A Herat, in Afghanistan, durante la guerra operavano anche alpini italiani in missione di pace, con il compito di vigilare su una delle frontiere al tempo più pericolose e calde al mondo. Nella stessa regione, tuttavia, erano state individuate diverse infiltrazioni iraniane, allo scopo di preparare attentati. È questo che L’Espresso ricostruisce, a partire da documenti esclusivi rivelati da Wikileaks, nella copertina del 21 ottobre 2010. I servizi segreti statunitensi, in particolare, avevano prove di un’intensa attività iraniana nei pressi di Herat, tra cui il fermo di quattro cittadini con un’auto carica di armi ed esplosivo e diversi documenti a testimonianza del sequestro di munizioni, razzi e mine prodotte in Iran. Tra i file di Wikileaks emergeva, inoltre, un picco di tensione tra Washington e Teheran fra il 2007 e il 2008, quando si rischiò l’inizio di un nuovo conflitto. Fra i documenti, un rapporto descriveva la stretta sorveglianza statunitense su una giovane donna che imparava a guidare, nonostante il divieto in Iran. Per l’intelligence si trattava infatti di una terrorista, addestrata per colpire con un’autobomba i convogli italiani o americani. Lo stesso obiettivo era quello di sette persone arabe e quattro iraniane tenute sotto osservazione dai servizi nel 2008. Gli uomini arabi erano ritenuti appartenenti al gruppo Gholam Yahya Akbary, vicino a Bin Laden. Gli iraniani, invece, furono identificati come una cellula dell’intelligence dei pasdaran, in missione per raccogliere informazioni utili ad Al Qaeda.  

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