Umberto Eco, nella sua Bustina "Storie già fatte e storie da fare", descriveva la tecnologia attraverso la quale riscrivere le storie che amiamo. E noi, oggi, tramite ChatGPT abbiamo la possibilità di mantenere questo controllo, riscrivendone gli esiti all’infinito

Cambiare il finale tramite l'intelligenza artificiale: in quali storie vogliamo vivere? 

Cenerentola non ha mai perso la sua scarpetta e Romeo ha sposato felicemente Giulietta. Umberto Eco ha descritto l’ipertesto narrativo come quella tecnologia attraverso la quale possiamo controllare gli esiti delle storie che amiamo, grazie alla quale smettiamo di essere semplici lettori e diventiamo finalmente scrittori. Nella sua Bustina di Minerva "Storie già fatte e storie da fare" annuncia la fine dell’era in cui siamo costretti a osservare inermi le morti dei nostri personaggi preferiti. Attraverso programmi informatici possiamo evitare che lo zio Ben si spenga fra le braccia di Peter Parker, riscrivendone gli esiti all’infinito. Ci libereremmo così facilmente di un bisogno umano: la necessità di lasciarci coinvolgere in trame che non possiamo influenzare, evitando di accettare il loro (a volte tragico) destino. È stata l’intelligenza artificiale a venire in nostro soccorso, a riscrivere la nostra storia: ChatGPT non è solo in grado di modificare gli esiti dei racconti che esistono già, ma può crearne completamente di nuovi nel giro di pochi secondi. Possiamo dunque tornare a sederci come semplici spettatori lasciando all’intelligenza artificiale il ruolo di regista? Non proprio. Se chiediamo a ChatGPT di raccontarci una storia, dopo una prima bozza ci digiterà qualcosa del tipo: “Se ti va, posso continuare o scriverne un seguito. Vuoi che diventi più romantica, misteriosa, fantasy o magari con un tocco gotico?”. Così facendo continuiamo a mantenere il controllo. Tuttavia, assistere impotenti a Edipo che uccide il padre e sposa la madre ci educa all’incontrollabile, alle emozioni che proviamo di fronte a ciò che è più grande di noi.

 

Eco cita Hugo quando parla delle possibilità di Napoleone di vincere a Waterloo: “Era possibile che Napoleone vincesse quella battaglia? Rispondiamo di no. Perché? A causa di Wellington? A causa di Blucher? No. A causa di Dio". Sostituendo a Dio il fato, il caso o la contingenza ci rendiamo conto che le storie ci insegnano anche a morire, a non dimenticarci di guardare la realtà in faccia prima di pensare di poterla cambiare davvero, che ne amiamo i personaggi perché sono frangibili come noi, che come noi spesso si trovano angosciati di fronte all’imprevedibile. Ma non tutte le storie sono fiabe, e la nostra trama cambia quando alimentiamo quell’altro bisogno umano: cercare di controllare ogni cosa, anche le storie che ci raccontiamo, scegliendo alcune a cui credere per evitare di affrontare la realtà in cui siamo immersi, per quanto dura e complicata possa sembrare. Non è una novità che spesso ci autoinganniamo e che la nostra vita sia costellata di fake news, ma spesso non consideriamo il fatto che anche queste sono storie parallele che narriamo per illuderci di mantenere il controllo, per dare un senso al groviglio che ci circonda.

 

Così, storia dopo storia, arriviamo a credere che il vaccino possa causare l’autismo o che il mondo sia controllato da spaventosi uomini lucertola o da satanisti che mangiano i bambini: fino al punto di vivere giorni come il 6 gennaio 2021, quando centinaia di persone hanno tentato di invadere il Campidoglio degli Stati Uniti, forse il primo giorno in cui abbiamo capito che persino un racconto può arrivare a far scricchiolare le basi di una delle più grandi democrazie del mondo. Per cui divertiamoci a scrivere finali alternativi grazie alle intelligenze artificiali, ma non dimentichiamoci delle storie già accadute: se i primi ci educano al nuovo, le seconde ci insegnano a resistere.

 

*Vincenzo Voltarelli è uno studente di Filosofia appassionato degli scritti di Umberto Eco. Ne la rubrica L’Eco della notizia, in occasione dei 70 anni de L'Espresso, pesca dalle storiche Bustine di Minerva nuovi spunti per l'attualità

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