Giovani
22 settembre, 2025È il motto di ragazze e ragazzi che credono nella politica e per il terzo anno consecutivo s'incontrano per dialogare, costruire ponti e raccontare il loro impegni quotidiano
“Noi crediamo nella politica”, questo era il titolo dell’articolo da noi scritto per questo settimanale, in vista della seconda edizione dei “60 under 30 che stanno cambiando il Paese". Evento, in partnership con L'Espresso e l’Università degli Studi Link, che ha visto l’anno scorso partecipare 700 persone da tutta Italia e che oggi giunge alla sua terza edizione. Sono già passati tre anni e tre edizioni, in cui siamo cambiati, siamo cresciuti, il mondo ha subito mutamenti epocali, dalla fine del Covid all’inizio di tragiche guerre, e la nostra generazione sta diventando più grande, più prossima alla maturità. Ma soprattutto consapevole della confusione planetaria che sta attanagliando tutti noi, nati con la promessa di una pace perpetua e dell’infallibilità delle democrazie occidentali.
L’anno scorso abbiamo fatto dialogare le trenta ragazze e i trenta ragazzi premiati con personaggi politici di un’altra generazione, che hanno dedicato decenni della loro vita alla cosa pubblica: Goffedo Bettini, Francesco Rutelli, Pier Ferdinando Casini, Rita Dalla Chiesa e Roberta Angelilli. Generazioni diverse si sono unite per un giorno in un lungo fiume d’interventi durato circa tre ore. Questo incontro è stato prezioso e ha fatto comprendere quanto le difficili sfide che il vortice della Storia sta tirando fuori siano affrontabili solo attraverso l’unione di punti di vista generazionali e politici distanti. Non possiamo disunirci, serve unità, non ulteriori frammentazioni e divisioni in un mondo già incline all’individualismo estremo. Questo è sempre il nostro obiettivo fin dalla prima edizione dell’evento: creare un dialogo tra mondi che a primo impatto sembrano paralleli, ma che in fondo un terreno umano comune lo hanno.
L’intento non è mai stato fare una classifica di un talent show, ma portare alla luce le storie di 60 ragazze e ragazzi, che sono il simbolo di una generazione che s’impegna dal piccolo comune ai municipi delle grandi città metropolitane, arrivando fino al livello regionale e nazionale.
Per il terzo anno consecutivo politici under 30 di tutti i colori politici, deputati, consiglieri regionali, comunali, municipali, dirigenti di partito, membri di importanti segreterie politiche si ritroveranno nello stesso luogo a dialogare e condividere del tempo insieme, accorgendosi di avere la medesima passione: la politica, l’arte del compromesso per far andare avanti il mondo. Se non ti occupi di politica, lei prima o poi si occuperà di te e mai come in questi anni la politica si è occupata di noi, compromettendo le nostre vite. Tutto è una scelta politica, a partire dall’economia, che secondo alcuni avrebbe oggi un primato sulla politica, lo stiamo ben vedendo con i dazi e le guerre. Non c’è interesse economico che resista di fronte al potere della politica. D’altronde, «la guerra è la continuazione del- la politica con altri mezzi», o meglio come diceva Papa Francesco è «il fallimento della politica». Circa 50 anni fa, in un’Italia scossa dal terrore e dalla violenza degli anni di piombo, dove le persone, i più giovani soprattutto, in nome della lotta politica venivano uccisi, due personalità come Enrico Berlinguer e Aldo Moro provarono con “il compromesso storico” a dare un futuro diverso al nostro Paese, con la speranza di sanare le profonde fratture che lo attraversavano, cercando con il dialogo un ponte tra mondi infinitamente distanti.
Quell’esperimento fallì con il sacrificio umano di Moro, rapito e ucciso proprio nel momento in cui il governo di “solidarietà nazionale” con Berlinguer stava vedendo la luce, lasciando tracciata una strada che nessuno ha più riprovato a percorrere. Oggi la società globale sembra tornare a essere più violenta che mai e le democrazie sempre più deboli non sembrano riuscire a dare le risposte che servono. Morire per i propri ideali, giusti o sbagliati che siano, o per la propria nazione sembrava fino a poco tempo fa un ricordo del passato, almeno per il mondo occidentale del diritto internazionale e dei diritti umani, invece oggi accade. Bisogna forse ricominciare a contrastare la falsa politica della violenza, con la vera politica del compromesso. Non eliminare, annullare le differenze, ma sommarle per il bene comune. Sembra una retorica utopistica, ma «il dialogo è il ponte che unisce le diversità per un domani più giusto», come diceva Aldo Moro. Senza il dialogo, senza la volontà di un compromesso, senza il rispetto di chi la pensa in modo diametralmente opposto al proprio, il caos, la legge della sopraffazione avrà la meglio.
Di fronte a un contesto così confuso e pieno di sfide, dal cambiamento climatico all’intelligenza artificiale, dalle guerre commerciali alle tragedie umanitarie, se oggi invece avessimo estremamente bisogno di un nuovo “compromesso storico"? In un mondo che sembra cadere verso il baratro della violenza tra nazioni e ideologie politiche, l’unica strada forse può essere soltanto un compromesso tra forze politiche e sociali capaci di dialogare, rispettarsi e unirsi. Lo scopo del nostro lavoro è quanto meno provarci partendo dalle nuove generazioni, che forse si stanno dimostrando più unite di quelle passate, per costruire una nuova classe dirigente che sia in grado di sacrificare i personalismi e unirsi al momento del bisogno. Siamo infatti profondamente convinti che, come affermava Berlinguer, «ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno».
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