Il 16 marzo 1978 la scorta di Aldo Moro fu uccisa nell’agguato a via Fani e il presidente della Dc rapito dalle Brigate Rosse. Pochi giorni dopo L’Espresso pubblicò la prima copertina dedicata all’analisi delle prospettive dello Stato dopo il sequestro che aveva sconvolto l’Italia intera

L’attacco al cuore dello Stato: la copertina del sequestro Moro

Erano trascorsi dieci giorni dal sequestro del presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro in via Fani quando L’Espresso dedicò la sua prima copertina al racconto dell’attacco destabilizzante delle Brigate rosse. Nelle prime ore della mattina del 16 marzo 1978 Moro leggeva i giornali sulla sua Fiat 130 e si dirigeva come ogni giorno in chiesa. Non era però una mattina come le altre, poiché era previsto il voto di fiducia al governo di Giulio Andreotti. Il primo in cui il Pci avrebbe votato nella maggioranza parlamentare. Così scriveva Paolo Mieli nella ricostruzione del 26 marzo, per il servizio di apertura del giornale. La prima pagina, rossa e in formato tabloid, era una resa grafica di una fotografia di Moro accanto alle immagini delle automobili crivellate di colpi e il corpo riverso in strada del ventiquattrenne Raffaele Sozzino, agente di scorta. Il titolo di copertina (“Chi sconfiggerà le Brigate rosse”), ampio e trasversale alla pagina, rifletteva inoltre il clima di incertezza in cui era piombato il Paese. Nei dieci giorni trascorsi tra il sequestro e la pubblicazione del numero, infatti, ci si chiedeva soprattutto come affrontare la violenza delle Br, con quali interventi e quali leggi. Come riportava l’articolo di apertura, si discusse di una taglia sui rapitori di Moro, poi esclusa, e si decise di impiegare l’esercito nella ricerca dei sequestratori. Non venne però proclamato lo stato di pericolo pubblico: una sequenza di esclusioni e rinvii che già preannunciava l’abbandono e la tragica fine di Moro.

 

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