Giovani
22 luglio, 2025Umberto Eco parla del concetto di famiglia nella sua Bustina "Mamma, che cosa vuol dire 'fratello'?": se tutti adottassimo la politica del “figlio unico”, con il tempo si perderebbe la concezione dell’essere sorelle, fratelli, zii, cugini. Parole che non si riferiscono sempre a legami di sangue: a volte, ci si trova di fronte all’assordante sensazione di dover creare nuove connessioni
Esistono legami che non nutriremo per sempre. Inevitabilmente, nella nostra vita, sparpagliamo frammenti di relazioni, cercandole nei luoghi in cui le avevamo lasciate, rendendoci conto che si sono trasfigurate: alcune si sono concluse, altre sono solo fantasmi di una nostra vecchia versione, riflessi di chi eravamo e non siamo più. D’altro canto, altri tipi di rapporti continuano a essere nutriti, i legami di sangue ne sono un esempio: non tramontano mai.
In realtà, i rapporti sono più complicati di così: Caino e Abele erano fratelli, e anche Liam e Noel Gallagher, prima di tornare a suonare insieme come Oasis, non se le sono risparmiate. Umberto Eco parla del concetto di famiglia nella sua Bustina "Mamma, che cosa vuol dire 'fratello'?", provenendo da tutt’altra discussione: esprimendosi riguardo all’abbassamento della popolazione italiana, dovuta alla diminuzione delle nascite, espone alcune possibili strategie sulla gestione della procreazione.
Secondo lo scrittore, alcuni tentativi di controllo non possono funzionare alla lunga: se tutti, come accaduto in Cina, adottassimo la politica del “figlio unico”, con il tempo si perderebbe la concezione dell’essere sorelle, fratelli, zii, cugini. Mancherebbe un pezzo della nostra identità, del nostro modo di stare al mondo.
Fratelli sono anche Castore e Polluce: nel loro mito si sono imbarcati sulla nave Argo alla ricerca del leggendario vello d’oro, in un’altra avventura hanno riportato a casa la sorella Elena dopo il suo rapimento. Ma noi continuiamo ad accusare il colpo di relazioni fantasma, anche nei confronti di chi abbiamo sentito accanto fino a un attimo prima, persino di chi condivide il nostro cognome. Chi viaggia per lavoro, chi lascia tutto diventando fuorisede, convive con l’assordante sensazione di dover creare nuove connessioni. Siamo ragazzi e ragazze cresciuti con nuovi punti di riferimento, con valigie disordinate, vestiti sparsi qua e là intorno alla stanza, in attesa di rientrare nuovamente in quelle scatole con le ruote che hanno sostituito il ruolo dei nostri armadi. In che modo si può mettere ordine alle relazioni che abbiamo intorno se, nel profondo, percepiamo il nostro sradicamento?
Siamo una generazione cresciuta insieme a serie tv come How I Met Your Mother: Ma no, la serie non ruota solo intorno al protagonista Ted Mosby, il quale cerca disperatamente l’anima gemella. Quello che fa davvero, semmai, è attraversare la storia di un gruppo di persone che, venendo a mancare colonne portanti anno dopo anno, sentendosi crollare sotto il peso dei cambiamenti della vita, accolgono a vicenda le loro ansie e i loro timori: caricandosi, l’uno per l’altro, parte dei loro vissuti e dei loro trascorsi. Costruiscono una casa, calandosi anche nelle proprie tenebre.
Se esiste qualcosa in questo universo che si possa chiamare famiglia, non si scopre nell’esigenza di scavare nelle proprie origini. Figli unici o meno, possiamo trovare fratelli e sorelle con i quali e con le quali non condividiamo nemmeno un filamento di patrimonio genetico: sono termini che non si rivolgono necessariamente a una carta d’identità, ma a chi, anche a chilometri e chilometri di distanza, è disposto a reggere parte del nostro bagaglio. Anime affini che scelgono anche le loro ombre.
Non si è rivelato un particolare riguardo a Castore e Polluce: il secondo possiede il dono dell’immortalità, a differenza del primo. Quando Polluce scopre che Castore è stato assassinato, implora il padre, Zeus, di permettergli di morire affinché possa vivere nell’Ade insieme al fratello. Il re degli dei, commosso dalla richiesta del figlio, concede loro di ricongiungersi, alternandosi fra gli Inferi e l’Olimpo. Polluce sceglie di non abbandonare il fratello, nemmeno nel suo inferno.
Che si tratti di legami di sangue o meno, la più grande famiglia che si possa creare è sostenuta da chi non ha paura di resistere ai nostri mostri, proprio quando siamo troppo spaventati all’idea di guardarli negli occhi. Alcune sono connessioni senza radici, non per questo meno potenti: perché nutrite da persone disposte a scendere nei nostri abissi, ovunque si trovino.
*Vincenzo Voltarelli è uno studente di Filosofia appassionato degli scritti di Umberto Eco. Ne la rubrica L’Eco della notizia, in occasione dei 70 anni de L'Espresso, pesca dalle storiche Bustine di Minerva nuovi spunti per l'attualità
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