La caduta delle certezze. I nazionalismi. ?E le tragedie sociali. Un volume de “l’Espresso” racconta gli scenari della Grande Guerra. Guardando al presente

Proviamo ad elencare, in ordine sparso, alcuni fatti accaduti in queste settimane nel mondo. In Iraq è stato proclamato il nuovo califfato, il cui scopo è riunire sotto lo stesso potere tutta la “umma” (la comunità) musulmana. In Terra Santa ragazzi palestinesi ed ebrei vengono uccisi in una spirale di violenza. In Russia molti sono convinti che un’aggressione delle potenze occidentali sia imminente. Nel Canale di Sicilia 45 profughi sono morti asfissiati nella stiva di una barca. In Francia guadagna consensi un movimento nazionalista che ha come obiettivo la fine del processo di unificazione europea. A Strasburgo, i deputati eletti in una lista italiana cui hanno dato i loro voti molti elettori di sinistra condividono i banchi con colleghi dell’estrema destra britannica. E nello stesso parlamento un deputato tedesco ha ribadito che deve essere Berlino e solo Berlino, a stabilire ciò che è bello e buono nel nostro Continente.

A cent’anni dall’inizio della prima guerra mondiale, una catastrofe che pose fine a un mondo che poggiava su alcune certezze (la solidità degli imperi, la fiducia nel progresso scientifico...), abbiamo di nuovo l’impressione di essere in balia di eventi che non siamo in grado di gestire. E di non avere più un quadro di valori di riferimento.

Iniziative
In edicola e libreria
10/7/2014
Al tema dei numerosi parallelismi fattibili tra il 1914 e il 2014 è dedicato il libro “La Grande Guerra. Raccontarla cent’anni dopo per capire l’Europa di oggi”, in edicola con “l’Espresso” dall’11 luglio (384 pagine, 12,90 euro).

Scrive Gad Lerner nel capitolo dedicato alle vicende mediorientali: «Potessero tornare al 1914 forse i governi di Londra e Parigi non si lascerebbero trascinare dallo zar russo a dichiarare guerra all’impero ottomano. Semmai farebbero ogni sforzo per sostenere la traballante impalcatura della Sublime Porta e del suo sultano». Insomma, ed è questo lo spirito che percorre il volume, la Storia non sempre ha avuto ragione, i vinti qualche volta non erano dalla parte del torto. E allora occorre esaminare le ragioni di ciò che è accaduto per cercare di capire ciò che ci succede oggi.

[[ge:rep-locali:espresso:285126371]]A partire dalle vicende di casa nostra, dai nuovi nazionalismi e populismi, risultato dell’onda lunga innescata dalla disfatta degli imperi. Il simbolo dei nazionalismi è stato cent’anni fa Gavrilo Princip, l’uomo che a Sarajevo ammazzò l’erede al trono austriaco Francesco Ferdinando accendendo le polveri dell’intera Europa.

Con le dovute differenze, oggi abbiamo a che fare con Marine Le Pen, che della xenofobia e dell’ostilità all’Europa è diventata la più nota portavoce. Non è solo questione di giochi politici: il populismo trae la sua forza dalla crisi della cultura e del linguaggio illuminista, dall’ascesa di discorsi irrazionali, dalla diffusione di teorie cospiratorie della Storia, a loro volta dovute alla poca trasparenza dei poteri che ci governano.

Ne parla Massimo Cacciari, secondo cui un secolo fa la vitalità di questi fenomeni e la loro potenza distruttiva poggiavano su un insieme di valori forti e di miti totalizzanti. Oggi, invece abbiamo a che fare con una moltitudine di linguaggi dispersivi, con miti “miserabili”. La decadenza dell’Europa, come un malinconico tramonto. E la tragedia del canale di Sicilia non come un crimine pianificato e organizzato in nome di una Weltanschauung, ma come un fenomeno cui nessuno sa far fronte, e quindi meglio “distrarsi”, non pensarci.

Cent’anni fa, la Germania del Kaiser faceva paura. Oggi, Angela Merkel è accusata di mire egemoniche. E del resto, un politico del partito della cancelliera, Manfred Weber ha lanciato un avvertimento: le regole in Europa le facciamo in Germania, Paese di bravi e grandi risparmiatori, quasi una farsesca versione dell’idea di Max Weber per cui l’impero guglielmino sarebbe stato l’incarnazione delle virtù borghesi.

Sulla stessa linea si sono pronunciati giovedì 3 luglio sia il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, sia il ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble. Il politologo francese Marc Lazar e lo storico tedesco Michael Stürmer ci spiegano anche quanto sia in discussione oggi l’asse Berlino-Parigi, indispensabile per la sopravvivenza dell’Ue.

Un capitolo è dedicato all’Italia. Alla sua politica estera, caratterizzata da frequenti salti di barricata (come nella battaglia tra interventisti e neutralisti che raccontiamo dalla vigilia della Grande Guerra ai giorni nostri) e da un peso sempre minore sullo scacchiere internazionale, denunciato in un’intervista da Emanuele Macaluso. E all’economia creativa, in grado di dar vita a grandi industrie (Fiat, Ansaldo, Edison, Olivetti), sulla quale interviene lo storico dell’economia Giuseppe Berta.

La Grande Guerra segna l’ingresso delle donne nella gestione della società, nei luoghi di lavoro (e in parte del potere), reso possibile e necessario dal fatto che gli uomini erano impegnati sui fronti, nelle trincee. L’emancipazione femminile, diventata poi un movimento di liberazione, è forse la più grande rivoluzione del secolo scorso.

Ma chi governa il mondo? Il Trattato di Versailles segnò l’ascesa dell’impero americano a scapito della Gran Bretagna. Oggi assistiamo invece al declino degli Stati Uniti come dominus del pianeta. Emergono nuove potenze, a partire dalla Cina; e in Russia, come racconta Adam Michnik, esiste una stupefacente continuità tra lo zar Nicola II e Vladimir Putin.

In un mondo in crisi sembra di vivere sull’orlo dell’abisso. Nelle nostre vite ci sono più incertezze che certezze. Il paradigma per cui i figli vivevano meglio dei loro padri, non vale più. E valori come democrazia, giustizia sociale, diritti umani sono di nuovo in discussione. Su questi temi si esprimono lo storico Christopher Clark e il romanziere Pierre Lemaitre, autori di bestseller sull’argomento.

La parte finale del volume è dedicata alle lettere dal fronte dei soldati italiani, con decine di testimonianze sugli orrori delle trincee. Argomento già trattato nell’introduzione dallo storico Giovanni De Luna, il quale spiega quanto la stessa guerra di trincea riduca gli uomini a una condizione animalesca. Come accade oggi a coloro che combattono le tante guerre civili locali e ai profughi ammassati sulle barche alle porte di casa nostra.