"I social network ci forniscono informazioni filtrate in base ai nostri interessi e amici. Ma non confrontarsi con idee diverse può essere molto pericoloso". Parla David Weinberger, guru del Web e uno degli autori del Cluetrain Manifesto

La chiamano "stanza dell'eco". Una metafora per definire quel contesto rassicurante nel quale si tende a cercare rifugio perché tutti sono d'accordo con noi. Un luogo di aggregazione dove ci si rintana per cercare conferme e rafforzare le proprie convinzioni. E non imparare nulla.

I critici di Internet sostengono che la rete favorisca e potenzi questa attitudine, la assecondi fin troppo efficacemente. Gli entusiasti come David Weinberger, filosofo e scrittore statunitense co-autore del Cluetrain Manifesto, non sono dello stesso parere, perché ritengono che la rete agevoli come mai prima d'ora la circolazione del sapere. Viviamo infatti in un'epoca in cui «la conoscenza stessa è diventata un network», un infinito numero di contenuti arricchiti da mille link e rimandi. Un mondo in cui «è sbagliato al cento per cento intendere Internet semplicemente come un mezzo di distribuzione delle informazioni, perché essa funziona con e grazie alle persone, a coloro che raccolgono, organizzano e passano la conoscenza, ed è per questo che sta trionfando». La rete vince, precisa Weinberger, «perché è "infetta" di umanità».

Le persone cercano e frequentano chi è d'accordo con loro. Anche e soprattutto online. Sbagliano?
«Per apprendere è necessario entrare a far parte di un network dove si svolge una discussione vibrante e, possibilmente, dove ci sia frequente disaccordo. Intendiamoci, nessuno ci vieta di frequentare persone con la stessa fede calcistica o politica, e tantomeno di partecipare a consessi online solo per celebrare questo calciatore o quel politico. Ma non può essere tutto qui: frequentare online solo posti come questi rischia di renderci più stupidi e ci fa perdere occasioni preziose. L'importante è trovare il giusto compromesso».

Però i social network studiano l'utente per poi "compiacerlo" suggerendo notizie, cose e persone compatibili con i suoi gusti. E' un problema?
«In parte i suggerimenti sono utili, perché indicano cose che ci interessano davvero. In parte sono un pericolo, perché l'azione di filtro esclude opportunità importanti. Con le news il problema appare ancora più evidente, perché chi gestisce queste piattaforme ha un preciso interesse di natura economica a che gli utenti si imbattano in informazioni interessanti e che non li disturbino o sconvolgano (e quindi distraggano) troppo».

E questo è un male?
«Sì, perché è più che mai importante che le persone entrino in contatto anche con ciò che le disturba e ne mette in discussione le convinzioni. E noi cittadini della rete dobbiamo insistere affinché coloro che gestiscono i social network non ostacolino questo processo. E' sbagliato ed è anzi un pericolo lasciare placidamente che siano entità mosse da precisi interessi commerciali a filtrare le notizie per noi».

Di "filtri" però c'è bisogno
«Abbiamo bisogno di più curatori delle informazioni, e di curatori esperti. Tipicamente, i "curatori" sono oggi intesi come coloro i quali stilano le canoniche liste delle "dieci cose che tutti dobbiamo conoscere". Abbiamo bisogno di una miriade di liste dove trovare le otto cose che tutti dovrebbero sapere, ma anche e soprattutto le due che ci faranno cambiare idea ed amplieranno il nostro mondo.

Qualche esempio?
«Ci sono molti siti online si sono mostrati all'altezza di questo tipo di "curation", che selezionano informazioni che altrimenti non saremmo in grado di trovare da soli. Boing Boing, Slashdot e Reddit sono tra questi. E nessuno di essi è fatto, se non in minima parte, da giornalisti.

Molto osservatori parlano di "ruolo fondamentale di Internet" come strumento di organizzazione nelle recenti rivoluzioni del Nord Africa. Hanno ragione?
«Sono un entusiasta di Internet e credo che la rete sia un potente strumento di organizzazione, ma anche che sia molto più di questo. La libera circolazione della conoscenza genera consapevolezza anche rispetto ai propri diritti democratici, e crea le basi perché questi siano rivendicati anche con la forza laddove sono sistematicamente negati. Ci vuole ancora un po' di tempo perché noi si possa vederne ed apprezzarne appieno l'effetto sulle campagne elettorali e sulla politica. Finalmente vediamo Governi che iniziano ad abbracciare la rete, ma è solo l'inizio. Internet offre l'opportunità per agire un tipo di democrazia che non abbiamo mai visto sino ad ora: una democrazia che non sarà più solo rappresentativa, ma che si baserà sulla "reputazione" costruita attraverso la relazione diretta tra politici ed elettori».

Già, i politici… secondo lei sono pronti a tanto?
«Solo pochissimi di loro comprendono veramente la portata del cambiamento in corso. Allo stato attuale, i politici hanno in generale, un'idea vaga e preoccupata di questo network di comunicazione che loro vorrebbero essere in grado di controllare. E che invece non possono».

Un quadro sconfortante. Ci dica almeno qual è la prossima "big thing" che possiamo aspettarci
«Non ne ho la più pallida idea, ma non vedo l'ora di scoprirlo».