Facebook, il grande spione sta tracciando tutti
"Anche i non iscritti: viola le leggi europee"
Lo studio commissionato dall'autorità europea per la privacy parla chiaro: il social network profila anche gli utenti non iscritti alla sua piattaforma e che finiscono su una pagina pubblica o su uno dei milioni di siti che ospitano il tasto "mi piace". La replica: "Studio impreciso"
Adesso è tutto chiaro: Facebook è un sistema di spionaggio degli internauti a ciclo continuo. Praticamente è impossibile sfuggire al tracciamento dei dati operati dal social network per costruire ed aggiornare costantemente il suo enorme database di dati comportamentali degli utenti.
Lo studio, commissionato dalla Commission for the Protection of Privacy (autorità per la protezione dei dati personali in Belgio) ad un pool di centri di ricerca universitari belgi, è alla seconda versione pubblica (un primo rilascio era avvenuto a febbraio) e descrive dettagliatamente tutto il sistema di tracciamento e profilazione degli utenti operato dal Social Network.
Che Facebook profilasse costantemente i suoi utenti era già noto; meno conosciuta la circostanza che Facebook continuasse a tracciare gli utenti fuori dal perimetro della sua piattaforma pure fino a due anni. Anche se non si è iscritti al social ma, per esempio, si è visitata la pagina di un artista che non richiede la registrazione per essere accessibile, immediatamente nel computer dell'utente viene inoculato un pezzo di codice detto “cookie”.
Ma il problema grosso sono i circa 13 milioni di siti con i tasti “mi piace” e “condividi” di Facebook che interagiscono attivamente con il browser dell’utente, inviando i cookies traccianti anche se i bottoni non vengono neanche sfiorati. Basta visitare la pagina che li contiene.
La legislazione europea sulla Privacy è molto chiara nell’affermare che è indispensabile prima informare l’utente sui sistemi di monitoraggio utilizzati e poi ottenerne il consenso prima di eseguire il tracciamento.
Inoltre all’utente deve essere consentito di poter utilizzare il servizio anche nell’ipotesi che egli non presti il consenso per il tracciamento. In quel caso, Facebook, all’interno delle sue norme per la privacy , richiede all’utente di iscriversi esplicitamente al sito dell’European Digital Advertising Alliance (Edaa) se cittadino europeo, o ai siti equivalenti di Usa e Canada, se cittadino di quei paesi.
L’Edaa è un database creato dall’European Industry Coalition, formata dalle principali aziende di marketing e pubblicità europee per gestire in maniera trasparente il tracciamento dei dati comportamentali degli utenti. Ad essa e alle sue equivalenti americane e canadesi partecipano attivamente tutti i giganti del web, da Microsoft a Facebook stessa. Registrandosi al database Edaa è possibile optare di non essere tracciato da tutte le aziende che vi aderiscono.
Nonostante questo, lo studio dimostra come sul computer dell’utente che si è registrato all’Edaa, viene inserito un nuovo cookie, in grado di tracciare i movimenti degli utenti anche fino a due anni. Questo non avviene invece in Canada ed USA.
Il Guardian, popolare testata britannica, è stato uno dei primi a pubblicare la notizia del report, alla sua uscita e Wolfgang Blau, direttore per le strategie digitali del giornale, ha condiviso l’articolo relativo al report su Facebook.
A commentare il post di Blau è intervenuta Tina Kulow, responsabile per la comunicazione di Facebook per il Nord Europa, che ha affermato che nel report vi sono numerose imprecisioni e che le pratiche di rilevazione del social network sono state sottoposte approfonditamente alle verifiche dell’Autorità Garante per la Protezione dei dati Irlandese.
Ma alla domande di Blau su quali fossero le imprecisioni del report, Tina Kulow ha risposto una prima volta in maniera vaga e, ad una ulteriore richiesta di chiarimento da parte di Blau, si è eclissata.