Nell’Occidente libero e democratico, l’Italia era il Paese che più di tutti metteva un freno alla sua trasformazione culturale, complice la visione sociale della Dc al potere

I fili invisibili della morale democristiana

Nell’Europa divisa dalla guerra fredda, l’Italia aveva accettato di far parte dell’Occidente solo da un punto di vista formale: politico, economico, militare. Non era però ancora del tutto disposta ad aprirsi moralmente ai temi della modernità. Questo è quello che affermava L’Espresso nella copertina del 1° marzo 1959, ricordando le difficoltà che nel Paese si incontravano nel tentativo di parlare di divorzio, omosessualità o controllo delle nascite, solo per citare alcuni fra gli argomenti al tempo più urgenti. Diversi Stati, Germania compresa, avevano imparato la sottile arte dell’autocritica, persino dell’ironia, attraverso l’arte, il cinema e la letteratura. La rigida Francia di Charles De Gaulle non rinunciava alla totale e sensuale libertà espressiva, anche quando in contrasto con la morale del presidente. Solo l’Italia, in tutto il cosiddetto Occidente libero, si ostinava a censurarsi. Anzi, faceva intendere L’Espresso, era censurata dalla Democrazia cristiana. Nel 1959 l’aveva dimostrato anche la scomposta reazione del pubblico al programma televisivo “Il Mattatore”, in cui Vittorio Gassman, «il magnifico istrione» a cui è dedicata la foto di copertina, si era lasciato andare a un’imperdonabile - per quei tempi - libertà di espressione.

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