Giovani
17 novembre, 2025Nella sua Bustina Uno scienziato pazzo ha deciso di clonarmi Umberto Eco propone il tema della clonazione come una questione che coinvolge “non solo i credenti, ma chiunque si ponga il problema di che cosa siano la vita, l’uomo, i limiti della scienza”. Ma pensare che da una cellula si possa scrivere il destino di una persona, è come credere che basta assemblare un burattino di legno per generare Pinocchio
Recentemente sarà capitato, a voi come è successo a me, di sentir parlare di Tom Brady, il più grande giocatore di football americano di tutti i tempi, il quale ha deciso di clonare la propria cagnolina. Avete capito bene: l’ex quarterback ha investito migliaia di dollari per ottenere una copia di Lua, morta nel 2023, replicandone i connotati fisici attraverso la Colossal Biosciences (società di cui è investitore) e facendo nascere la piccola Junie.
Nella sua Bustina Uno scienziato pazzo ha deciso di clonarmi Umberto Eco propone il tema della clonazione come una questione che coinvolge “non solo i credenti, ma chiunque si ponga il problema di che cosa siano la vita, l’uomo, i limiti della scienza”. Già dai tempi della famosa pecora Dolly, abbiamo iniziato a fantasticare sugli orizzonti che una strada del genere può svelare: il ritorno di malvagi super cattivi della storia, Maradona che calca nuovamente un campo da calcio, Lennon che incanta ancora il pubblico fra le luci di un palcoscenico. Se oggi, dunque, riusciamo a riportare in vita i nostri più fedeli compagni domestici, perché non possiamo sperare di riavere al nostro fianco le persone che abbiamo perduto troppo presto? Si tratterebbe di cambiare il destino dell’umanità, di mettere persino un freno alla morte. Ma calma con l’entusiasmo.
Eco immagina uno scienziato pazzo che decide spontaneamente di clonare lo scrittore stesso, prelevando una cellula somatica e creando Umberto Secondo: un uomo che ha lo stesso genoma del semiologo, la stessa predisposizione ad alcune malattie, la stessa inclinazione nei confronti delle discipline umanistiche. Tuttavia, se Eco è cresciuto nell’Italia degli anni trenta e quaranta, in tempi di guerra, Umberto Secondo: “potrebbe essere allevato da una famiglia protestante in una farm del Midwest, […] mangerà cose diverse, leggerà libri diversi, ascolterà altra musica, vedrà o non vedrà la televisione”.
Credere che siano lo stesso soggetto sarebbe come pensare che basta assemblare un burattino di legno per generare Pinocchio. Le persone sono modellate da ciò che vivono, al di là delle propensioni genetiche: senza balene, mangiafuochi e grilli parlanti, staremmo parlando di un altro bambino, pur con il suo volto (di carne o di legno, non importa). Esiste, come scrive ancora Eco: “una forma di determinismo materialistico ingenuo, per cui il destino di una persona è unicamente definito dal suo patrimonio genetico”. Anche se riuscissimo a incrociare nuovamente lo sguardo dei nostri cari defunti, sarebbe davvero come immaginavamo? O stiamo semplicemente rispondendo a una nostra esigenza, tentando di scavalcare le fasi del lutto? Esistono piattaforme di intelligenza artificiale che toccano direttamente il nostro bisogno di sentire, ancora una volta, il calore di chi è scomparso.
Siamo già in grado di chattare con alcune simulazioni di chi non c’è più, una volta nutrita la piattaforma con i dati appropriati: messaggi, email e altri contenuti appartenenti al defunto. Alcune app come Hereafter AI si spingono oltre, permettendo di dialogare con un Avatar virtuale che non solo risponderà come la persona cara, ma avrà la sua stessa voce: le sue inflessioni, le sue pause, i suoi tentennamenti. Sembra una puntata di Black Mirror, ma è la realtà, e forse dovremmo trattarla con il rispetto che merita: chi di noi non vorrebbe parlare, anche solo per un istante, con qualcuno che ci è stato strappato, lasciando un vuoto incolmabile?
L’importante è essere consapevoli di un aspetto: i cloni potrebbero restituirci il loro sorriso, non la loro storia. Da questo punto di vista rimangono dei burattini di legno, con un mondo ancora da esplorare, un altro fato da scrivere. Il nostro è un tentativo di rinnovare quel profondo legame che sembra svanito: tuttavia, quest’ultimo resta inciso nella pelle di chi lo ha vissuto, come una cicatrice che brucia a ogni respiro, ma allo stesso tempo unisce due anime che hanno osato toccarsi e capirsi. Come scrive Eco: “e poi, se fosse vero che in una cellula c’è già tutto il nostro destino, perché varrebbe la pena di vivere?”.
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