Un secolo e mezzo fa inventò le immagini in movimento. Con un sistema di 24 obiettivi che scattavano uno dopo l’altro. Ora Milano celebra questo geniale artista inglese

È stato un cavallo a cambiare per sempre la storia della comunicazione visiva. Dietro, ovviamente, c’è molto di più. E precisamente la vicenda umana di Eadweard Muybridge, alias Edward James Muggeridge, alias Helios (1830-1904): il geniale fotografo inglese il cui lavoro è alla base degli studi sull’anatomia del movimento, ma anche del cinema e dei video.

L’occasione per conoscere le sue foto, finora più citate che viste, arriva con la mostra “Muybridge Recall,” a Milano dal 19 maggio al 1 ottobre (Galleria Gruppo Credito Valtellinese corso Magenta 9).

Tra gli scatti esposti, oltre cinquanta, ci sono quelli del cavallo che l’ha reso famoso. Grazie a un progetto rivoluzionario nato nel 1878 dall’interrogativo di un appassionato, l’ex governatore della California Leland Stanford, che voleva capire se un cavallo lanciato al galoppo sollevasse contemporaneamente le quattro zampe. «Una curiosità su cui pittori e studiosi di anatomia si erano arrovellati già prima dell’invenzione della fotografia», ricorda il critico Italo Zannier nel catalogo della mostra.
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Per risolvere l’interrogativo, Muybridge, già famoso con lo pseudonimo di Helios per le sue foto del Yosemite Park, escogita un meccanismo ingegnoso: ventiquattro fotocamere collegate agli otturatori con cavi che si spezzano al passaggio dell’animale, per ottenere immagini in sequenza. «Si vede così che le zampe del cavallo sono sì sollevate, ma non nel momento di massima estensione, come si pensava e come mostravano celebri quadri dell’epoca», spiega Cristina Quadrio Curzio, curatrice della mostra insieme a Leo Guerra.

Una sfida che cambia la storia di Muybridge, partito per l’America come libraio e poi diventato fotografo di paesaggi. Dopo l’incontro con Stanford, il suo lavoro si concentra sullo studio del movimento dei corpi, di uomini e animali: Muybridge collabora con l’Università di Philadelphia, utilizzando come modelli giovani atleti e animali dello zoo ma anche i pazienti psichiatrici di un vicino nosocomio. Le sue foto sono materiale di studio per medici e veterinari, arrivano sulla rivista “Nature” e oggi sono depositate presso gli archivi dell’Ateneo americano e della Wellcome Library.

Ma queste immagini in sequenza che ritraggono umani nudi e animali in movimento cambiano anche il modo in cui l’arte guarda la realtà: devono qualcosa a Muybridge le ballerine e i cavalli di Degas, i corpi di Rodin, i ritratti di Francis Bacon. «Senza dimenticare il contributo dato alla nascente cinematografia grazie allo zoopraxiscopio, uno strumento che permette di proiettare immagini fotografiche», spiega Quadrio Curzio.

Oltre alle foto scattate da Muybridge c’è da scoprire la sua storia: sperimentatore che lavora per l’università, genio del marketing ante litteram e marito geloso che uccide a revolverate l’amante della moglie. Nella vita del fotografo inglese sono molti i punti oscuri.

Non sappiamo dove abbia imparato a fotografare e si sa poco anche dell’incidente che gli provocò una grave lesione cerebrale, responsabile forse delle sue bizzarrie ma anche della sua creatività. A cui la mostra rende omaggio con una performance organizzata con gli studenti del Dipartimento di arti visive della Nuova Accademia di belle arti di Milano: «Il 18 maggio, giorno dell’inaugurazione, ricostruiremo il set su cui lavorava Muybridge», spiega Quadrio Curzio.

Su una parete disegnata in modo da riprodurre un foglio di carta millimetrata otto fotocamere digitali fisseranno il movimento dei modelli producendo una sequenza continua simile a quelle ottenute da Muybridge. «Un modo per coniugare la sua tecnica innovativa», conclude Quadrio Curzio, «con l’attuale cultura delle immagini».