Giovani
22 settembre, 2025Dalla ricerca di sé al vintage come missione culturale: tra gonne a ruota, libertà di scelta e una nuova idea di sostenibilità - L'intervista
Può una gonna a ruota essere un gesto femminista? Per Lisa Varolo sì. La sua passione per l’eleganza anni ’40 e ’50, talvolta guardata con sospetto perché legata a modelli femminili tradizionali, si trasforma in un atto di libertà: la possibilità di scegliere chi essere, senza etichette. Con un account Instagram di oltre cento mila followers, Lisa Varolo si definisce “Vintaggista” (con due g) incoraggiando migliaia di donne a recuperare l’eleganza classica. Dietro ogni suo abito vintage c’è una storia di artigianato, cura e memoria che invita a rallentare, distinguersi e riscoprire la forza autentica dello stile. Con eventi, consulenze e il podcast Vintaggista Moderna, Varolo porta avanti una missione: restituire alla moda il suo valore culturale ed etico.

Lei è stata anche una ragazza “normale”? Chi è Lisa Varolo?
"Si, sono stata una ragazza "normale" come tutti, con percorsi, esperienze e insicurezze comuni. La ragazza che non trovava il suo posto nel mondo, lavorativamente parlando. Poi mi si è aperto un mondo: col tempo ho studiato, imparato e capito che il vintage non è solo un abito, ma un linguaggio con cui esprimere la mia identità. Ho scelto di fare mio amore per l'eleganza degli anni ’40 e ’50 una missione: raccontare il valore della moda come cultura e memoria, non come travestimento".
Etica ed estetica: per lei scegliere il vintage non è solo una questione di cappellini e gonne anni Cinquanta.
"Esatto. Dietro a ogni capo c’è una storia di tessuti, di artigianato e di donne che li hanno indossati. Indossare vintage significa scegliere consapevolezza: rispetto per chi ha creato quei capi e per chi li ha vissuti. Non è un esercizio di stile fine a sé stesso, ma un atto etico che mette insieme estetica e memoria".
Prendendo in prestito un termine dalla questione climatica: secondo lei è “sostenibile” un ritorno alla moda anni Cinquanta? (nel senso sociale e culturale)
"Sì, se lo intendiamo come un ritorno ai valori e non come semplice "nostalgia estetica". Culturalmente, gli anni '50 ci ricordano l’importanza di acquistare meno e meglio, di scegliere abiti destinati a durare e non a essere buttati dopo due stagioni. Socialmente, invece, quel periodo ci può insegnare a riscoprire la cura per sé stessi e per le relazioni: vestirsi bene non era solo apparenza, ma un modo per rispettare chi si incontrava. In un’epoca come la nostra, dominata da consumismo veloce e relazioni liquide, recuperare quella mentalità sarebbe davvero “sostenibile”: significherebbe rallentare, dare più valore al lavoro artigianale e all’identità personale".
In molti l’hanno accusata di non essere femminista (qualsiasi cosa voglia dire questa parola).
"Credo che la parola "femminismo" sia sempre svuotata e usata in mille modi diversi a seconda di chi la cita. Per me femminismo è poter scegliere liberamente chi essere. Io ho scelto di indossare uno stile che viene spesso frainteso come "remissivo" o "antiquato", ma in realtà la mia scelta è un atto di libertà e di identità. Non vedo niente di meno emancipato nel portare una gonna a ruota, rispetto a chi sceglie un tailleur moderno. Il punto non è cosa indossi, ma se lo hai scelto tu".
Secondo lei, che cosa può insegnare oggi lo stile anni ’40/’50 alle nuove generazioni?
"Può insegnare il coraggio di distinguersi. Negli anni ’40 e ’50 la moda era fatta di identità forti, di donne che sapevano essere eleganti anche con poco. Indossare un capo dell’epoca regala una sicurezza naturale, un senso di autostima e di personalità che difficilmente troviamo nella moda di oggi. La moda contemporanea tende spesso a uniformarci, privandoci di quella sicurezza che invece uno stile autentico sa donare".
C’è qualcosa della “Lisa di prima” che le manca?
"No, non mi manca nulla. Mi emoziono ancora oggi per un complimento sincero o per un messaggio di ringraziamento, e questo mi ricorda che non ho perso la parte più vera di me. Da quando ho intrapreso questo percorso sono cresciuta: sono diventata più matura, più responsabile delle mie azioni, più decisa su chi voglio seguire e chi invece preferisco allontanare".
Ha qualche nuovo progetto da raccontarci?
"Sto collaborando a nuove collaborazioni ed eventi che uniscono consulenza, cultura e intrattenimento: dai vintage tour delle fiere, fino al mio podcast "Vintaggista Moderna". L’idea è sempre la stessa: riportare il vintage nella vita reale delle persone, in un modo o nell'altro".
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Heil Putin - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 19 settembre, è disponibile in edicola e in app