Nel 1987 lo scrittore passava l’estate sull’isola più trasgressiva del momento. E ne scriveva così per l’Espresso

Pubblichiamo una parte dell’articolo “Pazza isola” uscito sull’Espresso l’11 ottobre del 1987. Pier Vittorio Tondelli ha collaborato a lungo con il nostro giornale fino alla scomparsa, avvenuta il 16 dicembre 1991. Con reportage, racconti, e rubriche su musica e libri

La Isla Blanca, come Ibiza è soprannominata, di intrinsecamente suo mette la propria vocazione all’eccentrico e all’eccessivo che plasma i comportamenti o, quantomeno li riveste, anche solo per una notte, di una follia carnascialesca e girovaga, di un senso altamente disinibito della festa, di una inquietudine desiderante che le ha valso un secondo soprannome: la Isla Loca, cioè l’isola pazza.

A Ibiza, infatti, tutto è stravolto rispetto ai ritmi della quotidianità. Certo, potete ritirarvi nella quiete assorta di Portinax, prendere in affitto una masseria, recarvi in centro solo per l’aperitivo o per fare la spesa nei supermercati; comportarvi quindi come ?in un qualunque luogo di villeggiatura. Ma questo non è lo spirito di Ibiza che confonde il giorno con la notte, e le albe con i tramonti. Appena arrivate sentite subito ?il “jet-lag” di un volo transcontinentale. Occorrono un paio di giorni per adattarsi al ritmo forsennato della vita a Elvissa: cena verso mezzanotte, un videobar per un bicchiere del liquore locale, lo Hierbas Ibicencas, una sorta di anisetta che viene servita in ampi “ballons” ripieni di ghiaccio, poi il vorticoso giro delle discoteche intercalato, per gli impenitenti, da una puntata al Casinò.

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All’alba quando la rocca di Ibiza appare un po’ come Mont Saint-Michel, un castello sulle brume e sull’acqua, uno spuntino e a dormire. Spiaggia verso le cinque del pomeriggio, drink serale al Montesol o al Mar y Sol, siesta in casa, poi di nuovo ristorante e notte. Il risultato è che dopo qualche giorno si alternano, alle ore più insolite, momenti di stanchezza estrema e momenti di vitalità inaspettata. E su tutto domina un vago senso di sfinimento, di afosa indolenza, di percezione indistinta della realtà che abbatte le resistenze psicologiche e rende estremamente disponibili ai nuovi incontri ?e alle nuove amicizie.

La massa dei giovani turisti in cerca di avventure resta assai simile a se stessa con la dominante del tipo selvaggio e della donna della giungla: capelli lunghissimi, straccetti di camoscio all’inguine, pettorali gonfi e turgidi, stivalacci di cuoio o di pelle sfrangiata, orecchini ai lobi, nelle ragazze anche curiose commistioni fra le parti basse, pronte quasi per un safari, e quelle superiori strette in bustini primo-Novecento, pizzi e trine come in Madonna. Poi naturalmente la saga del jeans stracciato e scucito come non si era mai visto, neppure nella Londra del 1976 quando i punk infilzavano giubbotti e calzoni con migliaia di spille e catene. Il jeans, dunque, ancora una volta come elemento portante del gioco della seduzione, adibito più a scoprire che a nascondere.
Cosa possa saltar fuori da questi capi è insieme divertimento e provocazione feroce: un gluteo, un capezzolo, un polpaccio, una coscia, un bicipite, un tricipite, un ombelico. Come se questi gran pezzi di femmine e di maschi fossero passati attraverso le fruste borchiate ?dei torturatori di Sodoma e Gomorra riportandone non solo indumenti a pezzi ?(e perlopiù stracciati nei punti più sexy del corpo) ma soprattutto quel sublime aspetto gigolo e marchettaro che rende più eccitante i contatti: rivincita del vissuto, dell’esperto, del profanato sull’ingenuità, ?la spontaneità, le prime armi. Gladiatori e Messaline segnati da innumerevoli scontri negli harem e nelle arene. Vichinghi e ciclopesse, barbari e baccanti. Cortigiane ?e califfi. La violenza delle diversità sessuali, del maschile del femminile che, pur vestiti nello stesso modo, si attraggono con una forza spietata. A Ibiza puoi sentire tutto questo semplicemente sedendoti allo Zoo bar o in altri caffè nelle ore che precedono le uscite in discoteca. Il gioco barbaro, spietato e affascinante dell’accoppiamento.

Memoria
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Ma, in fondo, a tutto ciò puoi anche essere abituato. Non è molto diverso dallo struscio fra Rimini e Riccione. Certo l’atmosfera è diversissima, meno casareccia, più aspra, più internazionale. Più lussuosa forse, più sfacciata. Ma i comportamenti sono abbastanza simili. Quello che invece ti coglie di sorpresa è la fauna trend di Ibiza, la fauna modaiola completamente “oltre” negli abbigliamenti, soprattutto, e nelle abitudini. Ai tavoli sparsi attorno alle palme di Calle Alfonso XII, poco prima della scalinata addossata alle mura che porta nei localini gay, ecco il variopinto popolo ?di lbiza: tutti giovanissimi, al massimo sui ventitré anni. In gran parte sono spagnoli, di Madrid, di Valencia, ma anche molti baschi. Qualche parigino, pochi gli italiani che non arriverebbero mai a questi eccessi.

Il trionfo è della calza femminile e della giarrettiera. Soprattutto indossata sui polpacci villosi dci ragazzi. Calze dunque alla coscia, soprattutto nere. Guanti anch’essi neri. Stivali aderenti di pelle borchiata molto sadomaso sdrammatizzati da una giarrettiera in strass. Grande sfoggio di parrucche ma soprattutto gli algidi e stopposi capelli alla Jean Paul Gaultier. Chi non osa la calza, che comporta una culotte o un body e quindi ?un fisico scultoreo, si rifà con i pantaloncini elasticizzati tipo quelli usati dai ciclisti e ?da alcuni atleti della velocità. Sempre neri, sempre aderentissimi, al massimo qualche fascia longitudinale color porpora. ?E sopra anche una giacchetta.