Una favola dark e un pensiero a Harry Potter. Scheletri pieni di vita e piccoli geni emarginati. In “Miss Peregrine” il regista ritrova i temi che lo hanno reso famoso e che potrebbero fargli tornare il senso perduto della visione. “L’Espresso” lo racconta in anteprima

Riuscirà la decisa e pugnace componente fantasy di “Miss Peregrine”, best seller per ragazzi di Ransom Riggs, a risvegliare il regista Tim Burton dal torpore creativo che lo attanaglia da tempo? A 58 anni appena compiuti, il folletto scapigliato di Burbank che ai tempi di “ B eetlejuice - Spiritello porcello” (1988) o di “ E dward mani di forbice” (1990) ha incarnato l’avanguardia dell’imm aginario cinematografico tanto da meritare a neanche 50 anni il Leone d’Oro alla Carriera alla Mostra del cinema di Venezia, sembra aver smarrito polso e senso della visione. Forse perché è rimasto ancorato a un’estetica grottesco-surrealista centrata su freak ed emarginati che appare anacronistica in un’epoca in cui i “geek” che dominavano gli anni Ottanta hanno preso il potere in ogni segmento dell’industria culturale.

Ma la saga di “Miss Peregrine” sembra fatta apposta per lui. Che dopo un biopic svogliato come “Big Eyes” torna su territori a lui più congeniali dando vita cinematografica a una saga molto amata all’estero: in Italia Rizzoli ha tradotto di recente i primi due volumi della serie. Il segreto del successo di Riggs è di aver unito a una classica favola dark, a tratti francamente horror, da una parte superpoteri e supereroi, dall’altra il fantasy alla Harry Potter. È nata così “Miss Peregrine - La casa dei ragazzi Speciali”, quasi una versione acida di “Mary Poppins” incrociato con il mito degli X-Men e una spolverata di Peter Pan. A firmare l’adattamento cinematografico del romanzo è Jane Goldman, eccellente sceneggiatrice inglese, partner creativa del regista Matthew Vaughn (ha co-firmato tutti i copioni dei suoi film) e moglie del controverso presentatore televisivo Jonathan Ross. Originariamente previsto per marzo e poi spostato a Natale, il film è ora atteso nelle sale americane il 30 settembre e arriverà in quelle italiane il 15 dicembre.
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A introdurre lo spettatore nel nuovo film di Burton è l’Hugo Cabret di Martin Scorsese: Asa Butterfield, ex protagonista di quel grande omaggio al cinema e mancato Spiderman per colpa di una eccessiva esuberanza sui social, è Jake, un ragazzo qualsiasi, che vive nella periferia di una città della Florida la vita senza scosse di chi pensa di avere proprio nulla di speciale. Il suo tranquillo mondo va in frantumi quando l’amatissimo nonno Abe (il veterano Terence Stamp) muore tra le sue braccia, dopo che l’aggressore gli ha strappato gli occhi. Con le ultime parole il nonno gli ordina: «Vai sull’isola. Prendi la chiave piccola, quella con il nastro rosso». Ma quale isola?

Ebreo polacco sfuggito alla persecuzione nazista, Abe era come un padre per Jake, visto che il suo vero padre, Frank, era spesso fuori. Per intrattenere il nipote, il nonno gli raccontava storie di un bizzarro orfanotrofio per giovani dotati di poteri speciali gestito da una certa Miss Peregrine su un’isoletta nei pressi del Galles. È quella l’isola di cui gli ha parlato il nonno nelle sue ultime parole. E quando una psichiatra lo consiglia per elaborare il lutto, Frank e Jake partono davvero alla ricerca dei luoghi evocati da Abe nei suoi racconti. Qui scoprono che l’orfanotrofio è esistito davvero: solo che è ora un cumulo di macerie, frutto di un raid aereo tedesco durante la seconda guerra mondiale.

Tutto potrebbe finire qui. Ma Jake vaga da solo per l’isola, decide di imboccare l’entrata di una grotta e si trova davanti a una seconda versione della scuola frequentata dal nonno, che si erge in tutto il suo splendore, come era prima del bombardamento. Tra gli scolari che la frequentano, il ragazzo subito riconosce due protagonisti dei racconti del nonno: Millard, il ragazzo invisibile, ed Emma, la fanciulla che vola grazie alla sua capacità di manipolare l’aria. La interpreta Ella Purnell, che in “Non lasciarmi” era Keira Knightley bambina. Jake è infine presentato a Alma Peregrine (una strepitosa Eva Green, qui alla seconda collaborazione con Burton dopo “Dark Shadows”). La fascinosa e autoritaria governante della scuola ha due capacità straordinarie: non solo si trasforma in falco quando deve sfuggire a un pericolo, ma è capace di congelare il tempo. Ecco perché il palazzo è ancora in piedi, ed Emma e Millard non sono invecchiati rispetto a quando li aveva conosciuti nonno Abe: nella caverna è sempre il 3 settembre 1943. Ogni sera Miss Peregrine resetta il loop temporale a prima che le bombe sganciate dagli aerei teutonici distruggano l’edificio.

La missione di Miss Peregrine è di proteggere i suoi “Ragazzi Speciali” dall’esercito del Male capitanato da Mister Lamont, un cattivo capace delle metamorfosi più sorprendenti, che progetta di dominare il mondo assoggettando tutte le specie inferiori. Per riuscirci, però, Lamont ha bisogno di un talismano che dà il potere definitivo, quello di rianimare i morti. Quell’amuleto fu rubato da Abe e solo Jake può riuscire ritrovarlo. Anche Jake infatti è un Ragazzo Speciale: come suo nonno, è in grado di vedere i mostri invisibili che formano l’esercito di Lamont. Grazie all’aiuto di Emma, Jake in effetti trova l’amuleto, nascosto sul relitto di un transatlantico affondato nel 1915. E qui le cose si complicano. Perché se Lamont è capace di prendere qualsiasi sembianza, il nemico può nascondersi ovunque: anche tra le persone di fiducia della bella Miss Peregrine o dell’algida Miss Avocet (Dame Judi Dench, come sempre perfetta).

Quando scoppia la battaglia finale contro Lamont, sarà Jake a prendere il comando, alla guida di un esercito di scheletri armati di utensili da cucina: un’invenzione che sembra fatta apposta per convincere Burton a girare questo film. E mentre Jake ed Emma finalmente si scambiano il primo bacio, il nemico sconfitto ma non distrutto fugge con il talismano verso un sequel che Riggs ha già scritto, e che forse Burton girerà.