Il 'che' in italiano ha due usi principali: congiunzione e pronome relativo. Ecco come distinguerne l'uso, per non attorcigliare i nostri testi in frasi incomprensibili. Segnalateci nei commenti gli svarioni che più vi infastidiscono o sui social con l'hashtag #italianoEspresso
In italiano gli usi principali del
che sono due:
congiunzione e
pronome relativo.
Quando è congiunzione, il che unisce due frasi:
Penso che tu sia stanco di tutto questo; Ritieni che sia possibile? Credo che domani pioverà.Quando è pronome relativo unisce sempre due frasi, ma il che è agganciato ad un nome che si trova nella prima frase e svolge la funzione di soggetto o complemento oggetto nella seconda:
tu [che sei alto] mi prendi quel libro dallo scaffale?Riconoscere i due tipi di che è importante. Aiuta molto ad evitare di fare errori nel dividere le frasi e anche nel comprenderle.
Come si riconosce un pronome relativo? Il pronome relativo che si individua perché può sempre essere sostituito con
il quale/la quale/i quali/ le quali. Quindi, quando abbiamo un dubbio, basta vedere se nella nostra frase il che può essere sostituito da una di quelle parole.
La donna che hai visto è mia sorella ->la donna la quale hai visto è mia sorellaI bambini che giocano nel cortile sono sudati ->i bambini i quali giocano nel cortile sono sudatiSe invece è una congiunzione non può mai essere sostituito con altro. Infatti se scrivo
Penso che tu sia strano non posso formulare la frase dicendo
penso il quale sia strano. Non ha senso.
Distinguere congiunzioni e pronomi relativi è fondamentale quando faccio l’analisi del periodo e quella logica della frase. Il che pronome relativo che può fare da soggetto e da complemento oggetto nella frase in cui è, mentre la congiunzione non può fare mai da soggetto o da complemento oggetto. Inoltre se la frase è introdotta da un pronome relativo, in analisi del periodo sarà una subordinata relativa, mentre se è introdotta dal che congiunzione potrà essere una subordinata di altro genere (soggettiva, oggettiva, dichiarativa…).
Voi direte: ok, si può sopravvivere nella vita anche senza saper distinguere il tipo di subordinate.
Sì, è vero. Ma non sempre è detto che si sopravviva bene.
IL CHE RELATIVOIn italiano il che, pronome relativo, ha una particolarità. Si riferisce quasi sempre al nome che gli sta accanto. Una delle cose che spesso rende incomprensibili le frasi è non tenere conto di questo fatto. Se piazzo il
che vicino al nome sbagliato, il significato dell’intera frase cambia.
Se scrivo per esempio
il libro che è sul tavolo è verde a essere verde è la copertina del libro. Se scrivo le stesse parole ma in ordine diverso, cioè
il libro è sul tavolo che è verde è la superficie del tavolo ad essere colorata di verde.
Quando si scrivono periodi lunghi, è facile commettere errori. Nella nostra testa la frase è chiarissima, ma poi ci impicciamo a scriverla, e il che finisce accanto a qualcosa di diverso da quello che vorremmo.
Il consiglio migliore che si può dare in questo caso è: lasciate perdere i periodi lunghi. Se non siete abituati a scrivere (ma alle volte, anche se lo siete) usate frasi brevi e separate dal punto. Meglio ripetere due volte la stessa parola che scrivere una frase incomprensibile.
Non è detto che “chi sa scrivere” usi periodi lunghi. Grandi scrittori e giornalisti, come Hemingway o il nostro Enzo Biagi erano famosi per le loro frasi brevissime. Spesso anzi scrivere una frase breve denota maggiore bravura nella sintesi di chi sbrodola per pagine e pagine. Quindi se non siete certi che il pronome relativo si riferisca al termine giusto, spezzate la frase o spiegatevi usando una e:
Il libro è sul tavolo ed è un libro verde. Meglio risultare un po’ meno eleganti ma chiari piuttosto che dare al vostro lettore una informazione sbagliata.