I 70 anni de L'Espresso
4 agosto, 2025Alla fine degli anni Ottanta l’imprenditore milanese, ancora lontano dalla politica attiva, fu convocato davanti alla Corte costituzionale in seguito ai decreti che proteggevano le sue televisioni private
La storia di Silvio Berlusconi si intreccia con la politica molto prima della “discesa in campo”. Grazie a Bettino Craxi, allora presidente del consiglio, l’imprenditore riuscì infatti a salvare le sue televisioni private, dopo aver infranto la legge che le regolamentava (la stessa legge del 1976 che sancì la fine del monopolio Rai). Secondo le norme, le emittenti private dovevano mantenere un raggio di diffusione locale, ma Berlusconi, grazie all’interconnessione dei ripetitori e all’uso di “pizzoni” cioè di programmi registrati e mandati in onda nello stesso momento, riuscì a estendere il segnale a livello nazionale. Berlusconi fu denunciato dalla Rai, da Telemontecarlo e dall’Associazione nazionale teleradio indipendenti. Tra il 13 e il 16 ottobre furono emessi diversi decreti ingiuntivi finalizzati a sospendere le trasmissioni di Canale 5, Italia 1 e Rete 4 oltre le regioni di competenza delle emittenti (quindi la Lombardia). Pochi giorni dopo, tuttavia, Craxi emanò il primo decreto, noto come Decreto Berlusconi, per permettere a tutte le televisioni private già in attività prima del 1° ottobre 1984 di continuare a trasmette il segnale anche oltre il territorio di competenza locale. La Camera dei deputati ne riconobbe la costituzionalità a scrutinio segreto, ma la Commissione affari costituzionali bocciò il documento. A dicembre le reti di Berlusconi furono di nuovo oscurate a Roma e a Torino, provocando diverse proteste. Craxi allora ripropose il decreto, diventato Berlusconi bis, e questa volta vi pose sopra la questione di fiducia. Una volta approvato, il decreto fu convertito in legge nel febbraio 1985, con efficacia limitata nel tempo. Il Berlusconi ter, ultimo dei tre decreti di Craxi, servì solo come prolungamento temporale della validità dei provvedimenti, fino a sei mesi. Si dovette aspettare però il 1990 per avere un’apposita disposizione di legge, conosciuta oggi come legge Mammì. Nel frattempo Berlusconi, però, affrontò anche la Corte costituzionale, fatto a cui si riferisce la copertina de L’Espresso del 13 settembre 1987. La Corte fu interpellata nel corso di un contenzioso della Rai contro Canale 5, Italia 1 e Rete 4. Con una sentenza successiva alla copertina de L’Espresso (pubblicata il 20 luglio 1988), la Corte dichiarò incostituzionale il decreto che aveva salvato le reti di Berlusconi, tuttavia non annullò la legge (L. 10/1985) in cui era stato convertito, in quanto dichiarata di natura transitoria nella sua stessa formulazione. La Corte, cioè, richiedeva la formulazione di una nuova legge generale sul sistema radiotelevisivo, quella che fu poi la legge Mammì.
Abbiamo raccolto una selezione delle copertine più iconiche, suddivise per decennio. Scorretele, sarà come passeggiare nel tempo. E votate quelle che, secondo voi, sono le migliori. Ogni mese, sbloccheremo un nuovo decennio, fino ad arrivare ai giorni nostri. Le copertine più apprezzate diventeranno le protagoniste di una mostra dedicata ai 70 anni de L'Espresso.
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