Matria e il "Femminismo fanatico e ottuso": cronache di una sollevazione

Da Diego Fusaro a Il Primato Nazionale sul web e sui giornali è esplosa la controversia sulla proposta di Michela Murgia di abbandonare il termine Patria

«Cominciamo a parlare di Matria». Così scriveva Michela Murgia  proponendo di abbandonare il portato nazionalista e maschilista del termine “patria” a favore della parola Matria. Il web si è subito scagliato contro: sul nostro sito c’è chi ha attaccato «il suo femminismo fanatico, ottuso e delirante»; chi nelle sue parole ha ritrovato «i concetti espressi da quella corrente mondialista, globalista, ultraliberista generata dalla versione contemporanea del capitalismo finanziario». E chi ha considerato la proposta un «tentativo igienista di riscrivere la storia», o un «grande onanismo sul nulla che si smonta subito». Anche i social network non si sono risparmiati: «Dobbiamo smetterla di dare la possibilità a persone con evidenti deficit di aprire bocca»; «Quando leggo queste bischerate lessicali mi sale la carogna», «Voi comunisti sapete che si dice Madre Patria?».

Reazioni
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29/11/2017
La polemica si è poi spostata sui giornali. Il primo a commentare l’articolo è stato Diego Fusaro. Sul suo blog ospitato da fattoquotidiano.it, il filosofo torinese ha preso posizione contro il «superamento» del concetto di patria, ?«il primo dei desiderata degli agenti apolidi ?e postnazionali della classe dominante postborghese». La Murgia, per Fusaro, adotta un «concetto liberista», schierandosi con gli «apolidi signori della finanza post-nazionale» piuttosto che con «gli operai della Fiat che chiedono più Stato».

Il giorno dopo la polemica del filosofo marxista è arrivata quella dei neofascisti. Sul sito de Il Primato Nazionale, Elena Sempione è intervenuta contro la «proposta grottesca e delirante» della scrittrice, «un vero e proprio attacco al maschio». «Il linguaggio del patriottismo ?si è da sempre nutrito anche di femminilità» ?ha scritto Sempione, prima di chiedersi ?perché contrapporre uomo e donna, ?perché considerare «la castrazione come emancipazione».

Anche su Il Giornale Luca Romano ha messo in guardia i lettori dalla «Murgia che vuol toglierci “la patria”»: «Una tesi forte che di certo apre interrogativi». E Deborah Dirani, su Huffington Post, considera la tesi della Murgia l’ennesima «ridicolizzazione» del femminismo. «Nel 2017 dobbiamo ancora sopportare i dibattiti filologici intorno all’opportunità di sostituire le vocali e femminilizzare i sostantivi», ha scritto: «Quello che sfugge, alla signora Murgia e alle ultime barricadere di un movimento al quale ero fiera di appartenere, è che a cambiare il nome alla cacca non è che questa, per magia, profumerà di gardenia e tuberosa».

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