Nel 1967 Mao Zedong non era più un totale mistero, grazie alle interviste e ai reportage di Edgar Snow, giornalista statunitense che firmò la copertina de L’Espresso del 19 febbraio

La Cina è (più) vicina

Edgar Snow fu il primo giornalista occidentale a entrare nella Cina di Mao Zedong e il primo a riuscire a incontrarlo, intervistarlo più volte e guadagnare la sua fiducia. Compì diversi viaggi nei territori controllati dai rivoluzionari cinesi, già negli anni Trenta, quando pubblicò “Stella rossa sulla Cina” (1937), resoconto della nascita e dello sviluppo del movimento comunista cinese, diventato oggi un classico che ne riassume la storia, dalla sua fondazione fino alla fine degli anni Trenta. Tornò in Cina anche nel 1960, tra il 1964 e il 1965 e infine 1970. L’articolo pubblicato in apertura de L’Espresso del 19 febbraio 1967 si poneva quindi tra il penultimo e l’ultimo viaggio, come una ricostruzione di ciò che Mao aveva già rivelato a Snow negli anni precedenti. Mao, per esempio, come aveva già affermato in un’intervista pubblicata nel ’65, considerava i giovanissimi un’incognita, perché la loro era la generazione cinese che non aveva mai combattuto una guerra e non aveva mai visto il capitalismo al potere. Era la generazione che non conosceva la società precedente, ma a cui la rivoluzione si doveva comunque affidare nel futuro.
 


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