L'ultimo film di Gianni Amelio, ora in sala, è uno dei suoi più intimi. Nella narrazione spicca la grande forza delle donne, inquadrate con lo stesso amore che i registi di una volta mettevano per le loro dive

Come lo stesso Amelio ha dichiarato, “La tenerezza” nasce come film su commissione, adattamento del romanzo “La tentazione di essere felici” di Lorenzo Marone. Ma ne è risultato uno dei suoi film più intimi.

Renato Carpentieri è un avvocato napoletano in pensione che, dopo un infarto, torna nella casa dove vive, solo. Sono appena arrivati dei nuovi vicini: una donna sradicata e inquieta ma piena di calore (Ramazzotti), il marito ingegnere (Germano), i loro due figli. L’avvocato stringe con loro una sorta di legame famigliare, quasi a sostituire il pessimo rapporto che ha con i propri due figli adulti; ma a metà film qualcosa di orribile fa vacillare tutto.

Attraverso eventi minuti, il film fila con una sorta di tensione, di emotività diffusa e trattenuta, tenendo fuori campo Napoli (fotografata da Luca Bigazzi) e giocando su interni tutti in penombra. «Io sono un vampiro», dice a un certo punto Carpentieri, ed è vero. In questo film costruito spesso da scene a due, quasi teatrali, il lavoro sottile del regista è sui controcampi: la macchina da presa, in ritardo o in anticipo rispetto a chi parla o ascolta, crea un’inquietudine, quasi metafora del disadattamento dei personaggi. Man mano però, si fa strada il bisogno di tirare le fila delle storie personali, e il difficile equilibrio del film tra realismo minuto, dettaglio catturato dalla macchina da presa da un lato, e dall’altro la depurazione del reale per giungere all’essenziale, si sbilancia.
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I personaggi cominciano a spiegare troppo: i traumi del passato, il bisogno e la difficoltà di amare ed essere amati. La forza di Amelio invece è spesso stata di dire una cosa intendendone un’altra, di nascondere un film segreto dentro uno palese. Tra un evento scatenante che ricorda “La dolce vita” e un finale che è inevitabilmente “L’avventura” (ma anche “Il ladro di bambini”), Amelio fa decantare ancora la propria cinefilia, ma per la prima volta ci mette davanti a personaggi femminili forti: la popolana Maria Nazionale, la borghese Giovanna Mezzogiorno, e Micaela Ramazzotti, che inquadra con l’amore che i registi di una volta mettevano per le loro dive.