Giovani
20 ottobre, 2025Articoli correlati
Umberto Eco, nella sua Bustina Dio non c'è più, la TV invece sì, descrive i nostri sforzi nel tentare, un po’ goffamente, di rincorrere una vita ideale, di farci “riconoscere” dagli altri: che sia dal nostro gruppo di amici, dalla società in cui siamo immersi, o un tempo, da Dio
Non abbiamo paura di morire, ma di scomparire non riuscendo mai a vedere, con i nostri occhi, la bellezza dell’aurora boreale. Di vivere non percorrendo mai un safari circondati da leoni, elefanti e antilopi o di non poterci mai immergere fra le meraviglie della barriera corallina.
Sui social spuntano spesso trend e post corredati da didascalie simili a queste, toccando due aspetti del tutto umani: principalmente, il fascino di viaggiare in luoghi completamente nuovi, estranei, capaci di rivelare una realtà sconosciuta e lontana da quella a cui siamo assuefatti. Ma, sotto la superficie, pizzica il bisogno di connettere la nostra vita a qualcosa che percepiamo più grande di noi, alla quale sentiamo, in fondo, di appartenere.
Uno come Barney Stinson, fra i protagonisti di How I Met Your Mother, lo sa bene: vive nella costante ossessione di rendere ogni occasione indimenticabile, o meglio, come dice lui, “leggendaria". È il desiderio di non aver sprecato la nostra vita chiusi nelle rigide e polverose griglie delle nostre abitudini, ma aver ricoperto l’esistenza di esperienze dense di significato, capaci di riconnetterci al mondo.
Ma se c’è qualcosa che non riusciamo a sopportare più di perdere occasioni, è smarrirle mentre abbiamo la sensazione che altri, invece, ne stiano godendo a pieni polmoni. Oggi chiamiamo questo stato mentale Fomo, “Fear Of Missing Out”, la paura di perdersi qualcosa e di esserne esclusi, rispecchiando sentimenti che, in realtà, accompagnano gli esseri umani da prima che potessero pensare di viaggiare per svago.
Umberto Eco, nella sua Bustina Dio non c'è più, la TV invece sì, descrive i nostri sforzi nel tentare, un po’ goffamente, di rincorrere una vita ideale, di farci “riconoscere” dagli altri: che sia dal nostro gruppo di amici, dalla società in cui siamo immersi o, un tempo più di adesso, da Dio. Ma cosa c’entra questo con il bisogno di sentirci parte di un tutto? Il paradosso è che, nella volontà di appartenere a qualcosa di più grande, siamo disposti a rinunciare alle dimensioni di noi stessi nelle quali ci rispecchiamo maggiormente: finendo, come Barney, a costruire un personaggio che “riconoscono” tutti, tranne se stesso.
Secondo il celebre scrittore, prima le persone possedevano la stringente sensazione di avere uno spettatore che le accompagnava, non solo osservandole in continuazione, ma conoscendo ogni loro gesto: Dio scopriva i loro pensieri e poteva comprenderli. “Dio sa cosa ho sofferto”, diceva la nonna ai nipoti, “solo Dio sa quanto ti amo” urlava l’amante rifiutato. “Scomparso, rimosso questo Testimone onniveggente, che cosa rimane? L'occhio della società, l'occhio degli altri, a cui bisogna mostrarsi per non sprofondare nel buco nero dell'anonimato, nel vortice della dimenticanza, anche a costo di scegliere il ruolo dello scemo del paese che si mette in mutande e balla sul tavolo dell’osteria”, scrive Eco. O a costo di indossare giacca e cravatta per rendere ogni notte indimenticabile, come Barney.
Viviamo, dunque, in un fragile equilibrio: in bilico fra la volontà di ricucire un legame con qualcosa che ci completi e il rischio di perderci in questo cammino, di non riconoscerci al suo interno.
Forse, la prospettiva può cambiare tornando alla prima riga. Abbiamo già visto in un altro articolo come i giovani siano sempre meno attratti dalle destinazioni “instagrammabili”, utilizzando il viaggio sempre più come un’occasione di riscoperta personale. Significa accogliere nuove esperienze non solo per vivere qualcosa di unico da raccontare, spuntandole da una sorta di elenco, ma per cogliere l’opportunità di sperimentare nuovi lati di noi stessi. Allora potremo anche sorvolare i ghiacciai e camminare nel deserto, lasciando che che questo ci cambi.
D’altronde, ci siamo innamorati di Barney non solo grazie ai suoi trucchetti, travestimenti e raggiri. Ci ha conquistati quando ha sbottonato i bottoni della sua giacca facendo scricchiolare il personaggio a cui eravamo abituati: restituendo a se stesso l’occasione di sentirsi vivo, non rendendo ogni notte speciale, ma trasformando le sue avventure in un viaggio di cambiamento personale. Solo a quel punto, è diventato davvero leggendario.
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