Alle 17.58 del 23 maggio 1992 mezza tonnellata di tritolo distrusse il tratto dell’autostrada A29 di Palermo all’altezza dello svincolo di Capaci, nell’esatto momento del passaggio del corteo della scorta di Giovanni Falcone. Sul colpo morirono tre agenti di scorta del giudice, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. In ospedale, circa un’ora dopo, si spensero anche Falcone e la moglie Francesca Morvillo, in seguito alle ferite riportate nell’impatto. L’immagine dello squarcio nell’asfalto segnò  - e segna ancora oggi - la memoria italiana. Fu però la fotografia della Fiat Croma bianca guidata da Falcone e distrutta, quella scelta da L’Espresso per la copertina del 31 maggio, otto giorni dopo l’attentato. Completava la pagina, in alto a sinistra, un piccolo riquadro con un primo piano del giudice, diventato poi uno dei ritratti più noti. “Perché lui”. Un’affermazione, più che una domanda, era il titolo che accompagnava la copertina. Il giornale, infatti, analizzò fin da subito il quadro complesso della morte di Falcone, anche oltre gli interessi di Cosa Nostra. D’altronde, anche il giudice stesso, in seguito al precedente e fallimentare attentato alla sua vita nel 1989, aveva parlato di «menti raffinatissime», teorizzando la collusione della criminalità organizzata con altri soggetti non noti. 

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