafiosa è sempre particolarmente affannoso. Perché? “Basta guardare alla riforma di avvertire l’indagato sulla richiesta d’arresto del pm. immaginate un venditore di cocaina denunciato dalla madre: si fanno le indagini, i pedinamenti. Poi il pm presenta la richiesta di misura cautelare, in cui c’è l’evidenza della denuncia. Come si sente questa signora? Finisce per disincentivare le parti lese a denunciare. E poi, quando andremo ad arrestare e perquisire l’indagato, è facile che faccia scomparire le prove del reato”.
Gratteri è, mediaticamente, il frontman del “no” alla riforma della Giustizia (anche se lui rifiuta quest'etichetta). "Voterò no perché è una riforma che non serve assolutamente a nulla - ribadisce -. La gente non vuole i rinvii delle cause, la gente vuole non essere costretta a rivolgersi a un capomafia per avere una sentenza. Questa riforma non c’entra nulla. Se ogni anno solo 30 magistrati cambiano carriera, e quando lo chiedono e lo ottengono devono cambiare regione, è evidente che è un falso problema”.
La riforma, per Gratteri, “non risolverà i problemi della Giustizia. Il manifesto del ‘no’ è quando Nordio dice alla Schlein che quando sarà al potere servirà anche a loro. Questa è già una risposta esplicita. Avremo un pm forte? Io voglio un pm tranquillo e sereno per cercare le prove. Il motivo vero è portare il pm sotto le dipendenze del ministero della Giustizia e dell’esecutivo. Visto che tutte le riforme tendono a non toccare i reati dei cosiddetti colletti bianchi, facciamo prima: aboliamo corruzione, concussione e peculato e lasciamo il resto del codice penale per contrastare efficacemente gli altri reati”.
La magistratura ha perso credibilità, complice una narrazione che ha enfatizzato il ruolo delle correnti. Cosa ne pensa del sorteggio del Csm?, chiede Bellavia. “Il referendum è un pacchetto unico: sì o no. Ci sono due temi fondamentali: la separazione delle carriere e i due Csm composti con sorteggio. Per me è preminente che il pm stia nella stessa giurisdizione del giudice, che abbia la stessa cultura. Il sorteggio viene dopo. Se voto si, ci sarà sia il sorteggio ma anche il pm sotto l’esecutivo che non avrà la cultura del giudice. Poi, si inizia a parlare di sorteggio temperato: i togati vengono sorteggiati tra tutti i magistrati, per i laici invece vengono sorteggiati da una lista predisposta dalla politica. Li scelgono da un catino: per esempio, su 100 nomi ne scelgono dieci”.
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