Il 24 aprile 1986 la copertina dell’edizione straordinaria de L’Espresso ritrasse Mu’ammar Gheddafi in primo piano, di profilo e a capo coperto. Attorno solo buio, come nella notte del precedente 15 aprile quando, nella città addormentata di Tripoli, gli Stati Uniti guidarono un bombardamento di oltre mezz’ora con l’intento di uccidere il colonnello. Nell’articolo di Roberto Fabiani e Guido Quaranta venne ricostruita quella notte ma, soprattutto, il fragile equilibrio politico e diplomatico in Europa, impotente di fronte alle decisioni militari degli Stati Uniti. Fabiani e Quaranta, infatti, scrivevano che in sole ventiquattr’ore (tra il 14 e il 15 aprile) «l’Europa aveva toccato con mano, caso mai ce ne fosse stato ancora bisogno, che come entità politica non esiste, mentre come interlocutore è considerato meno che niente dall’alleato americano». Il riferimento era alle modalità con cui l’attacco in Libia era stato condotto dagli Stati Uniti, senza informare gli alleati europei, soprattutto i Paesi dell’Europa meridionale come Spagna e Italia, direttamente minacciati da Gheddafi in caso di offensiva occidentale. In effetti, dopo un momento di incertezza, in cui la distruzione di Tripoli non permetteva di accertare le condizioni del colonnello, Gheddafi lanciò un missile su Lampedusa, come ritorsione. Non venne però registrato alcun danno né ci furono vittime.

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