Un'evasione miliardaria, anticipata da un'inchiesta de “l'Espresso”. L'operazione dei finanzieri del Nucleo Valutario scattata all'alba di oggi ha preso di mira il sistema di cooperative che ruota intorno a Piero Tulli, un personaggio individuato dal nostro settimanale un anno e mezzo fa. Tulli infatti era incluso nella lista di OffshoreLeaks, i titolari di società nei paradisi bancari: risultava beneficiario dell'Original Trade Limited, delle Virgin Islands, l'atollo caraibico dove i capitali possono prosperare nel segreto più assoluto.
[[ge:espressoarticle:eol2:2204656:1.53155:article:https://espresso.repubblica.it/attualita/cronaca/2013/04/11/news/i-nababbi-coi-soldi-alle-antille-1.53155]]Tulli, classe 1941, nasce a Roma come edicolante, poi a 40 anni il grande salto con una cooperativa di trasporti. Si butta nella logistica con la Cisco Italia e finisce anche nelle cronache calcistiche acquistando la squadra romana del Lodigiani, ribattezzata, appunto, Cisco. Non mancano gli incidenti di percorso. Il più recente risale all'estate 2012 quando finisce in liquidazione il Consorzio interporto di Fiumicino, con Tulli presidente. È in liquidazione anche la Ifitel, fallita nel 2012 così come altre cinque società di cui Tulli era amministratore o azionista fino a poche settimane prima che chiudessero i battenti.
Adesso la procura di Roma lo accusa di essere il regista di un complesso meccanismo con quasi 250 società coinvolte e 62 indagati: un piccolo impero della logistica, del facchinaggio, delle pulizie e della vigilanza privata. Specializzato anche – secondo gli inquirenti – nel nascondere soldi al Fisco: il danno per lo Stato viene quantificato in un miliardo e 700 milioni di euro.
Il profitto dell'evasione poi sarebbe stato spedito in contanti verso San Marino e il Lussemburgo, affidato a “camminatori” con la valigia piena di soldi. Dalle banche estere il denaro sarebbe tornato in Italia, per acquistare immobili. Ieri le Fiamme Gialle ne hanno sequestrati in quattro regioni per un valore superiore a 100 milioni: beni che serviranno da garanzia per i pagamenti verso l'Erario. Non solo. Gli investigatori ritengono che tra il 2010 e il 2012 questa rete abbia gestito una contabilità parallela, usata pure per pagare tangenti a funzionari pubblici.
L'inchiesta de “l'Espresso” - realizzata da Vittorio Malagutti, Leo Sisti e Michele Sasso grazie ai documenti dell'International Consortium of Investigative Journalists - aveva anche evidenziato le relazioni d'affari tra Piero Tulli e il commercialista romano Bruno Capone, che dalle pagine di un quotidiano spronava ad andare «via dall'Italia per poter crescere». Nei file di OffshoreLeaks il professionista, che è tra i fondatori dello studio tributario internazionale Lextray, viene qualificato come “beneficial owner” di due società delle British Virgin Islands: la Oriental Bloome e la Autumn Breeze Enterprise.
Secondo i documenti che “l'Espresso” ha potuto consultare, Capone è stato indirizzato verso quel gettonatissimo paradiso fiscale caraibico dalla filiale di Singapore della banca svizzera Ubs. «Non ne so niente», ha commentato Capone, interpellato dal nostro settimanale.
Non è la prima volta che il suo nome sale alla ribalta delle cronache. Nel 2008 viene più volte citato nelle carte dell'inchiesta giudiziaria sulla presunta tangente per la vendita della compagnia telefonica Wind, ceduta tre anni prima da Enel al magnate egiziano Naguib Sawiris. L'indagine è poi finita sul binario morto dell'archiviazione. Capone si trova poi a incrociare anche la sfortunata parabola dell'Ifitel: è lui, a rappresentare in Italia la finanziaria lussemburghese Bengali, azionista della società presieduta, prima del fallimento, proprio da Piero Tulli. Ma negli elenchi degli italiani con società negli atolli c'erano anche altri imprenditori legati al commercialista romano.