Del turbolento rapporto di Pablo Picasso con le donne si sapeva almeno dagli anni Sessanta, quando l’unica amante che riuscì davvero a lasciarlo (e a non farsi lasciare), Françoise Gilot, pubblicò il libro “Vita con Picasso” (1964). Descrivendo una relazione violenta, sgradevole e sminuente, Gilot riportò spesso anche le parole del pittore stesso, a volte di una crudeltà inimmaginabile nei confronti delle donne che diceva di amare. A lui è attribuita, infatti, la frase secondo cui tutte le donne della sua vita fossero dee o zerbini, senza vie di mezzo. Fu solo intorno al 1988, però, che le storie “d’amore” - o meglio le relazioni - di Picasso iniziarono a suscitare scandalo e indignazione, non solo negli ambienti femministi. A parlarne quell’anno fu anche la giornalista Arianna Huffington, con la prima edizione del suo volume “Picasso: Creator and Destroyer”. Un libro che raccontava in modo brutale il rapporto dispotico e perverso del pittore con tutte le sue amanti. Tra queste, una delle più note era Dora Maar, fotografa che per lui abbandonò la macchina e le pellicole e si mise a dipingere, soccombendo alle critiche di un Picasso spietato. O Marie-Thérèse Walter, adolescente quando incontrò l’artista, già quarantenne e sposato con Olga Khokhlova. Così, dodici anni dopo la morte di Picasso, L’Espresso tornò a parlare dell’artista, dedicando un’intera copertina al suo crudele rapporto con le sue amanti, quella del 14 agosto (in realtà doppia, con una prima pagina alternativa, dedicata al fumetto).

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